Abbiamo detto che l'ordinanza in questione richiama un filone giurisprudenziale che può dirsi ormai dominante, tanto a livello di legittimità quanto di merito.
Secondo questo consolidato orientamento, infatti, la violazione del cogente obbligo di sicurezza ex art. 2087 c.c. da parte del datore di lavoro legittima i lavoratori a non eseguire la prestazione, eccependo l'inadempimento altrui (Cass., sez. lav., 15 ottobre 2021, n. 28353; Cass., sez. lav., 25 settembre 2018, n. 22684; Cass., sez. lav., 19 gennaio 2016, n. 836).
A fondamento di ciò si pone l'esigenza di protezione, di rilievo costituzionale, dei beni vitali presidiati dall'art. 2087 c.c., esigenza che richiede meccanismi di tutela delle situazioni soggettive lese –anche solo potenzialmente- in tutte le forme che l'ordinamento conosce.
Ne deriva pertanto, al fine di garantire l'effettività della tutela in ambito civile, l'ammissibilità nell'ordinamento giuridico italiano non solo dei rimedi giurisdizionali volti all'adempimento dell'obbligo di sicurezza o alla cessazione del comportamento lesivo o al risarcimento del danno subito, ma anche del potere di autotutela contrattuale rappresentato dall'eccezione di inadempimento, che si può in concreto sostanziare nel rifiuto della prestazione lavorativa allorché si svolga in un ambiente nocivo, soggetto al controllo dell'imprenditore (cfr. Cass., sez. lav., 15 ottobre 2021, n. 28353, cit.; Cass., sez. lav., 19 gennaio 2016, n. 836, cit.).
Quale corollario di questo importante strumento di autotutela riconosciuto a favore del lavoratore e della lavoratrice attualmente o potenzialmente lesi nel fondamentale diritto alla salute, si pone altresì il diritto alla retribuzione in costanza del rifiuto allo svolgimento della prestazione lavorativa, in quanto “non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore" (Cass., sez. lav., 1° aprile 2015, n. 6631).
Si tratta di un orientamento ormai consolidato anche nella giurisprudenza di merito, che sul piano dei principi riconduce i doveri di protezione ex art. 2087 c.c. alla categoria degli obblighi datoriali “principali” (analogamente al pagamento della retribuzione e al versamento dei contributi previdenziali), la cui violazione configura un inadempimento di tale gravità, da legittimare la condotta reattiva del dipendente che rifiuti la prestazione richiesta (Corte d'Appello di Roma, sez. lav., 18 agosto 2022, n. 3043).
Nella prassi, si è stata pertanto riconosciuta la legittimità:
- del rifiuto a presentarsi a lavoro opposto dal dipendente in assenza di una visita medica di idoneità lavorativa da parte dal datore di lavoro, posto che “l'effettuazione della visita medica si colloca all' interno del fondamentale obbligo imprenditoriale di predisporre e attuare le misure necessarie a tutelare l' incolumità e la salute del prestatore di lavoro, secondo le previsioni della normativa specifica di prevenzione e dell'art. 2087 c.c.; sicché la sua omissione, integrando un inadempimento della parte datoriale di rilevante gravità, risulta tale da determinare una rottura dell'equilibrio sinallagmatico e da conferire, pertanto, al prestatore di lavoro una legittima facoltà di reazione” (Trib. Milano, sez. lav., 4 luglio 2022, n. 1723, est. Lombardi, che ha annullato il relativo licenziamento per assenza ingiustificata);
- del rifiuto allo svolgimento della prestazione lavorativa del dipendente che abbia eccepito l'esistenza di un ambiente di lavoro nocivo, a causa di condizioni igieniche precarie (Corte d'Appello di Torino, sez. lav., 6 aprile 2022, n. 91, degrado dovuto a sporcizia e a mancanza di sanificazione dei locali aziendali, anche in questo caso con l'annullamento del licenziamento irrogato per grave insubordinazione).
In altri casi, i giudici di merito hanno trattato incidentalmente il tema nell'ambito di domande risarcitorie, ribadendo che il dovere di protezione prescritto dall'art. 2087 c.c. è fonte di obblighi positivi (e non solo di mera astensione) del datore di lavoro, “il quale è tenuto a predisporre un ambiente ed una organizzazione di lavoro idonei alla protezione del bene fondamentale della salute, funzionale alla stessa esigibilità della prestazione lavorativa, talché è possibile per il prestatore eccepirne l' inadempimento e rifiutare la prestazione pericolosa” (cfr. Trib. Milano, sez. lav., 30 agosto 2022, n. 1790, est. Capelli; conf. Trib. Bergamo, sez. lav., 7 novembre 2022, n. 480; analogamente, nella giurisprudenza amministrativa, cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 24 marzo 2022, n. 1030; Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2018, n. 6952).