Legittimità costituzionale della ripetibilità di indebiti retributivi e previdenziali

Marcello Bonomo
14 Febbraio 2023

La Corte Costituzionale respinge le questioni di costituzionalità sull'art. 2033 cod. civ., individuando i limiti dell'azione di ripetizione di indebiti retributivi e previdenziali erogati da soggetti pubblici a persone fisiche; a tutela del legittimo affidamento alla definitività dell'attribuzione patrimoniale, in applicazione del principio generale di buona fede oggettiva ex artt. 1175 e 1337 cod. civ, la Corte richiama il dovere di rateizzazione e l'inesigibilità temporanea o parziale della prestazione, nonché il diritto al risarcimento del danno.
Massime

“La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo offre una ricostruzione dell'art. 1 Prot. addiz. CEDU vòlta a stigmatizzare interferenze sproporzionate rispetto all'affidamento legittimo ingenerato dall'erogazione indebita da parte di soggetti pubblici di prestazioni di natura previdenziale, pensionistica e non, nonché retributiva”.

“La consonanza fra gli elementi evidenziati dalla giurisprudenza della Corte EDU e la tipologia di criteri cui può dare rilevanza la buona fede oggettiva a fondamento di un affidamento legittimo, ove riferito al contesto della spettanza di una prestazione indebita, conferma che l'interesse protetto dalla CEDU può trovare riconoscimento, nel nostro ordinamento, dentro la cornice generale della buona fede oggettiva” (ex artt. 1175 e 1337 cod. civ.).

“La clausola della buona fede oggettiva consente, sul presupposto dell'affidamento ingenerato nell'accipiens, di adeguare, innanzitutto, tramite la rateizzazione, il quomodo dell'adempimento della prestazione restitutoria, tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali dell'obbligato. Inoltre, in presenza di particolari condizioni personali dell'accipiens e dell'eventuale coinvolgimento di diritti inviolabili, la buona fede oggettiva può condurre, a seconda della gravità delle ipotesi, a ravvisare una inesigibilità temporanea o finanche parziale”.

Il caso

La Corte di Cassazione ed il Tribunale di Lecce (con due distinte ordinanze) hanno sollevato, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. (quest'ultimo in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo), questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2033 cod. civ., nella parte in cui – consentendo la ripetibilità di un indebito retributivo o previdenziale (non pensionistico) erogato da un ente pubblico e di legittimo affidamento del percipiente circa la spettanza e definitività dell'attribuzione – consente un'ingerenza non proporzionata nel diritto dell'individuo al rispetto dei suoi beni.

Le ordinanze di rimessione muovono da casi in cui era contestato il diritto di soggetti pubblici alla ripetizione dell'indebito a tutela dell'affidamento della persona fisica che aveva ricevuto, in buona fede, determinate prestazioni retributive e previdenziali (non pensionistiche).

La Corte Costituzionale, dopo aver riunito i giudizi e ripercorso la giurisprudenza della CEDU sulla tutela del legittimo affidamento nell'ambito della ripetizione di indebiti erogati da soggetti pubblici, ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2033 cod. civ.

La questione

La Corte Costituzionale ha chiarito i limiti entro cui è consentita la ripetizione di indebiti retributivi e previdenziali erogati da soggetti pubblici in favore di persone fisiche ed evidenziando le tutele che l'ordinamento nazionale appronta a presidio dell'affidamento di queste ultime.

La disposizione codicistica che disciplina l'indebito oggettivo (art. 2033 cod. civ.) è stata ritenuta legittima sia in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. (ai sensi del quale la potestà legislativa va esercitata anche nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario) che in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (secondo cui ogni persona ha diritto al rispetto dei suoi beni e nessuno può essere privato della sua proprietà, se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge).

Le soluzioni giuridiche

La Corte Costituzionale muove dalla constatazione che la CEDU riconosce l'interesse generale sotteso all'azione di ripetizione dell'indebito e censura, invece, la proporzionalità dell'interferenza, in quanto sede del bilanciamento di interessi fra le esigenze sottese al recupero delle prestazioni indebitamente erogate e la tutela dell'affidamento incolpevole, individuando alcuni elementi costitutivi dell'affidamento legittimo.

Al riguardo la Corte – dopo aver dato atto della presenza nell'ordinamento nazionale di specifiche ipotesi di esclusione della ripetizione per alcune tipologie di prestazioni indebite (gli artt. 52, comma 2, e 55, comma 5, l. n. 88/1989 per prestazioni previdenziali, pensionistiche e assicurative, nonché l'art. 2126 cod. civ. riferita a una prestazione di natura retributiva) – evidenzia anzitutto come, a fronte dell'obbligo restitutorio, l'art. 2033 cod. civ. preveda che, in ipotesi di buona fede soggettiva dell'accipiens, i frutti e gli interessi vadano corrisposti solo a partire dalla domanda di restituzione; ciò allontana una delle possibili ragioni di sproporzione dell'interferenza ravvisate dalla giurisprudenza della Corte EDU.

La pronuncia si incentra poi sulla clausola generale di buona fede oggettiva o correttezza, che può essere utilizzata per valorizzare la specificità degli elementi posti in risalto dalla giurisprudenza eurounitaria a fondamento dell'affidamento legittimo, e sulle tutele che l'ordinamento nazionale appronta, ritenute sufficienti a superare ogni dubbio di possibile contrasto dell'art. 2033 cod. civ. con l'art. 117, primo comma, Cost..

In particolare, la clausola generale di buona fede oggettiva o correttezza, normativamente fondata sull'art. 1175 cod. civ. nell'esecuzione dell'obbligazione restitutoria e sull'art. 1337 cod. civ. nella fase precontrattuale e delle trattative (nel cui ambito la giurisprudenza ha individuato affidamenti meritevoli di tutela), consente di identificare un affidamento legittimo tutelabile sia nell'attuazione del rapporto obbligatorio, sia quale situazione soggettiva potenzialmente meritevole di protezione risarcitoria, attraverso la disciplina dell'illecito precontrattuale.

Secondo la Corte Costituzionale gli elementi che rilevano per l'individuazione di un affidamento legittimo riposto in una prestazione indebita erogata da un soggetto pubblico corrispondono a quelli enucleati dalla CEDU. Tra questi assume anzitutto rilievo, oltre all'apparenza di un titolo posto a fondamento dell'attribuzione, il tipo di relazione fra solvens e accipiens; un soggetto pubblico, infatti, ingenera, nell'accipiens-persona fisica, una fiducia circa la spettanza dell'erogazione effettuata, non solo in ragione della sua competenza professionale, ma anche per il suo perseguire interessi generali.

Inoltre rilevano le circostanze concrete, quali il tipo di prestazioni erogate (retributive o previdenziali), il carattere ordinario dell'attribuzione nonché il suo perdurare nel tempo, sì da ingenerare la ragionevole convinzione sul suo essere dovuta; al contempo, l'affidamento legittimo presuppone la buona fede soggettiva dell'accipiens, evincibile da indici oggettivi quali la spontaneità dell'attribuzione o la richiesta della stessa effettuata in buona fede, la mancanza di un pagamento manifestamente privo di titolo o fondato su un mero errore di calcolo o su un errore materiale, nonché l'omessa previsione di una clausola di riserva di ripetizione.

La Corte evidenzia poi che l'ordinamento nazionale delinea un quadro di tutele dell'affidamento legittimo nella spettanza di un prestazione indebita che, se adeguatamente valorizzato, non determina l'illegittimità costituzionale dell'art. 2033 cod. civ.

Tali tutele si fondano sulla categoria della inesigibilità, radicata nella clausola generale di cui all'art. 1175 cod. civ. che vincola il creditore a esercitare la sua pretesa in maniera da tenere in debita considerazione, in rapporto alle circostanze concrete, la sfera di interessi del debitore.

Tra i rimedi che l'ordinamento appronta a tutela del legittimo affidamento, la Corte richiama:

- il dovere del creditore di rateizzare la somma richiesta in restituzione, tenendo conto delle condizioni economico-patrimoniali in cui versa l'obbligato, che si trova a dover restituire ciò che riteneva di aver legittimamente ricevuto;

- l'inesigibilità temporanea o parziale della prestazione in presenza di particolari condizioni personali del debitore, correlate a diritti inviolabili, che attenua la rigidità dell'obbligazione restitutoria dell'indebito e funge da causa esimente del debitore quando l'esercizio della pretesa creditoria, entrando in conflitto con un interesse di valore preminente, si traduce in un abuso del diritto.

Infine, la Corte rileva come la sproporzione dell'interferenza nell'affidamento legittimo sia esclusa dalla possibilità riconosciuta al soggetto percettore di accedere alla tutela risarcitoria nei confronti dell'ente a cui sia imputabile l'indebita erogazione della prestazione, in presenza dei presupposti per farne valere una responsabilità precontrattuale; in tal modo l'ordinamento nazionale consente di addebitare all'ente pubblico la responsabilità per la commissione dell'errore nell'erogazione della prestazione indebita.

Osservazioni

Tenuto conto degli elementi costitutivi del legittimo affidamento e dei rimedi apprestati dall'ordinamento nazionale, la Corte costituzionale ritiene sia adeguatamente bilanciato l'interesse pubblico al recupero di somme indebitamente erogate con la tutela dell'affidamento incolpevole del loro percettore.

La Corte ha basato il proprio orientamento su articolate interpretazioni sul piano teorico-concettuale; sarà ora interessante verificare come la giurisprudenza vi darà seguito in sede applicativa.

In prima battuta è possibile ipotizzare che le pronunce che riscontreranno una violazione del legittimo affidamento riposto dal percettore di una prestazione indebita, richiesta in restituzione da un ente pubblico, porranno dei limiti all'azione di ripetizione, onerando quest'ultimo, a seconda delle circostanze del caso concreto, di un obbligo di rateizzazione o, nei casi di maggior gravità, differendo nel tempo o limitando nel suo ammontare la stessa restituzione dell'indebito.

A tale proposito, sarà necessario enucleare i parametri per individuare come (in concreto) le condizioni economico-patrimoniali ed i diritti inviolabili dell'obbligato assumeranno rilievo ai fini dell'apparato rimediale descritto dalla Corte costituzionale.

D'altra parte, è verosimile un incremento delle azioni risarcitorie dei destinatari di richieste di ripetizione di indebito per far valere la responsabilità precontrattuale in capo ai soggetti pubblici a cui sia ascrivibile la commissione dell'errore nell'erogazione della prestazione. Anche in tal caso dovrà essere la giurisprudenza a fornire maggiori chiarimenti in ordine ai presupposti necessari per l'esperibilità di tali azioni risarcitorie.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.