Nel caso di specie, il ricorrente, protagonista della vicenda in esame, ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento all'art. 10, comma 3, legge n. 3/2012 e alla ivi prevista categoria degli “atti in frode” alla procedura di sovraindebitamento, contestando che la donazione alle figlie della nuda proprietà possa essere qualificata come atto in frode ai sensi della legge n. 3/2012, tenuto conto che di essa sono stati spontaneamente informati i creditori al momento della presentazione del ricorso per la composizione della crisi da sovraindebitamento.
La doglianza è, però, infondata.
Per dirimere tale controversia, il Collegio afferma che «al fine dell'accertamento del requisito di ammissibilità che al creditore ipotecario sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile (…) in caso di liquidazione, di cui all'art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge n. 3 del 2012, il confronto tra quanto offerto al creditore ipotecario con la proposta d'accordo e quanto da lui realizzabile (...) in caso di liquidazione deve essere svolto tenendo conto anche del valore dei diritti che, seppure alienati dal debitore, potrebbero ancora essere aggrediti dal creditore ipotecario per soddisfare il suo credito, il quale perderebbe invece tale potere in caso di omologazione dell'accordo».
Fonte: www.dirittoegiustizia.it