La Corte Costituzionale muove dalla constatazione che la CEDU riconosce l'interesse generale sotteso all'azione di ripetizione dell'indebito e censura, invece, la proporzionalità dell'interferenza, in quanto sede del bilanciamento di interessi fra le esigenze sottese al recupero delle prestazioni indebitamente erogate e la tutela dell'affidamento incolpevole, individuando alcuni elementi costitutivi dell'affidamento legittimo.
Al riguardo la Corte – dopo aver dato atto della presenza nell'ordinamento nazionale di specifiche ipotesi di esclusione della ripetizione per alcune tipologie di prestazioni indebite (gli artt. 52, comma 2, e 55, comma 5, l. n. 88/1989 per prestazioni previdenziali, pensionistiche e assicurative, nonché l'art. 2126 cod. civ. riferita a una prestazione di natura retributiva) – evidenzia anzitutto come, a fronte dell'obbligo restitutorio, l'art. 2033 cod. civ. preveda che, in ipotesi di buona fede soggettiva dell'accipiens, i frutti e gli interessi vadano corrisposti solo a partire dalla domanda di restituzione; ciò allontana una delle possibili ragioni di sproporzione dell'interferenza ravvisate dalla giurisprudenza della Corte EDU.
La pronuncia si incentra poi sulla clausola generale di buona fede oggettiva o correttezza, che può essere utilizzata per valorizzare la specificità degli elementi posti in risalto dalla giurisprudenza eurounitaria a fondamento dell'affidamento legittimo, e sulle tutele che l'ordinamento nazionale appronta, ritenute sufficienti a superare ogni dubbio di possibile contrasto dell'art. 2033 cod. civ. con l'art. 117, primo comma, Cost..
In particolare, la clausola generale di buona fede oggettiva o correttezza, normativamente fondata sull'art. 1175 cod. civ. nell'esecuzione dell'obbligazione restitutoria e sull'art. 1337 cod. civ. nella fase precontrattuale e delle trattative (nel cui ambito la giurisprudenza ha individuato affidamenti meritevoli di tutela), consente di identificare un affidamento legittimo tutelabile sia nell'attuazione del rapporto obbligatorio, sia quale situazione soggettiva potenzialmente meritevole di protezione risarcitoria, attraverso la disciplina dell'illecito precontrattuale.
Secondo la Corte Costituzionale gli elementi che rilevano per l'individuazione di un affidamento legittimo riposto in una prestazione indebita erogata da un soggetto pubblico corrispondono a quelli enucleati dalla CEDU. Tra questi assume anzitutto rilievo, oltre all'apparenza di un titolo posto a fondamento dell'attribuzione, il tipo di relazione fra solvens e accipiens; un soggetto pubblico, infatti, ingenera, nell'accipiens-persona fisica, una fiducia circa la spettanza dell'erogazione effettuata, non solo in ragione della sua competenza professionale, ma anche per il suo perseguire interessi generali.
Inoltre rilevano le circostanze concrete, quali il tipo di prestazioni erogate (retributive o previdenziali), il carattere ordinario dell'attribuzione nonché il suo perdurare nel tempo, sì da ingenerare la ragionevole convinzione sul suo essere dovuta; al contempo, l'affidamento legittimo presuppone la buona fede soggettiva dell'accipiens, evincibile da indici oggettivi quali la spontaneità dell'attribuzione o la richiesta della stessa effettuata in buona fede, la mancanza di un pagamento manifestamente privo di titolo o fondato su un mero errore di calcolo o su un errore materiale, nonché l'omessa previsione di una clausola di riserva di ripetizione.
La Corte evidenzia poi che l'ordinamento nazionale delinea un quadro di tutele dell'affidamento legittimo nella spettanza di un prestazione indebita che, se adeguatamente valorizzato, non determina l'illegittimità costituzionale dell'art. 2033 cod. civ.
Tali tutele si fondano sulla categoria della inesigibilità, radicata nella clausola generale di cui all'art. 1175 cod. civ. che vincola il creditore a esercitare la sua pretesa in maniera da tenere in debita considerazione, in rapporto alle circostanze concrete, la sfera di interessi del debitore.
Tra i rimedi che l'ordinamento appronta a tutela del legittimo affidamento, la Corte richiama:
- il dovere del creditore di rateizzare la somma richiesta in restituzione, tenendo conto delle condizioni economico-patrimoniali in cui versa l'obbligato, che si trova a dover restituire ciò che riteneva di aver legittimamente ricevuto;
- l'inesigibilità temporanea o parziale della prestazione in presenza di particolari condizioni personali del debitore, correlate a diritti inviolabili, che attenua la rigidità dell'obbligazione restitutoria dell'indebito e funge da causa esimente del debitore quando l'esercizio della pretesa creditoria, entrando in conflitto con un interesse di valore preminente, si traduce in un abuso del diritto.
Infine, la Corte rileva come la sproporzione dell'interferenza nell'affidamento legittimo sia esclusa dalla possibilità riconosciuta al soggetto percettore di accedere alla tutela risarcitoria nei confronti dell'ente a cui sia imputabile l'indebita erogazione della prestazione, in presenza dei presupposti per farne valere una responsabilità precontrattuale; in tal modo l'ordinamento nazionale consente di addebitare all'ente pubblico la responsabilità per la commissione dell'errore nell'erogazione della prestazione indebita.