Concorso di colpa e rilevabilità di ufficio
07 Marzo 2023
Massima
La questione dell'eventuale concorso di colpa del danneggiato deve essere esaminata d'ufficio dal giudice di primo grado, ai fini della liquidazione del risarcimento; tuttavia, ove ne sia stato omesso il rilievo e non siano state esaminate e valutate le circostanze, dalle quali si sarebbe potuto desumere eventualmente detto concorso di colpa, la parte ha l'onere di impugnare la sentenza per tale omissione e, qualora non lo faccia, la questione resta preclusa e non può essere sollevata nell'ulteriore corso del giudizio. Il caso
I genitori di un minore citavano in giudizio il Comune per ottenere il risarcimento dei danni patiti dal loro figlio a causa di una caduta da bicicletta, cagionata da una buca insidiosa non segnalata, presente sulla strada percorso. La PA si costituiva evidenziando che il minore procedeva a velocità elevata. Il giudice di primo grado rigettava la domanda sul rilievo che gli attori non aveva provato le circostanze del sinistro. Proposto appello, il giudice del gravame condannava il Comune al risarcimento dei danni, sul rilievo che non aveva proposto l'eccezione di corresponsabilità del danneggiato, con la conseguenza della non contestazione del fatto storico del sinistro. Il convenuto soccombente proponeva ricorso in Cassazione dolendosi della mancata rilevazione di ufficio del concorso di colpa della vittima. I giudici di legittimità rigettano il ricorso, evidenziando che la questione del concorso di colpa della vittima, proposta in primo grado e rimasta assorbita dal rigetto della domanda attorea, non è stata riproposta in appello, senza che il giudice di appello fosse onerato ad esaminarla. La questione
A quali condizioni può essere rilevato d'ufficio - in appello – il concorso di colpa? Le soluzioni giuridiche
A norma degli artt. 2056 - 1227 c.c., nella responsabilità aquiliana è rilevante l'eventuale comportamento colposo del danneggiato, poiché esso incide sul nesso eziologico. Il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, posto dall'art. 40 c.p, in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente, desumibile dal secondo comma dell'art. 41 c.p., in base al quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevante le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto (Cass. n. 268/1996). Questa interruzione del nesso di causalità può essere anche l'effetto del comportamento sopravvenuto dello stesso danneggiato, quando il fatto di costui si ponga come unica ed esclusiva causa dell'evento di danno, sì da privare dell'efficienza causale e da rendere giuridicamente irrilevante il precedente comportamento dell'autore dell'illecito (Cass. n. 6640/1998). Un corollario di detto principio è la regola posta dall'art. 1227 c.c., comma 1, il quale nel contempo fornisce base normativa al suddetto principio, presupponendolo. Tale norma prevede la riduzione del risarcimento in presenza della colpa del danneggiato: essa è un approdo dei codici moderni. L'art. 1227, comma 1, c.c. rappresenta un corollario del principio della causalità, per cui al danneggiante non può far carico quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile. Pertanto la colpa, cui fa riferimento l'art. 1227 c.c., va intesa non nel senso di criterio di imputazione del fatto (perché il soggetto che danneggia se stesso non compie un atto illecito di cui all'art. 2043 c.c.), bensì come requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato. La questione del comportamento colposo del danneggiato, come influente esclusivamente sul nesso causale, è stata positivamente esaminata, in particolare, in relazione al fortuito, come elemento liberatorio del custode dalla sua responsabilità ex art. 2051 c.c. (Cass. n. 7727/2000). La regola di cui all'art. 1227 c.c., va inquadrata esclusivamente nell'ambito del rapporto causale ed è espressione del principio che esclude la possibilità di considerare danno risarcibile quello che ciascuno procura a se stesso (Cass. n. 15382/2006). Così inquadrato sotto il profilo eziologico il comportamento colposo del danneggiato, va osservato che esso non concreta un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, che deve essere esaminata anche d'ufficio dal giudice, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto su cui si fonda il comportamento colposo del danneggiato (Cass. n. 4799/2001). Infatti, l'art. 1227, comma 1 nello stabilire che il risarcimento non è dovuto per i danni causati dal suo comportamento doloso, obbliga con ciò stesso il giudice ad accertare tutti i fattori causali, così da imporgli di indagare d'ufficio sull'eventuale concorso di colpa del danneggiato e della sua incidenza sulla genesi del danno. Osservazioni
Nell'ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell'evento dannoso il giudice deve procedere d'ufficio all'indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto, dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso (Cass. n. 19218/2018). Nondimeno, resta inteso che ove il giudice di primo grado non abbia rilevato d'ufficio se le dedotte circostanze potessero integrare una colpa concorrente del danneggiato, la parte ha l'onere di proporre appello per tale omissione, dato che la rilevabilità d'ufficio non comporta, altresì, che essa possa farsi valere in ogni stato e grado del processo, e se non abbia proposto appello, non può dedurre per la prima volta in Cassazione la questione del concorso di colpa del danneggiato (Cass. n. 1164/2020), determinandosi, così, sulla responsabilità esclusiva del danneggiante, "un giudicato interno" (Cass. n. 23372/2013). |