Sicurezza sul lavoro: delega gestoria e delega di funzioni in ambito societario
16 Marzo 2023
Premessa: il fatto e la quaestio iuris
Nel caso di specie, a seguito di doppia conforme, il presidente e amministratore delegato di una società di capitali ricorreva in cassazione avverso la condanna ex art. 590, comma 3, c.p. per lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (inerenti, in particolare, i luoghi di lavoro ai sensi degli artt. 63 e 64 d.lgs. n. 81/2008) ai danni di un dipendente deducendo, come primo e invero assorbente motivo di ricorso, la contraddittorietà della motivazione quanto a contenuto e portata della delega rilasciata all'amministratore delegato e direttore di stabilimento avente ad oggetto non già - come ritenuto dai giudici di merito - la mera osservanza e applicazione delle predette norme quanto, piuttosto, funzioni di organizzazione e gestione e controllo della sicurezza.
Nell'accogliere il motivo pur a fronte della richiesta di rigetto del Procuratore Generale, disponendo per l'effetto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio, la Corte di cassazione esamina i contenuti dei verbali del consiglio di amministrazione e dell'assemblea ordinaria della società allegati al ricorso per desumerne la sussistenza della delega gestoria prevista dall'art. 2381 c.c. e non di quella funzionale dell'art. 16 d.lgs. n. 81/2008 (pur invocata dal ricorrente), non senza svolgere un'ampia e dettagliata ricognizione della disciplina dei due diversi istituti quantomai opportuna, attese le “confusioni” e “sovrapposizioni” della giurisprudenza in materia che, come accaduto nelle fasi di merito del caso di specie, ricorre al modello della delega di funzioni (Cass. pen., Sez. IV, 6 dicembre 2013, n. 4968) ovvero si limita ad accennare a deleghe “validamente conferite” (Cass., Sez. IV, 1° febbraio 2017, n. 8118, cit.; Sez. IV, 13 novembre 2013, n. 49402) quando dovrebbe viceversa farsi riferimento alla delega gestoria.
Premesso, infatti, che l'individuazione del soggetto responsabile per infortuni sul lavoro nell'ambito di strutture societarie costituisce il thema decidendum spesso più complesso, trattandosi di reati colposi contestati, per lo più in forma omissiva e concorsuale ai sensi del combinato disposto degli artt. 40 cpv. e 113 c.p., a chiunque non abbia fatto quanto poteva per impedire l'evento, il corretto inquadramento della struttura ontologica della delega che di volta in volta viene in rilievo costituisce, come si afferma in sentenza, “passaggio essenziale”. Se nelle società di capitali la posizione datoriale ricade, di regola, sull'amministratore unico o indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (così, tra le tante, oltre alla sentenza in commento, Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2021, n. 2157; Sez. IV, 4 febbraio 2020, n. 7564; Sez. IV, 1 febbraio 2017, n. 8118; Sez. IV, 20 maggio 2013, n. 21628; Sez. IV, 7 aprile 2010, n. 20052; Sez. IV, 2 febbraio 2010, n. 11582; Sez. IV, 11 dicembre 2007, n. 6280; Sez. III, 19 aprile 2005, n. 29229; Sez. IV, 26 gennaio 2005, n. 18558; Sez. IV, 5 dicembre 2003, n. 4981) è comunque possibile che, ove previsto dallo statuto o autorizzato dai soci, quest'ultimo deleghi le proprie attribuzioni o solo alcune di esse a uno o più dei suoi componenti ovvero a un comitato esecutivo (board), per lo più nelle imprese di grandi dimensioni ove ciò sia funzionale al raggiungimento dello scopo dell'attività economica (Cass., Sez. IV, 2 marzo 2021, n. 21522).
In tal caso, lo strumento è quello della delega gestoria i cui presupposti, limiti ed effetti sono disciplinati dall'art. 2381 c.c. e in relazione al quale si pone l'esigenza di verificare in concreto l'effettività dei poteri decisionali e di spesa in capo a chi risulti formalmente delegato ai fini della sua individuazione come “datore di lavoro” secondo la definizione dell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008 (Cass., Sez. IV, 10 novembre 2017, n. 5505).
Al riguardo, la sentenza in commento chiarisce pure che, sebbene il consiglio di amministrazione possa impartire direttive e comunque avocare a sé operazioni rientranti nella delega a norma dell'art. 2381, comma 3, c.c., non si crea una competenza concorrente ma una concentrazione di poteri alla quale deve corrispondere in via generale una responsabilità esclusiva degli organi delegati. La delega, in quanto diretta ad assicurare un adempimento più efficiente della funzione gestoria attraverso la valorizzazione delle competenze e delle professionalità esistenti all'interno del consiglio, attiene pertanto alla individuazione della posizione di garanzia originaria del datore di lavoro in quanto connessa agli obblighi lui imposti ex lege.
Quanto, invece, alla delega di funzioni - già implicitamente riconosciuta dal d.lgs. n. 626/1994 nella previsione tassativa di attività non delegabili ma poi disciplinata in positivo dall'art. 16 n. d.lgs. 81/2008 peraltro con ampio, ancorché non integrale, recepimento della elaborazione giurisprudenziale precedente – la sentenza, richiamando anche le statuizioni in merito delle Sezioni Unite Thyssenkrupp (sent. 24 aprile 2014, n. 383423), vi ravvisa lo strumento con cui il datore di lavoro (non il dirigente o il preposto, pur investiti a titolo originario di compiti a tutela della sicurezza sul lavoro) trasferisce poteri e doveri per legge connessi al proprio ruolo ad un altro soggetto che diventa così garante a titolo derivativo secondo un meccanismo di “traslazione” delle responsabilità subordinato alla sussistenza di determinati requisiti di validità, efficacia ed effettività.
Si delinea, in questi termini, una netta distinzione tra la concentrazione della funzione gestoria che rappresenta l'adozione di un modello organizzativo tra soggetti comunque titolari della posizione datoriale e il trasferimento di singole e limitate funzioni a soggetti altrimenti privi di responsabilità a titolo originario che riverbera i suoi effetti, anzitutto, sul contenuto della delega.
Da un lato, infatti - diversamente da quanto ritenuto nella sentenza oggetto di annullamento con rinvio nel caso di specie - il riferimento all'attribuzione di autonomi e adeguati poteri di spesa, se integra requisito di efficacia della delega ex art. 16 d.lgs. n. 81/2008, non appare necessario ai fini di quella ex art. 2381 c.c. in quanto rilasciata a soggetto di per sé già investito della posizione datoriale e, pertanto, titolare di quel potere.
Dall'altro lato, gli obblighi della valutazione del rischio e della nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione che costituiscono l'essenza della posizione datoriale possono rientrare nell'oggetto della delega gestoria mentre sono escluse dalla delega di funzioni (art. 17 d.lgs. n. 81/2008).
Ulteriore conseguenza si apprezza sui possibili successivi livelli di responsabilità in quanto mentre la delega ex art. 2381 c.c. consente poi il ricorso alla delega ed eventualmente, sia pur d'intesa col datore di lavoro, alla subdelega di funzioni, il delegato ex art. 16 d.lgs. n. 81/2008 ha a disposizione un solo livello di subdelega, atteso il limite ivi previsto al comma 3-bis.
Da ultimo, vanno evidenziati i riflessi sul piano dell'imputazione della responsabilità amministrativa dipendente reato - peraltro di recente attenzionati dalla stessa giurisprudenza di Cassazione (Sez. IV, 21 settembre 2022, n. 34943) - atteso che mentre chi riceve una delega gestoria, in quanto titolare di funzioni di amministrazione, è pur sempre soggetto apicale ai sensi dell'art. 5 comma 1 lett. a), d.lgs. n. 231/2001 in grado di far scattare nei confronti della società il criterio d'imputazione dell'art. 6 d.lgs. n. 231/2001, il delegato ex art. 16 d.lgs. 81/2008, in quanto munito di poteri di organizzazione, gestione e controllo con autonomia di spesa adeguati all'esercizio di limitate funzioni e non già dell'amministrazione o gestione dell'ente nel suo complesso o di una sua unità organizzativa, deve essere qualificato come soggetto sottoposto ad altrui direzione e vigilanza ai sensi dell'art. 5, comma 1, lett. b), potendo semmai determinare l'attivazione del diverso criterio d'imputazione dell'art. 7 d.lgs. n. 231/2001 (in tal senso, volendo, già D. Piva, La responsabilità del “vertice” per organizzazione difettosa nel diritto penale del lavoro, Napoli, 2011, 291 s.). La differenza tra controllo sul generale andamento della gestione e vigilanza sul corretto espletamento delle funzioni trasferite
Ma è anche sulla modulazione dei rapporti tra deleganti e delegati che si avvertono le differenze tra delega gestoria e delega di funzioni, essendo il residuo dovere di vigilanza del delegante connesso, rispettivamente, agli obblighi di valutazione e informazione degli artt. 2381, comma 3 e 2392, comma 2, c.c. o a quelli di verifica e controllo di cui agli artt. 16 comma 3 e 30 comma 4 d.lgs. n. 81/2008.
Il primo, specie a seguito dell'alleggerimento dei doveri di vigilanza di tutti gli amministratori per effetto del d.lgs. n. 6/2003, consiste nel dover valutare l'adeguatezza dell'assetto organizzativo e, sulla base dei flussi informativi ricevuti dai delegati secondo la periodicità fissata dallo statuto e comunque almeno ogni sei mesi, l'andamento generale della gestione anche al fine di impedire il compimento di fatti pregiudizievoli di cui si abbia conoscenza: tradotto ai nostri fini, un dovere di informazione non sugli aspetti minuti ma sulla complessiva gestione della sicurezza aziendale nonché di intervento sostitutivo, anche con adozione di singole misure specifiche, ove si apprenda di situazioni di rischio non adeguatamente governate (Cass. pen., Sez. IV, 6 dicembre 2013, n. 4968, cit.; Sez. IV, 11 luglio 2002, n. 988).
Il secondo richiede invece l'adozione, efficace attuazione e il periodico riesame di un modello di verifica e controllo adattato a natura, oggetto e dimensioni dell'ente e comunque modificato ogniqualvolta siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico. Si tratta, cioè, di un'“alta vigilanza” che non deve riguardare il merito delle singole scelte bensì il complessivo adempimento del debito di protezione e controllo affidato al delegato (Cass. pen., Sez. IV, 13 dicembre 2019, n. 50427, in Sist. Pen., 10 gennaio 2020; Cass. pen., Sez IV, 1 febbraio 2012, n. 10702, Rv. 242675; Sez. IV, IV, 21 aprile 2016, n. 22837 Rv 267319) secondo parametri analoghi a quelli intorno ai quali si costruisce la responsabilità amministrativa della società ex art. 25-septies d.lgs. n. 231/2001: come già ampiamente rilevato in altra sede (D. Piva, La responsabilità del “vertice” per organizzazione difettosa nel diritto penale del lavoro, cit., 289 ss.), se si individua il fulcro della sicurezza in azienda nella complessiva gestione dell'attività dell'impresa il dato oggettivo rappresentato dall'assetto organizzativo finisce infatti per rappresentare il punto di riferimento necessario alla cui stregua misurare sia la valutazione del corretto adempimento dei doveri del datore di lavoro, sia l'ascrivilibità all'ente dell'illecito amministrativo dipendente da grave infortunio.
Il controllo imposto al delegante, sia nella delega gestoria che nella delega di funzioni, sembra tuttavia dover parimenti assumere un carattere organizzativo, protocollare e procedimentalizzato e appare finalizzato all'attivazione di interventi sostitutivi ma mentre quello dell'art. 16 d.lgs. n. 81/2008 riguarda l'idoneità del sistema di sicurezza a garantire l'osservanza delle norme prevenzionistiche ed è rimesso alle scelte del datore di lavoro eventualmente orientate al rispetto degli standard di certificazione (art. 30, comma 5, d.lgs. n. 81/2008), quello dell'art. 2381 c.c. si inserisce nel contesto di flussi societari a tempistiche definite articolandosi, secondo il diverso modello di governance prescelto, in valutazioni sull'andamento della gestione da parte di un organo di cd. “alta direzione” in quanto sovraordinato anche al datore di lavoro. La sentenza in commento, in linea con l'indirizzo già consolidato, circoscrive l'efficacia della delega gestoria all'interno del consiglio di amministrazione proprio in quanto riguardante la dislocazione di poteri decisionali e di spesa in materia di sicurezza tra soggetti comunque già titolari ab origine della funzione datoriale.
In coerenza con la premessa teorica di partenza e con la necessità di non consentire all'organo collegiale di abdicare in toto alla posizione datoriale si deve pertanto distinguere, sia dalla delega gestoria sia dalla delega di funzioni, la diversa fattispecie, invero diffusa nella prassi, dell'individuazione con delibera del consiglio ad hoc di un datore di lavoro esterno, foss'anche direttore generale o dirigente della società, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008.
Diversamente dalla delega gestoria, infatti, l'atto impone un riferimento espresso a poteri decisionali e di spesa di cui altrimenti il soggetto, in quanto non amministratore, non sarebbe titolare, fermo restando che deve trattarsi di designazione effettiva e non cartolare.
A queste condizioni, l'individuazione riguarda poi un datore di lavoro che, a differenza del delegato di funzioni, assume a titolo originario anche gli obblighi indelegabili di cui all'art. 17 d.lgs. 81/2008 potendo a sua volta ricorrere al successivo trasferimento a terzi nei limiti e agli effetti dell'art. 16 d.lgs. n. 81/2008.
Ma soprattutto, in questo caso non si determina una riduzione della posizione di garanzia dei consiglieri di amministrazione al predetto dovere di informazione di cui all'art. 2381 commi 3 e 4 c.c. ma si istituisce una competenza concorrente dell'extraneus all'adempimento degli obblighi datoriali cui corrisponde una responsabilità non esclusiva bensì aggiuntiva a quella dell'intero consiglio tenuto per l'effetto a intervenire non già solo ove a conoscenza di situazioni di rischio, ma ogniqualvolta vi sia la necessità di garantire tempestiva osservanza di cautele imposte dalla legge. A ciò, peraltro, conduce pure, a livello sistematico, la disciplina di cui all'art. 299 d.lgs. n. 81/2008 che valorizza l'esercizio di fatto di poteri direttivi da parte di chi risulti privo di regolare investitura e, a fortiori di chi risulti formalmente individuato dal consiglio di amministrazione, ma solo in aggiunta e non in sostituzione del datore di lavoro di diritto come indica l'avverbio “altresì” ivi utilizzato: ad ulteriore dimostrazione che la legge responsabilizza figure diverse dal soggetto ab origine titolare della posizione datoriale, rendendole destinatarie degli obblighi di prevenzione sulla base del noto principio di effettività secondo una logica di addizione e non di sottrazione, a maggior tutela degli interessi in gioco. |