L'annullamento dell'avviso di accertamento in autotutela nelle fase di reclamo-mediazione non fa venir meno l'interesse ad agire in giudizio del contribuente

27 Febbraio 2023

L'annullamento in autotutela dell'atto impositivo nelle more della fase di reclamo-mediazione non determina il venir meno dell'interesse ad agire in capo al contribuente per ottenere la rifusione delle spese di lite. Ciò trova conforto nel costante orientamento di legittimità secondo cui, in caso di cessazione della materia del contendere, le spese devono essere liquidate secondo il criterio della soccombenza virtuale. Così si pronuncia la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 534 del 9 febbraio 2023.

Il caso. Una contribuente notificava al Comune un ricorso-reclamo avverso un avviso di accertamento per omessa denuncia ai fini IMU.

Successivamente il Comune, prima dell'iscrizione a ruolo del ricorso da parte della contribuente, comunicava a quest'ultima l'avvenuto annullamento in autotutela dell'atto impugnato. Tuttavia, la contribuente aveva comunque deciso di adire il giudice affinchè le fossero riconosciute le spese di lite. I giudici di prime cure, però, rilevavano il difetto della stessa ad agire in giudizio essendo intervenuto il provvedimento di annullamento dell'atto da parte del Comune prima del deposito del ricorso e non ne accoglievano, pertanto, la richiesta di refusione delle spese di lite. La contribuente proponeva, quindi, appello avverso la sentenza sfavorevole ribadendo che l'annullamento dell'avviso da parte dell'Ente era pervenuto in ritardo rispetto alla scadenza dei termini di impugnazione, a causa di colpevole inerzia dello stesso; tale circostanza l'aveva indotta a nominare un difensore per la redazione del ricorso-reclamo, sopportandone le relative spese. La ricorrente aveva, inoltre, fatto rilevare come il comportamento del Comune fosse da ritenersi ancor più negligente atteso che la stessa Amministrazione, sempre per un mero errore in ordine alla individuazione dell'immobile oggetto di accertamento, aveva già annullato in autotutela alcuni avvisi di accertamento per altre annualità, emessi per lo stesso motivo nei suoi confronti. L'Ente locale si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del gravame proposto per carenza di interesse ad agire della contribuente, come correttamente rilevato dal primo Giudice, in quanto il ricorso non doveva essere depositato in quanto proposto avverso un atto tributario annullato già in sede di mediazione/reclamo, in totale accoglimento dell'istanza del contribuente.

La riforma in appello. La pensano diversamente i giudici “del riesame” che hanno deciso di accogliere l'appello della contribuente riconoscendone l'interesse ad agire ai fini della refusione delle spese di lite sostenute in virtù del mandato conferito ad un difensore tecnico. Nel merito, la Corte ha osservato come l'annullamento dell'avviso da parte del Comune fosse avvenuto oltre il termine di novanta giorni previsto dall'art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992 per la conclusione della procedura di reclamo-mediazione. Diversamente, dunque, da quanto ritenuto dai giudici di prime cure, la Corte di secondo grado ha ritenuto che l'interesse ad agire della ricorrente non potesse essere messo in dubbio anche considerando che l'avvenuto annullamento in autotutela non aveva comunque definito la questione delle spese del giudizio, che risultano richieste con il ricorso reclamo e di cui la contribuente si era dovuta fare ingiustamente carico. Tali circostanze, secondo il Collegio, hanno determinato l'irrilevanza, al fine del decidere, della avvenuta iscrizione a ruolo del ricorso in data successiva all'annullamento dell'avviso di accertamento; ciò a maggior ragione tenuto conto che il ritardo dell'Amministrazione Comunale, nell'accogliere il reclamo e nel darne la dovuta comunicazione, non era giustificabile atteso che il medesimo errore, consistente nel riferimento alla ricorrente dei dati catastali relativi ad un immobile alla medesima estraneo, si era già verificato anche per altre annualità. Da ultimo, la Corte rammenta il costante orientamento di legittimità secondo il quale, in caso di cessazione della materia del contendere, come per il caso di specie, «le spese devono essere, viceversa, liquidate secondo il criterio della soccombenza virtuale (inter alias, Cass. n. 31955 del 11 dicembre 2018).

Il principio della soccombenza virtuale. Giova ricordare le direttrici ermeneutiche dettate dal giudice della nomofilachia in relazione al principio della soccombenza virtuale. La Corte di Cassazione (inter alias, Cass., n. 14939/2020 e n. 3148/2016) ha affermato che “la statuizione di cessazione della materia del contendere comporta l'obbligo per il giudice di provvedere sulle spese processuali del giudizio secondo il principio della soccombenza virtuale, salva la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale”. Anche la Corte Costituzionale (sentenza n. 274 del 12 luglio 2005) ha sottolineato che il giudizio tributario si estingue per cessazione della materia del contendere (art. 46, d.lgs. 546/92) restando, però, fermo il potere del giudicante di condannare la parte virtualmente soccombente al pagamento delle spese processuali. La Suprema Corte ha, comunque, precisato (sent. n. 7607/2018) che “anche in caso di autotutela da parte dell'Ufficio in corso di giudizio, qualora il riconoscimento consegua ad un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, può conseguire la compensazione delle spese di lite, soprattutto quando tale comportamento non consegua ad una manifesta illegittimità dell'atto impugnato sin dal momento della sua emanazione”.

Osservazioni. L'applicazione del principio di soccombenza virtuale anche in caso di annullamento dell'atto in autotutela avvenuto nelle more dell'espletamento della fase di reclamo-mediazione trova ulteriormente conferma, a parere di chi scrive, dalle modifiche che hanno interessato la mediazione tributaria che è transitata da istituto di natura procedimentale (art. 39, d.l. 98/2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 111/2011) a istituto già processuale (art. 9, comma 1, lettera l), d.lgs. n. 156/2015): «…il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione», dovendosi pertanto applicare il criterio generale della soccombenza (anche virtuale) in fase di liquidazione delle spese del giudizio. La novella del 2016, peraltro, ha integrato l'art. 15 del rito tributario introducendo il comma 2-septies il quale dispone espressamente che «nelle controversie di cui all'articolo 17-bis le spese di giudizio…sono maggiorate del 50 per cento a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento».

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