La comparizione personale delle parti alla prima udienza
08 Marzo 2023
Iniziando a muovere i primi passi nella riforma del processo civile, della quale, in verità, non si sentiva affatto la mancanza, si coglie, come principio generale che la sottende nella sua totalità, la volontà di raggruppare e, per così dire, comprimere, le attività processuali con l'intento di approdare ad una contrazione anche dei tempi processuali.
In quest'ottica il novellato art. 183 c.p.c. non fa eccezione.
Esso, a ben vedere, mutua concettualmente il rito del lavoro ove, all'udienza fissata per la discussione (sostanzialmente la prima udienza fissata ai sensi dell'art. 415, secondo comma, c.p.c.), l'art. 420 c.p.c., primo comma, prevede la comparizione personale delle parti al fine di interrogarle liberamente e tentare la conciliazione.
Nel rito ordinario ante riforma non vi era espressamente tale previsione, potendo il giudice ricorrere alla convocazione ai sensi dell'art. 185 c.p.c. al fine di interrogare liberamente le parti e tentare la conciliazione: «All'udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall'art. 102, secondo comma, dall'art. 164, secondo, terzo e quinto comma, dall'art. 167, secondo e terzo comma, dall'art. 182 e dall'art. 291, primo comma. Quando pronunzia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice fissa una nuova udienza di trattazione. Il giudice istruttore fissa altresì una nuova udienza se deve procedersi a norma dell'art. 185» (art. 183, primo, secondo e terzo comma, c.p.c., ante riforma).
Il nuovo art. 183, primo, secondo e terzo comma, c.p.c. oggi recita: «All'udienza fissata per la prima comparizione e la trattazione le parti devono comparire personalmente. La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi dell'art. 116, secondo comma. Salva l'applicazione dell'art. 187, il giudice, se autorizza l'attore a chiamare in causa un terzo fissa una nuova udienza a norma dell'art. 269, terzo comma. Il giudice interroga liberamente le parti, richiedendo, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e tenta la conciliazione a norma dell'art. 185».
Quindi alla c.d. prima udienza le parti devono comparire personalmente al fine, sembra, di essere interrogate liberamente dal giudice che tenta la conciliazione ai sensi dell'art. 185 c.p.c., il quale è rimasto invariato.
Di conseguenza la riforma non fa altro che contrarre e, soprattutto rendere obbligatorio quel tentativo di conciliazione che, ai sensi dell'art. 185 c.p.c. è solamente una eventualità (su istanza delle parti o di iniziativa del giudice).
Evidente, allora, è il tentativo di sortire un effetto deflattivo del tentativo di conciliazione reso in questo modo obbligatorio, il cui esperimento viene incentivato anche dagli effetti della mancata comparizione la quale, ai sensi dell'art. 116, secondo comma, c.p.c., permetterà al giudice di trarre le sue considerazioni.
Pertanto, anche se il nuovo primo comma dell'art. 183 c.p.c. non lo dice espressamente, il solo rimando generico alla disciplina dell'art. 185 c.p.c. (nonché, in un'ottica interpretativa sistematica del rito civile, considerato anche l'art. 420 c.p.c., secondo comma, c.p.c. - rito del lavoro -) renderà certamente ammissibile la presenza “personale” della parte per mezzo di procuratore speciale con procura per atto pubblico o scrittura privata autenticata munito dei necessari poteri transattivi ed a conoscenza dei fatti della controversia, in sostanza un alter ego della parte, pena gli effetti della mancata comparizione personale della parte stessa.
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