Nel 2017 la società cooperativa Consorzio Operatori Edili (COE) iniziò l'esecuzione forzata, nelle forme dell'espropriazione presso terzi, nei confronti del proprio debitore ARPA FE s. coop. a r.l.
In particolare, la società creditrice pignorò il credito vantato dalla debitrice nei confronti dell'Agenzia Regionale per la Prevenzione, l'Ambiente e l'Energia dell'Emilia-Romagna (ARPAE).
Il giudice dell'esecuzione qualificò come positiva la dichiarazione di quantità compiuta dal terzo pignorato e assegnò il credito alla COE.
L'ARPAE propose opposizione all'ordinanza di assegnazione eccependo l'insussistenza, e comunque l'inesigibilità, del credito oggetto dell'assegnazione, ma l'adito giudice dell'esecuzione del Tribunale di Reggio Emilia dichiarò inammissibile l'opposizione perché tardiva.
Pertanto, la COE, sulla base dell'ordinanza di assegnazione iniziò una nuova esecuzione forzata nei confronti dell'ARPAE, notificandole il precetto.
L'ARPAE propose opposizione ex art. 615 c.p.c., deducendo che: a) la COE aveva ceduto il proprio credito ad una società bulgara prima della notifica del precetto; la cessionaria, a sua volta, l'aveva ceduto ad altra società bulgara b) il credito oggetto di pignoramento scaturiva da un contratto di appalto di opera pubblica nel quale l'appaltatore (vale a dire il debitore esecutato nella procedura esecutiva a monte dell'ordinanza di assegnazione) non aveva prestato le garanzie di legge, il che rendeva inesigibile il suo credito verso l'amministrazione committente.
Il Tribunale di Bologna rigettò l'opposizione sulla base di due rationes decidendi, e cioè: a) la cessione del credito non era provata, perché l'atto di cessione era sottoscritto dal solo cedente; b) le contestazioni sollevate dall'ARPAE circa l'esigibilità del credito oggetto di pignoramento dovevano essere fatte valere con l'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione, e non con l'opposizione all'esecuzione avverso il precetto notificato sulla base di quell'ordinanza.
La sentenza fu appellata dalla parte soccombente. La Corte d'Appello di Bologna accolse il gravame proposto dall'ARPAE e, con esso, l'opposizione all'esecuzione iniziata dalla COE. La Corte d'Appello ritenne che: a) prima della notifica del precetto all'ARPAE, la COE aveva ceduto il credito
di cui all'ordinanza di assegnazione alla società bulgara; b) la cessione era stata ritualmente comunicata alla debitrice ceduta; c) era irrilevante la circostanza che il contratto di cessione del credito non risultasse sottoscritto dal cessionario. Quest'ultimo, infatti, aveva manifestato per facta concludentia la volontà di accettare la cessione notificando di propria iniziativa il suddetto contratto al debitore ceduto; d) era altresì irrilevante la circostanza che il titolo esecutivo non fosse stato consegnato dal cedente al cessionario, in quanto tale consegna non era essenziale per la conclusione del contratto di cessione; e) il credito oggetto di pignoramento (e cioè il corrispettivo dell'appalto dovuto dall'ARPAE al debitore esecutato) era divenuto inesigibile per fatti successivi alla dichiarazione di quantità, perché solo dopo tale dichiarazione l'appaltatore-creditore aveva violato l'obbligo di prestare garanzia fideiussoria, obbligo cui era subordinato il pagamento del corrispettivo. Correttamente, pertanto, l'ARPAE aveva sollevato tale eccezione nel giudizio di opposizione all'esecuzione iniziata sulla base dell'ordinanza di assegnazione.
La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla COE con ricorso fondato su tre motivi (di cui, per quanto di interesse ai fini del presente commento, saranno analizzati il primo e il terzo)
Col primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, n. 3), c.p.c., la violazione degli artt. 1326, 1334 e 2697 c.c. Nella illustrazione del motivo è formulata una tesi giuridica così riassumibile: a) qualsiasi contratto è concluso nel momento in cui il proponente ha notizia dell'accettazione; b) nel caso di specie la Corte d'Appello ha ritenuto che il contratto di cessione
del credito dalla COE (cedente) alla società bulgara (cessionaria) dovesse ritenersi concluso perché quest'ultima, notificando la cessione al debitore ceduto, aveva dimostrato con un comportamento concludente di accettare la proposta contrattuale; c) tale affermazione sarebbe tuttavia erronea in punto di diritto, giacché l'accettazione rivolta a persona diversa dal proponente non vale a provocare la conclusione del contratto. Aggiunge la ricorrente che l'onere di provare l'avvenuta conclusione del contratto di cessione del credito incombeva sull'ARPAE, e tale onere non era stato assolto.
Col terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 553, 615 e 617 c.p.c. Il motivo investe la sentenza d'appello nella parte in cui ha ritenuto che legittimamente la ARPAE potesse far valere, con l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., la questione della inesigibilità del credito vantato dal debitore esecutato nei confronti del terzo pignorato ARPAE. Deduce la ricorrente che, quando l'esecuzione abbia luogo sulla base di un'ordinanza di assegnazione pronunciata all'esito del pignoramento di crediti, il terzo pignorato (che ha assunto la veste di debitore esecutato) può opporre al creditore procedente soltanto i fatti modificativi o estintivi sopravvenuti all'ordinanza di assegnazione.