Può essere utile, a questo punto, soffermarsi ulteriormente sulla questione affrontata dal Tribunale di Torino nella propria sentenza, atteso il sicuro interesse della stessa.
Viene in rilievo - allorché si controverta in materia di pignorabilità dei beni indispensabili all'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere - il terzo comma dell'art. 515 del codice di procedura civile.
Si tratta di una previsione normativa introdotta per effetto dell'art. 4 della l. n. 52/2006.
Tale legge del 2006 aveva anche abrogato il previgente art. 514, n. 4, c.p.c., il quale inseriva tali beni strumentali fra quelli assolutamente impignorabili.
La pignorabilità di tali beni indispensabili per l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere viene ora consentita nella misura di un quinto e sempre che il valore di realizzo dei restanti beni rinvenuti dall'ufficiale giudiziario (ossia dei beni non indispensabili all'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere) non appaia sufficiente per la soddisfazione del credito.
La impignorabilità relativa, dunque, in tanto sussiste, con riguardo a tali beni, in quanto gli stessi possano ritenersi indispensabili all'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere (dovendo intendersi una tale espressione come riferibile all'attività dell'imprenditore, dell'artigiano e del professionista, con la precisazione che l'impignorabilità non trova applicazione ogni qual volta il debitore risulti costituito in forma societaria e, comunque, in ogni caso nel quale nell'attività del debitore sia riscontrabile prevalenza del capitale investito sul lavoro).
Deve ritenersi che una tale nozione di indispensabilità vada considerata in termini relativi e debba quindi essere di volta in volta valutata da parte del giudice, avendo riguardo alle specifiche modalità organizzative praticate dal debitore, potendosi allora escludere un tale requisito della indispensabilità ogni qual volta vengano in rilievo, ad esempio, beni sovrabbondanti rispetto al normale esercizio della attività del debitore.
Una volta ravvisata la sussistenza di un tale profilo di indispensabilità del bene, troverà applicazione la relativa impignorabilità prevista dal terzo comma dell'art. 515 c.p.c., la quale si manifesta in un duplice senso: da un lato, infatti, i beni in questione potranno essere pignorati solo nella misura in cui il presumibile valore di realizzo degli altri beni mobili del debitore non sia sufficiente per la soddisfazione del credito; dall'altro, tali beni ritenuti indispensabili potranno essere assoggettati a pignoramento solo nella misura di un quinto.
Quanto alla opposizione con la quale il debitore esecutato intenda far valere la relativa impignorabilità del bene strumentale, controversa è la sua natura, affermandosi da parte di diversi autori che, quanto meno allorché si lamenti la sottoposizione a pignoramento di un bene indispensabile all'esercizio dell'attività lavorativa pur in presenza di beni pignorabili, la stessa debba ricondursi nell'ambito dell'art. 617 c.p.c.
Soluzione, questa, che pone l'accento sulla modalità operativa con la quale è stato attuato il pignoramento, anziché, più condivisibilmente, sul profilo della impignorabilità del bene, il quale viceversa imporrebbe di ricondurre l'opposizione nell'ambito dell'art. 615 c.p.c.
Di certo, una tale impignorabilità in tanto potrà essere fatta valere, in quanto sia stata formalmente sollevata dall'esecutato con opposizione (dovendo quindi escludersi una sua rilevabilità d'ufficio).
L'esecutato, nel proporre opposizione, dovrà provare la indispensabilità del bene all'esercizio dell'attività professionale, artigianale o imprenditoriale, nonché che il bene in questione esorbiti dal quinto dei beni strumentali indispensabili (dal momento che anche tali beni, purché nella misura di un quinto, devono ritenersi pignorabili), con la precisazione che non è del tutto chiaro, sulla base della formulazione del menzionato terzo comma dell'art. 515 c.p.c., se un tale riferimento ad un quinto dei beni debba intendersi come avente carattere puramente numerico, oppure abbia riguardo al valore economico complessivo dei beni.
Non molto estesa, per la verità, la casistica giurisprudenziale concernente lo specifico tema del pignoramento di autoveicolo indispensabile all'esercizio dell'impresa, dell'arte o della professione.
Sul punto, si segnala una pronuncia della Cassazione risalente al 2003 (che prendeva dunque in considerazione l'ipotesi normativa, all'epoca vigente, di impignorabilità assoluta dei beni indispensabili all'esercizio della professione), la quale precisava come fosse onere dell'opponente dimostrare di non avere altri mezzi idonei ad esercitare la propria professione, oltre quelli sottoposti a pignoramento (Cass. civ. n. 12212/2003), nonché una più cospicua elaborazione da parte della giurisprudenza tributaria, la quale tuttavia per lo più si soffermava sul differente tema della sottoposizione a fermo amministrativo del veicolo indispensabile all'esercizio dell'attività imprenditoriale, artigianale o professionale (in merito alla natura non esecutiva, ma puramente afflittiva della misura del fermo amministrativo di veicolo si veda, tra le molte, Cass. civ. n. 15349/2020).
Alla luce di quanto precede, appaiono nel complesso condivisibili la conclusioni alle quali perviene il Tribunale di Torino nella sentenza in commento, atteso che veniva in rilievo un autoveicolo che, sulla base delle emergenze istruttorie, risultava l'unica vettura di proprietà del debitore, il quale, svolgendo l'attività di agente di commercio, non avrebbe potuto plausibilmente proseguire in modo efficace la propria attività in assenza di tale mezzo.
A conclusioni non diverse, in ultimo, dovrebbe giungersi nel caso in cui l'agente della riscossione, anziché avvalersi dell'ordinario pignoramento mobiliare, si avvalesse della speciale procedura espropriativa prevista dagli artt. 62 e ss. del d.P.R. n. 602/1973 (tale aspetto non emerge dalla sentenza in commento), atteso che il primo comma del menzionato art. 62 riproduce nella sostanza il contenuto del terzo comma dell'art. 515 c.p.c.