Il reato di mercato di voto – originariamente disciplinato dall'art. 233 R.D. n. 267 del 1942 ed oggi dall'art. 339 del d.lgs. n. 14 del 2019 – tutela la regolarità della procedura concorsuale tendendo a prevenire condotte di inquinamento delle operazioni di voto ed è ravvisabile anche nei casi in cui il comitato dei creditori è chiamato a deliberare, anche in seno al concordato preventivo e fallimentare, ma non in altre ipotesi concordatarie non disciplinate dalla legge fallimentare (LO CASCIO, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano, 2007, 1346; BRICHETTI, MUCCIARELLI, SANDRELLI, Disposizioni penali, in Il nuovo diritto fallimentare, a cura di A. Jorio, Torino, 2010, 834).
È un delitto necessariamente plurisoggettivo, che richiama la struttura della corruzione, la cui condotta prevede la stipulazione di vantaggi indebiti estranei alla fisiologia concordataria (BELLÈ, Convenienza e legittimità delle soluzioni concordatarie, in Fall., 2012, 511), anche se non pregiudizievoli per l'asse fallimentare finalizzati ad indurre il creditore a “dare il voto”. La consumazione si riscontra nell'accordo di pattuizione o promessa (indipendentemente dall'espressione del voto o dalla esecuzione delle intese) ed è ammessa la forma tentata. In assenza di ulteriori specificazioni quanto alle modalità della condotta, la quale si connota col raggiungimento dell'accordo insito nella «stipula», rimane evidente la struttura consensuale e bilaterale del reato, che si perfeziona quindi con la consacrazione del patto illecito tra i privati
Quanto al tempo di commissione del reato, la norma evidentemente richiede che l'accordo che perfeziona il delitto intervenga in un momento antecedente la votazione; tuttavia, alcuni autori sostengono che il reato sussista anche allorquando l'intesa sia finalizzata ad ottenere la revoca - ovviamente validamente esperibile - di un voto già in precedenza espresso.
È necessario che l'accordo fra creditore e fallito abbia ad oggetto esclusivamente il voto del primo, essendo irrilevante, sotto il profilo della disposizione, una convenzione, inerente, ad esempio, l'impegno del creditore a desistere dall'insinuazione, a rendersi assuntore del concordato o a cedere il credito, quand'anche la cessione si concreti in un vantaggio per il cedente ed il cessionario sia persona disposta a favorire il fallito; è invece controversa la rilevanza penale di accordi volti ad ottenere la rinuncia all'opposizione al concordato, anche se la dottrina è prevalentemente orientata in senso favorevole, anche se diversi autori giustamente evidenziano come la disposizione sanzionatoria in parola riguardi solo la compravendita di voto, ma non consideri l'ipotesi del “non voto” (SANDRELLI, Responsabilità penale della banca nella gestione stragiudiziale dell'insolvenza, in Fall., 1997, 555).
Come soggetti attivi del reato, vengono indicati il creditore ed il fallito, ovvero soggetti che abbiano contrattato con il creditore nell'interesse del fallito.
Quanto ai creditori, l'espressione indica solo quanti, avendo un credito nei confronti del fallito, si siano insinuati nella procedura e quindi siano divenuti creditori del fallimento; di conseguenza, non sarà punibile il fallito che prometta vantaggi al suo creditore affinché questi non si insinui nel fallimento. Occorre inoltre che il singolo creditore sia in grado, giuridicamente, di esprimere il proprio voto, mentre ogni eventuale impedimento ex lege porterà ad un'aprioristica esclusione del soggetto dal novero dei destinatari del precetto.
Quanto alla possibilità di applicare la disposizione in discorso anche a quanti rivestano la qualifica di creditori nell'ambito di procedure diverse da quella fallimentare, è pacifica, secondo quanto dispone l'art. 341, commi 2 e 3, d.lgs. n. 14 del 2019, la rilevanza penale della condotta in discorso nell'ambito del concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa o di convenzione di moratoria, nonché nel caso di omologa di accordi di ristrutturazione ai sensi dell'art. 63, comma 2-bis, d.lgs. n. 14 del 2019.
In relazione alla posizione del fallito – e di quanti contrattino per conto dello stesso – la dottrina si pone problematicamente con riferimento alla possibilità di applicare la disposizione in esame nell'ambito di procedure diverse da quella fallimentare, posto che, per l'appunto, agli imprenditori insolventi che vengono sottoposti a procedure concorsuali diverse da quella fallimentare non compete certo la qualifica di “fallito”. Voci autorevoli, però, ritengono di poter in qualche modo aggirare tale difficoltà, estendendo la portata della previsione in parola anche nelle ipotesi ora considerate, sostenendo, da un lato, la preoccupante potenzialità lesiva di tutti i soggetti coinvolti nelle procedure de quibus e, dall'altro, evidenziando come, anche non volendo qualificare i soggetti sottoposti a tali procedure quali falliti, la loro punibilità potrebbe essere riconosciuta a titolo di concorso ex art. 110 c.p. nella condotta dei creditori.
Occorre che la pattuizione determini vantaggi per il creditore, considerato uti singulus, giacché il delitto non sussiste se il creditore con il suo comportamento ottiene vantaggi in capo all'intera massa. La nozione di vantaggio viene intesa in dottrina in maniera assai ampia, come comprensiva di qualsiasi forma di corrispettivo, anche di natura non patrimoniale, con la conseguenza che il vantaggio perseguito dal creditore non deve necessariamente incidere sull'ammontare dell'attivo fallimentare (SANDRELLI, Responsabilità penale della banca, cit., 555).
Al vantaggio del creditore deve corrispondere un interesse in capo al fallito, il quale deve procedere alla stipula dell'accordo proprio per soddisfare tale sua posizione.
Quanto all'elemento soggettivo, alcuni autori richiedono il solo dolo generico, concretantesi nella volontà di stipulare vantaggi a proprio favore quale corrispettivo della prestazione di voto e senza che la rappresentazione del vantaggio ottenuto distolga il soggetto dall'agire, mentre altri richiedono una sorta di dolo specifico, dove la finalità della condotta andrebbe rinvenuta nello scopo di ottenere vantaggi patrimoniali.