Nulla la sentenza di appello se non si è svolta la richiesta discussione orale
20 Febbraio 2023
Massima
Nel giudizio di appello la mancata fissazione dell'udienza di discussione orale, pur ritualmente richiesta da una delle parti ai sensi dell'art. 352, comma 2, c.p.c. (vigente ante riforma ex d.lgs. n. 149/2022) , comporta di per sé la nullità della sentenza, in quanto l'impossibilità per il difensore di svolgere le proprie difese finali, all'esito dell'esame delle memorie di replica, anche in forma orale, costituisce ex se una violazione del principio del contraddittorio, senza necessità che siano precisati gli argomenti che sarebbero stati svolti nelle difese orali. Il caso
Il Tribunale di Roma, con sentenza confermata dalla Corte di appello, dichiara nullo l'ordine di acquisto, intermediato da una Banca, di obbligazioni dello Stato argentino, quale conseguenza della nullità del contratto quadro di negoziazione di strumenti finanziari e, quindi, condanna la Banca a corrispondere alle due investitrici il controvalore pari alla somma di € 76.972,38. La questione
Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, in data 5.10.2017, la Banca propone ricorso per cassazione deducendo, con il primo motivo, la violazione dell'art. 352, c.p.c., oltre che dell'art. 111, commi 1 e 6, Cost., per l'omessa fissazione dell'udienza di discussione orale che è stata pur richiesta a verbale dell'udienza di precisazione delle conclusioni e, successivamente, nella memoria di replica. La Corte di cassazione accoglie tale motivo, annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma. Le soluzioni giuridiche
Nell'ordinanza in esame si richiama la precedente giurisprudenza formatasi sull'art. 352, comma 2, c.p.c., consolidata nell'assunto che nel giudizio di appello l'omessa fissazione dell'udienza di discussione orale, pur ritualmente richiesta, non comporti necessariamente la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa, in difetto di allegazione del pregiudizio specifico subìto dalla parte, non essendo tutelato l'interesse alla astratta regolarità dell'attività giudiziaria; considerato, quindi, che la discussione orale ha una funzione meramente illustrativa delle posizioni già assunte e delle tesi già svolte nei precedenti scritti difensivi ex art. 190 c.p.c., si riteneva non sufficiente affermare, genericamente, che la mancata discussione avrebbe impedito di esporre meglio la linea difensiva, essendo piuttosto necessario indicare “quali fossero gli specifici aspetti che la discussione avrebbe consentito di evidenziare o approfondire, colmando lacune ed integrando gli argomenti ed i rilievi già contenuti nei precedenti atti difensivi”. Tale orientamento viene ritenuto superato alla luce del più recente arresto delle Sezioni Unite (n. 36596/2021) – del quale sono testualmente riprodotti taluni passi motivi - , secondo cui “la parte che proponga l'impugnazione della sentenza d'appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero di replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia; infatti “la violazione determinata dall'avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità per i difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo". Tali principi, hanno argomentato le Sezioni Unite, discendono dagli artt. 24 e 111, comma 2, Cost. e, quindi, laddove violati, si configura una nullità nonostante la mancata previsione di una esplicita sanzione per “inosservanza di forme”; del resto nello stesso giudizio arbitrale, ove pur si prevede che gli arbitri possano, compatibilmente con la convenzione di arbitrato, fissare liberamente le regole del processo (art. 816-bis, c.p.c.), la mancata osservanza del principio del contraddittorio è causa di nullità del lodo “nonostante qualunque preventiva rinuncia” (art. 829, n. 9, c.p.c.) e la giurisprudenza è costante nel riconoscerla “per ciò solo” in sede di impugnazione del lodo, cosicché sarebbe una “singolare bizzarria” che analoga nullità non fosse configurabile per la sentenza emessa dal giudice ordinario. In senso contrario non può, inoltre, essere evocato – secondo il richiamato arresto – il principio di ragionevole durata del processo e, quindi, di economia processuale, pur parimenti fondato sull'art.111, comma 2, Cost., trattandosi di valori che non possono comunque consentire al giudice di eludere il diritto di difesa ed al contraddittorio, quali “principi essenziali regolatori del giusto processo”. L'odierna ordinanza ritiene, pertanto, che sebbene il dictum delle Sezioni Unite abbia espressamente riguardo alle articolazioni defensionali scritte previste dall'art. 190 c.p.c. e non all'udienza di discussione orale ex art. 352 c.p.c., tuttavia anche in caso di mancata fissazione di tale udienza, pur ritualmente richiesta proprio al fine di contestare la memoria di replica avversaria “contenente questioni anche in parte nuove, e, comunque, di rilevante importanza”, rimanga parimenti pregiudicato il diritto al contraddittorio, quale diritto ad esporre le proprie difese conclusive, così come avviene per la mancata fruizione dei termini per le comparse conclusionali e le memorie di replica ex art. 190 c.p.c. In tal senso orienta anche la collocazione “strutturale e temporale” della richiesta di fissazione dell'udienza di discussione - all'atto di precisazione delle conclusioni ed alla scadenza del termine per le memorie di replica ex art. 352, comma 2, c.p.c. – quale scansione processuale volta a consentire l'accesso ad un ultimo atto di esercizio delle prerogative difensive al fine di replicare agli ultimi scritti defensionali avversari. Osservazioni
Dalla esposizione del motivo accolto del ricorso per cassazione emerge che, in realtà, la Banca aveva espressamente specificato quale fosse l'attività difensiva rimasta in concreto impedita dalla mancata fissazione dell'udienza di discussione, pur regolarmente richiesta, vale a dire l'illustrazione dell'ordinanza della Cassazione con cui all'epoca era stata sollecitata la pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione della nullità del contratto di intermediazione mobiliare per omessa sottoscrizione da parte dell'intermediario (questione che era stata, appunto, decisiva ai fini della definizione del giudizio di merito); è, quindi, da ritenere probabile che anche in base al pregresso, consolidato orientamento giurisprudenziale, in ordine all'art. 352 c.p.c., la Cassazione sarebbe potuta pervenire parimenti alla declaratoria di nullità della sentenza impugnata per l'effettiva violazione del diritto al contraddittorio. L'ordinanza in esame, invece, ha inteso riconoscere una sorta di vis espansiva al principio di diritto recentemente affermato dalle Sezioni Unite con riguardo alla fase decisoria ex art. 190 c.p.c., in tal senso sottraendosi al pregresso indirizzo nomofilattico senza la previa rimessione della questione di rito al Primo Presidente ai fini della sollecitazione di una pronuncia uniformatrice delle Sezioni Unite ex art. 374, comma 2, c.p.c. L'analogia tra le memorie ex art. 190 c.p.c. e l'udienza di discussione orale ex art. 352 c.p.c. non è, tuttavia, così evidente in quanto, pur essendo chiaramente implicati in entrambi il diritto al contraddittorio, nell'un caso è disciplinata la fase decisoria “fisiologica” del giudizio di merito all'esito della precisazione a verbale delle conclusioni, nell'altro solo una ulteriore appendice orale del tutto eventuale, attivabile su richiesta della parte. Ad ogni modo, nel giudizio di appello riformato dal d.lgs. n. 149/2022, a valere per i gravami introdotti successivamente al 28 febbraio 2023, la discussione orale non è più una mera appendice eventuale ma costituisce una modalità decisoria ex art. 350-bis c.p.c. radicalmente alternativa a quella ordinaria ancora imperniata sullo scambio delle memorie ex art. 352 c.p.c.: la scelta tra i due modelli decisori è però rimessa al presidente nella fase introduttiva ex art. 349, comma 1, c.p.c. o al consigliere istruttore all'esito della trattazione ex art. 350-bis, comma 2, c.p.c., senza che sia espressamente prevista, al riguardo, una specifica motivazione od una iniziativa delle parti. Riferimenti
Il pregresso orientamento giurisprudenziale sull'art. 352, comma 2, c.p.c. è riscontrabile in Cass. civ., sez. I, ord., 10 dicembre 2020, n. 28188; Cass. civ., sez. II, sent. 27 novembre 2017, n. 28229; Cass. civ., sez. I, sent., 5 dicembre 2003, n. 18618. Il richiamato arresto delle Sezioni Unite in ordine al mancato rispetto dei termini ex art. 190 c.p.c. – Cass., sez. un., sent., 25 novembre 2021, n. 36596 – è annotato da V. CAPASSO, Quando la nullità "fait nécessairement grief": le Sezioni Unite e l'intrinseca offensività della nullità da violazione del contradditorio, in Foro it., 2022, I, 130 e da F. SANTAGADA, Le Sezioni Unite sulla nullità della sentenza emessa prima della decorrenza dei termini ex art. 190 c.p.c., in Judicium (on line), 23 dicembre 2021. L'ordinanza interlocutoria, che ha sollecitato la pronuncia a Sezioni Unite sulla questione di merito relativa alla nullità del contratto di intermediazione finanziaria sottoscritto dal solo investitore, risale a Cass. civ., sez. I, ord., 27 aprile 2017, n. 10447; la questione è stata, poi, come noto, decisa da Cass. civ., sez. un., sent., 16 aprile 2018, n. 898 nel senso di escludere la nullità ove il consenso dell'intermediario fosse comunque desumibile da comportamenti concludenti. |