Prima di esaminare l'ordinanza in commento, appare opportuno delineare i caratteri giuridici del decreto di trasferimento.
Il decreto assume una doppia valenza giuridica, rappresentando, processualmente, l'atto conclusivo della fase liquidatoria della procedura espropriativa e realizzando, sotto il profilo sostanziale, il trasferimento della titolarità del bene staggito dall'esecutato all'aggiudicatario.
La definitività del decreto non collima con la sua impugnabilità, attenendo il primo requisito all'aspetto sostanziale, il secondo a quello processuale.
Pertanto, con il deposito del decreto ai sensi dell'art. 586 c.p.c., il bene staggito è trasferito nella titolarità dell'aggiudicatario, anche se ancora impugnabile, determinando l'effetto purgativo tipico della vendita forzata.
L'unico rimedio attivabile per contrastare il decreto di trasferimento è l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., escludendosi la sua ricorribilità per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., in quanto tale provvedimento è privo di contenuto decisorio, non essendo pronunciato all'esito di un contraddittorio e non rivestendo la forma della sentenza (Cass. civ, sez. III, sent., 23 maggio 2011, n. 11318; conf. Cass. civ., sez. III, 9 agosto 2007, n. 17460; Cass. civ., sez. III, 14 settembre 2007, n. 19228).
Il termine perentorio per proporre opposizione è, come noto, quello di venti giorni, decorrenti -nel silenzio del legislatore- per le parti dalla conoscenza legale dell'emissione dell'atto e per i terzi dal compimento dell'atto e, dunque, dal suo deposito in cancelleria (Cass. civ., sez. III, sent., 27 marzo 2007, n. 74446; conf. Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2005, n. 19968).
Una volta emesso, il decreto di trasferimento contiene, ex art. 586, comma 1, c.p.c. l'ordine di cancellare le trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie (se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assunte dall'aggiudicatario ex art. 508 c.p.c.) anche successive alla trascrizione del pignoramento e costituisce, tra l'altro, titolo per la trascrizione della vendita.
Tale ultima disposizione è stata oggetto di un vivace dibattito alimentato dal rifiuto opposto da parte di alcune Conservatorie di trascrivere il decreto di trasferimento in assenza di una dichiarazione della Cancelleria attestante l'esecutività del decreto.
Questa tesi “formalista” ha trovato seguito nella giurisprudenza di merito (Trib. Lucca, 26 luglio 2017) che ha ritenuto legittimo il rifiuto del conservatore dei registri immobiliari di eseguire l'ordine di cancellazione contenuto nel decreto di trasferimento in mancanza del completo decorso il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi ovvero nel caso in cui l'opposizione già proposta fosse ancora pendente, in quanto l'art. 2884 c.c. consente la cancellazione di un gravame soltanto se sussiste un espresso ordine portato da sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dall'autorità competente, elemento che difetterebbe in un provvedimento ancora impugnabile come il decreto di trasferimento. Di contrario avviso altri giudici hanno rilevato che il decreto di trasferimento possa essere trascritto senza riserve anche se non ancora divenuto definitivo – ossia astrattamente impugnabile – in quanto atto immediatamente esecutivo ai sensi dell'art. 2878, n. 7,c.c. (Trib. Milano, provv. r.g. n. 13827/2019).
A quest'ultimo orientamento “sostanzialista” hanno aderito le Sezioni Unite della Cassazione, che, chiamate a dirimere il contrasto giurisprudenziale formatosi, hanno statuito (Cass. civ., sez. un., 14 dicembre 2020, n. 28387) che il decreto di trasferimento immobiliare comporta l'immediato trasferimento del bene, purgato e libero dai pesi indicati dalla norma o ricavabili dal regime del processo esecutivo, con conseguente obbligo per il conservatore dei registri immobiliari di procedere alla cancellazione dei gravami immediatamente, incondizionatamente e, in ogni caso, indipendentemente dal decorso dei termini previsti per la proposizione delle opposizioni agli atti esecutivi avverso il provvedimento traslativo.
L'interpretazione adottata, a dire del Supremo Collegio, è l'unica conforme ai principi generali: l'opposta tesi finirebbe con il frustrare la finalità tipica della vendita che è quella di garantire l'effettività della tutela giurisdizionale esecutiva. Pertanto, il giudice, con la sentenza che definisce il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, può disporre la revoca del decreto di trasferimento anche nel caso in cui l'ordine di cancellazione dei gravami disposto ai sensi dell'art. 586 c.p.c. sia stato già attuato.
L'ordinanza in commento, aderendo a quest'ultimo orientamento, evidenzia che la trascrizione del decreto di trasferimento non osta all'accoglimento dell'opposizione proposta contro il medesimo, se fondata.
Osserva la Corte che, ragionando diversamente, si sancirebbe l'inammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento, in contrasto con i principi che reggono il processo esecutivo e le relative opposizioni.
Il decreto di trasferimento, anche se trascritto, può quindi essere impugnato ai sensi dell'art. 617 c.p.c. per vizi che ineriscono al procedimento di vendita o per vizi suoi propri.
Nel caso sottoposto al vaglio del Supremo Collegio, l'aggiudicazione disposta dal delegato era nulla perché avvenuta in pendenza e in violazione di un provvedimento di differimento della vendita che, in quanto esecutivo, aveva oramai spiegato i suoi effetti, rendendo irreversibilmente invalida l'attività esecutiva spiegata in sua pendenza. La successiva revoca del provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva disposto il temporaneo divieto, può produrre effetti solo per il futuro, consentendo l'attività vietata ex nunc, ma non ex tunc, poiché il divieto ha già esplicato, per il passato, i suoi effetti, il che determina una situazione analoga a quella del provvedimento cui è stata data esecuzione, rendendo irreversibilmente invalida l'attività esecutiva effettuata in sua pendenza.
Inoltre, continua la Corte, la conferma del provvedimento di differimento della vendita, effettuata dal Giudice su istanza del debitore, dopo l'aggiudicazione, non aveva altro significato se non quello di fissazione della nuova vendita, con conseguente implicita revoca dell'aggiudicazione già disposta.
In sintesi. La Cassazione sconfessa l'argomentazione svolta dal Tribunale di Velletri nella sentenza impugnata, secondo cui l'emissione e la successiva trascrizione del decreto di trasferimento impedirebbero la sua revoca. Sposando tale tesi, si finirebbe col sancire l'inammissibilità dell'opposizione al decreto di trasferimento, in violazione dei principi normativi vigenti in materia di esecuzione.
Né tantomeno i diritti dell'aggiudicatario possono essere salvati ai sensi dell'art. 2929 c.c., come erroneamente sostiene la sentenza impugnata, in quanto la nullità eccepita riguarda direttamente la vendita e, addirittura, lo stesso decreto di trasferimento.
Pertanto, il Collegio ha accolto il ricorso e, decidendo nel merito la questione ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., ha dichiarato inefficaci l'aggiudicazione dell'immobile e il relativo decreto di trasferimento.