La Suprema Corte, con la pronuncia in commento, ribadisce il principio di diritto secondo cui l'amministratore di fatto è soggetto alla responsabilità prevista per l'amministratore nominato dai soci, trattandosi di una figura in grado di rivestire pienamente un rapporto organico all'interno della struttura organizzativa della società, sulla cui scorta, è anch'egli destinatario delle previsioni statutarie riferite alla clausola arbitrale che, a mente dell'art. 808 quater c.p.c. nel dubbio, si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la medesima convenzione si riferisce.
Tale conclusione si rivela coerente con il principio – ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità – secondo cui l'amministratore di fatto è soggetto alla responsabilità prevista per l'amministratore ai sensi dell'art. 2392 e ss. c.c. (Cass. civ., sez. I, 8 ottobre 2020, n. 21730; Cass. civ., sez. I., 18 settembre 2017 n. 21567; Cass. civ., sez. I; 1° marzo 2016, n. 4045; Cass. civ., sez. V, 5 febbraio 2014, n. 2586; Cass. civ., sez. I, 12 marzo 2008, n. 6719; Cass. civ., sez. I, 6 marzo 1999, n. 1925).
In particolare, con la pronuncia che si annota, si evidenzia che l'arbitro in sede di emanazione del lodo aveva ampiamente motivato sull'estensione del proprio potere decisorio anche con riguardo all'amministratore di fatto, al pari di un amministratore nominato dall'assemblea, stante l'ampia portata della clausola compromissoria in tale senso, osservando che trattandosi di arbitrato societario, l'operatività della clausola non è legata all'approvazione scritta della stessa,essendo richiesta la sola accettazione dell'incarico.
Del resto, come osservato nella sentenza in commento, la collocazione del patto compromissorio nel contesto dell'atto costitutivo della società non può escludere che l'autonomia privata si esprima allo scopo di destinare alla competenza degli arbitri la decisione di talune tipologie di controversie societarie.
Al riguardo, l'ambito di applicazione dell'arbitrato societario, pur essendo delimitato dalla legge sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, in realtà finisce per considerare un'ampio margine di variabilità nella selezione delle controversie devolvibili agli arbitri, come peraltro si evince dal fatto che la richiamata variabilità dell'ambito applicativo dell'arbitrato societario consente che una rilevante parte delle controversie societarie – quelle promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti, non resti sottratta alla competenza arbitrale, pur rifuggendo in parte dal novero dei diritti relativi al rapporto sociale.
I giudici di legittimità, pervengono a tale conclusione – concernente l'individuazione dei confini della clausola arbitrale contenuta nello statuto societario, ricomprendendovi anche le controversie risarcitorie promosse nei confronti del c.d. amministratore di fatto – dopo avere sgomberato il campo dalle preliminari doglianze riferite nel ricorso introduttivo del giudizio circa la dedotta applicabilità nella fattispecie scrutinata dell'art. 829 c.p.c. nella previgente formulazione, atteso che a seguito della riforma legislativa attuatasi col d.lgs. n. 40/2006, l'impugnazione del lodo per violazione di norme diritto sostanziale è, sul piano generale, esclusa.
Infatti, contrariamente alla previgente formulazione, la deduzione di errores in iudicando è attualmente consentita soltanto se sia espressamente disposta dalle parti o dalla legge, ovvero qualora ricorra un'ipotesi di contrarietà della decisione all'ordine pubblico.
La pronuncia che si annota, ribadisce l'insegnamento a suo tempo espresso dalle Sezioni unite (Cass. civ., sez. un., 9 maggio 2016, n. 9284), affermando che, l'art. 829, comma 3, c.p.c., come riformulato dall'art. 24 del d.lgs. n. 40/2006 si applica, ai sensi della disposizione transitoria di cui all'art. 27 del d.lgs. n. 40/2006 cit. a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l'entrata in vigore della novella, per stabilire quale sia la legge la cui espressa previsione – ai sensi del vigente testo dell'art. 829, comma 3, c.p.c. – può rendere ammissibile l'impugnazione del lodo arbitrale anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, precisando altresì che ove sia ammissibile l'impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia, occorre avere riguardo alla normativa vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato.
Ciò premesso, l'orientamento ribadito dalla pronuncia in commento, trova conferma anche nell'ormai noto restyling apportato dal legislatore delegato con l'art. 3, comma 55, del d.lgs. n. 149/2022 in sede di attuazione della legge di delega n. 206/2021 per la riforma della giustizia civile.
La Riforma Cartabia ha infatti inserito la disciplina dell'arbitrato societario all'interno del codice di procedura civile dedicandogli 4 nuovi articoli, anche se a ben vedere, si tratta più propriamente di modifiche di coordinamento in materia di arbitrato societario.
L'anzidetta disposizione normativa di nuovo conio, nel disporre che al Libro IV, Titolo VIII, del codice di procedura civile, dopo il Capo VI, è inserito il Capo VI-bis rubricato dell'arbitrato societario, all'art. 838-bis – oggetto ed effetti di clausole compromissorie statutarie – prevede che gli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell'art. 2325-bis c.c. possono, mediante una clausola compromissoria ad hoc, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune, ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. La stessa norma citata, enuncia altresì che gli atti costitutivi possono prevedere che la clausola in parola abbia ad oggetto controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti e, in tale caso, essa, a seguito dell'accettazione dell'incarico, è vincolante per costoro.
Appare così evidente come il legislatore delegato abbia sostanzialmente recepito nell'impianto codicistico l'orientamento emerso nella precedente giurisprudenza di legittimità sul punto specifico qui considerato.
Aggiungasi che nella stessa ottica va letto l'art. 838-quinquies c.p.c. sulla risoluzione di contrasti sulla gestione di società, il quale, con riferimento agli atti costitutivi delle società a responsabilità limitata e delle società di persone, prevede che essi possono anche contenere clausole con le quali si deferiscono ad uno o più terzi i contrasti tra coloro che hanno il potere di amministrazione in ordine alle decisioni da adottare nella gestione della società.