Azione di risarcimento danni per l'imputato assolto in sede penale: da quando decorre la prescrizione?
28 Febbraio 2023
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabili ad un determinato soggetto, ovvero nel momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'ordinaria diligenza. Questa volta è il commercialista a chiedere i danni! La particolarità della decisione risiede nel fatto che la vittima della condotta illecita è essa stessa imputata. Normalmente, invece, il danneggiato da reato non è imputato. Da qui la questione di individuar il dies a quo della decorrenza del termine di prescrizione dell'azione civile di risarcimento danni per l'ingiusta accusa.
Un commercialista era stato incaricato di costituire delle società all'estero, che dovevano avere lo scopo di verificare la correttezza dei rapporti della società italiana all'estero. Tuttavia, dopo la costituzione di dette società estere emerse che venivano utilizzate per attività illecite. Il commercialista si vedeva, così, coinvolto in procedimenti penali, all'esito dei quali veniva assolto e incardinava azione civile di risarcimento dei danni patrimoniali (per la cessazione dell'attività professionale) e non patrimoniali (per il pregiudizio alla salute cagionato dal processo penale) nei confronti delle società che gli avevano conferito l'incarico per l'ingiusto coinvolgimento nel processo penale. Tribunale e Corte di Appello ritenevano prescritta la domanda iniziata nel 2015 (dopo l'assoluzione), sul presupposto che il dies a quo dell'azione di risarcimento dei danni doveva individuarsi nella data della misura cautelare (2006) o al massimo del rinvio a giudizio (2008), non nell'assoluzione (2015). In sostanza i Giudici di merito richiamano un principio di diritto pacifico, secondo cui la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua riferibilità al soggetto individuato, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'orinaria diligenza. Tale consapevolezza si poteva avere già al momento del rinvio a giudizio.
La Cassazione va di diverso avviso, evidenziando gli equivoci in cui sono incorsi i giudici del merito: 1) dall'indiscussa autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale non si può inferire che si possa iniziare il processo civile senza attende la conclusione di quello penale. Sono due questioni diverse: l'autonomia dei processi attiene ai rapporti tra i due procedimenti, che in sostanza non si influenzano; l'individuazione del dies a quo della prescrizione dell'azione civile non dipende dalla regola della separazione dei due giudizi, ma da un criterio esclusivamente civilistico. Non a caso vi sono casi nei quali la prescrizione si ritiene decorrere, ad esempio, dalla falsità della denunzia in caso di calunnia, oppure dall'innestarsi della comparsa del danno psico-fisico nella vittima di violenza carnale. Dunque, l'individuazione del dies a quo è basata sulla consapevolezza dell'accusato di aver subito un'ingiusta accusa e varia a seconda dei casi. 2) è errato supporre che, ove fosse necessaria la sentenza penale per la consapevolezza, allora bisognerebbe attendere il passaggio in giudicato, divenendo così la sentenza e non il danno l'elemento costitutivo dell'illecito civile. La giurisprudenza della Cassazione mai ha richiesto il passaggio in giudicato, ma solo l'identificazione di un atto da cui desumere che il danneggiato ha avuto o avrebbe avuto se diligente una conoscenza del danno subito e della sua riferibilità ad un determinato agente. Una sentenza è sufficiente/indice di conoscenza del danno subito, non il suo passaggio in giudicato. 3) soprattutto bisogna distinguere i casi nei quali il danneggiato da un reato è egli stesso imputato nel processo penale nei casi nei quali non lo è. Nel caso di vittima non imputata, è ragionevole supporre che al momento del rinvio a giudizio dell'autore del reato, la vittima possa avere una consapevolezza di aver subito il danno o che si tratti di danno ingiusto. Nel caso, invece, di vittima imputata, le parti sono invertite (il danneggiato è l'imputato e l'autore dell'illecito è parte civile), quindi il danneggiato dovrebbe avere la consapevolezza di essere tale (ossia di essere stato ingiustamente accusato) dal suo stesso rinvio a giudizio. In questo caso il rinvio a giudizio indica la responsabilità del danneggiato, a differenza del caso tipico di vittima di illecito penale, ove il rinvio a giudizio indica la responsabilità altrui (del danneggiante).
Dunque, il principio di diritto è nel senso che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabili ad un determinato soggetto, ovvero nel momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'ordinaria diligenza. Si richiede, inoltre, che il danneggiato abbia consapevolezza del fatto che il danno è non solo causalmente riferibile ad un determinato autore, ma anche che lo è dal punto di vista soggettivo, del dolo e della colpa. Se questo principio di diritto era stato individuato dai giudici di merito, poi ne è stata fatta erronea applicazione, nel momento in cui si è ritenuto che il rinvio a giudizio possa costituire atto da cui dedurre che la responsabilità di parte civile nel coinvolgimento ingiusto nel processo penale. Tale consapevolezza si può aver avuto quando dal reato si è stati assolti, evidenziandosi la consapevolezza che l'accusa era infondata.
Considerazioni. Nel caso specifico, ove il danneggiato è imputato, pare indicativo che la vittima possa avere la consapevolezza del danno ingiusto al momento della sua assoluzione, in quanto emerge, dal punto di vista soggettivo, l'elemento dell'art. 2043 c.c. della colpevolezza della parte civile che aveva ingiustamente coinvolto l'imputato in un processo penale.
(Fonte: Diritto e Giustizia) |