L'art. 473-bis.46 chiarisce che in presenza di allegazioni di violenza domestica o abusi familiari il giudice deve necessariamente espletare le attività istruttorie indicate negli articoli precedenti prima di emettere i provvedimenti provvisori.
La finalità della previsione è quella di garantire un immediato approfondimento delle allegazioni della vittima al fine di evitare l'emissione di provvedimenti stereotipati di affido condiviso dei minori ad entrambi i genitori con una disciplina standard del diritto di visita del genitore tale da creare le condizioni per una vittimizzazione secondaria o per il verificarsi di nuovi (e magari più gravi) episodi di violenza.
All'esito della istruttoria il giudice può adottare i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore ivi compresi l'intervento dei servizi sociali e del servizio sanitario.
Dunque, verificata la sussistenza quantomeno sotto forma di fumus delle violenze o degli abusi denunciati, il giudice deve disciplinare l'esercizio del diritto di visita o di custodia dei figli senza compromettere la sicurezza e l'incolumità della vittima (di violenze) o dei bambini, onde evitare che il genitore violento possa utilizzare il diritto di visita del figlio come pretesto per incontrare la sua vittima esponendo quest'ultima (e i figli) a pregiudizi.
Dovranno, quindi, essere previste visite protette, ovvero nei casi meno gravi modalità di frequentazione che evitino il passaggio diretto dei minori da un genitore all'altro al fine di escludere contatti diretti tra vittima e autore della violenza (ad esempio prevedendo che i minori vengano prelevati e ricondotti nell'abitazione della vittima della violenza non dal presunto autore della stessa ma da altri soggetti - parenti, operatori dei servizi - ovvero prevedendo che il prelievo dei minori e il loro accompagnamento avvenga presso l'istituto scolastico o altro luogo neutro).
Tra “i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore” che il giudice può emettere, qualora si stata formulata la relativa domanda, vi sono anche “quelli previsti dall'art. 473-bis.70 c.p.c.” ovvero gli ordini di protezione che possono emessi anche quando la convivenza sia già cessata (la durata dell'ordine di protezione non può essere superiore ad un anno, salvo la proroga per il tempo strettamente necessario, in presenza di gravi motivi, su istanza di parte ovvero del Pm, in presenza di minori).
Sul punto va sottolineato che, scartata la proposta che prevedeva di far discendere dalla semplice allegazione conseguenze immediate anche sull'affidamento, il d.lgs. n. 149 del 2002 ha optato per la via del previo accertamento giudiziale del fatto denunciato o allegato, attraverso lo strumento degli ordini di protezione regolati dagli artt. 473-bis.69 e 473-bis.70 c.p.c., ovvero provvedimenti di allontanamento del coniuge dalla propria casa e di divieto di avvicinamento alla vittima e ai luoghi dalla stessa frequentati, trasformando lo strumento da mezzo preventivo ante causam, riassorbito nei provvedimenti provvisori offerti durante la pendenza della causa di merito, in mezzo utilizzabile in via incidentale anche durante la pendenza del processo a cognizione piena, una volta instaurato.
L'ultimo comma dell'art. 473-bis.46 dispone che nel caso di collocazione della vittima di violenza presso struttura protetta il giudice, quando opportuno, conferisca incarico ai servizi sociali e/o sanitari anche al fine di adottare adeguati progetti per il reinserimento sociale e lavorativo della vittima.