Secondo la Corte di Cassazione, l'art. 44 del codice del turismo (d.lgs. n. 79/2011), deve essere interpretato nel senso che l'espressione “danni alla persona” comprende tutti i danni di carattere non patrimoniale di cui all'art. 2059 c.c., ivi inclusi i danni morali da vacanza rovinata.
Da vacanza da sogno a vacanza da incubo, si sa, è un attimo: bastano disservizi nel trasporto e nella sistemazione alberghiera e il gioco è fatto. Il nervosismo certo è tanto, ma il ritorno la routine è impegnativo, tant'è che il primo pensiero non è quello di adire le vie giudiziarie per ottenere il ristoro dei danni morali patiti. Questo lo sanno bene i sigg.ri A.C. e G.S. che hanno convenuto in giudizio avanti al Giudice di Pace il tour operatorsolo dopo quasi un anno e mezzo dal termine del viaggio. Scelta ponderata ed esito positivo, peccato solo temporaneo: accogliendo l'impugnazione del tour operator, il Tribunale di Napoli ha riformato integralmente la sentenza impugnata, rigettando le domande degli attori per intervenuta prescrizione del diritto azionato.
Tre e strettamente correlati sono i passaggi dell'argomentazione della Corte partenopea:
il “danno alla persona” di cui all'art. 44, secondo comma, del Codice del Turismo è soltanto il “danno fisico”;
i “danni diversi da quelli alla persona” di cui all'art. 45 del Codice del Turismo non possono essere quelli patrimoniali, essendo questi ultimi in caso di vacanza rovinata risarcibili a prescindere e già oggetto di normative speciali;
non rientrando nel concetto di “danno fisico”, i danni morali lamentati dagli attori sono disciplinati dall'art. 45 del Codice del Turismo e il relativo diritto al risarcimento è soggetto a prescrizione annuale (e non già triennale, come sarebbe stato ai sensi dell'art. 44 del Codice del Turismo) decorrente dal rientro del turista.
Oltre al danno, la beffa. I sigg.ri A.C. e G.S. però non ci stanno e presentano ricorso in Cassazione, censurando, per quanto più rileva, la violazione degli articoli del Codice del Turismo concernenti il ristoro del danno da vacanza rovinata (i.e. artt. 44, 45 e 47), in relazione all'affermata prescrizione del diritto al risarcimento azionato.
La posizione della Cassazione. Accogliendo la prospettazione dei ricorrenti, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata, sulla base dei seguenti presupposti:
da ormai vent'anni, il danno non patrimoniale è stato individuato come categoria ampia e omnicomprensiva di qualsiasi pregiudizio non suscettibile di valutazione economica derivante dalla lesione di valori della persona costituzionalmente garantiti (v. Cass. 31 maggio 2003, n. 8827; Cass. 31 maggio 2003, n. 8828; Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972);
stante l'art. 5 della direttiva n. 90/314 CEE e la normativa nazionale di attuazione, il danno non patrimoniale da vacanza rovinata è risarcibile exart. 2059 c.c. per espressa previsione di legge. In effetti, la legislazione di settore concernente i “pacchetti turistici” ha reso rilevante l'interesse del turista al pieno godimento del viaggio organizzato come occasione di riposo, prevedendo il risarcimento dei pregiudizi non patrimoniali subiti per effetto dell'inadempimento contrattuale (v., fra le altre, Cass. 13 novembre 2009, n. 24044; Cass. 20 marzo 2012, n. 4372);
con la sentenza 12 marzo 2002 n. 168, la Corte di Giustizia UE ha precisato che l'art. 5 della direttiva n. 90/314 CEE «deve essere interpretato nel senso che, in linea di principio, il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso», sottolineando che nel settore dei viaggi turistici si rilevano spesso «danni diversi da quelli corporali» e che «tutti gli ordinamenti giuridici moderni “riconoscono” un'importanza sempre maggiore alle vacanze»;
nel delineato quadro di riferimento, l'espressione “danno alla persona” di cui all'art. 44 del Codice del Turismo non può riguardare il solo “danno fisico”: si tratta di un'espressione che individua il danno non patrimoniale in senso lato come categoria ampia e unitaria concernente la lesione di interessi della persona ed è suscettibile di ricomprendere anche i pregiudizi morali lamentati dai ricorrenti;
essendo stata proposta dai sigg.ri A.C. e G.S. dopo quasi un anno e mezzo dal rientro dal viaggio, l'azione nei confronti del tour operator era tempestiva, perché il diritto al risarcimento del “danno alla persona” ex art. 44 del codice del turismo è soggetto a prescrizione triennale (e non annuale, come il diritto al risarcimento per i “danni diversi da quelli alla persona” previsto dall'art. 45 del codice del turismo).
Insomma, se lo stress per una vacanza andata male è inevitabile, lo stress ulteriore per far valere le proprie ragioni in Tribunale nel ristretto termine di un anno dal rientro lo è: ad evitare quest'ultimo stress, con argomentazioni condivisibili, ci pensa proprio la Cassazione.
(Fonte: Diritto e Giustizia)
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