Inammissibile il ricorso per cassazione se l’atto non è chiaro e sintetico

Redazione scientifica
21 Febbraio 2023

Il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione in quanto pregiudica l'adeguata intellegibilità delle questioni.

La vicenda riguardava un giudizio di opposizione promosso dal terzo, in qualità di affittuario e conduttore di terreni agricoli, avverso una procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto i suddetti cespiti, il quale si concludeva con il rigetto dell'opposizione in primo grado, con sentenza confermata in appello.

Per quanto di interesse, la Corte di cassazione dichiarava inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal terzo avverso la sentenza di secondo grado, sotto il duplice profilo della mancanza di una sintetica esposizione del fatto processuale e della carenza di specificità delle censure svolte.

Secondo i giudici il ricorrente si era dilungato in una contorta esposizione delle vicende processuali, frammista a continue ed incidentali proprie valutazioni, intersecate da stralci degli atti processuali propri e anche delle controparti, e ancora riportando stralci della motivazione della sentenza di primo e in specie di secondo grado, ritenendo di dover informare la Corte di ogni più infinitesimale dettaglio, ma così finendo per rendere incomprensibile la vicenda processuale nelle sue distinte componenti delle ragioni decisorie della pronuncia di merito gravata e delle singole e specifiche censure.

Evidenzia dunque la Corte come il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali che, fissato dall'art. 3, comma 2, del c.p.a., esprime tuttavia un principio generale del diritto processuale, destinato a operare anche nel processo civile, espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, non già per l'irragionevole estensione del ricorso (la quale non è normativamente sanzionata), ma in quanto pregiudica l'adeguata intellegibilità delle questioni, qualora renda effettivamente oscura l'esposizione dei fatti di causa e così confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 366 c.p.c., assistite - queste sì - da una sanzione testuale di inammissibilità (Cass n. 8009/2019, Cass., sez. un., n. 37552/2021).

D'altra parte il principio di specificità del ricorso per cassazione, secondo cui il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l'oggetto della controversia e il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa, dev'essere modulato, proprio in conformità alle indicazioni della sentenza C. EDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri e/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d'interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare piuttosto che pregiudicare lo scrutinio del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte in uno al diritto di accesso della parte a un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la sostanza (Cass. n. 8117/2022).

Tratto da: www.dirittoegiustizia.it

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