Se nelle società di capitali la posizione datoriale ricade, di regola, sull'amministratore unico o indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (così, tra le tante, oltre alla sentenza in commento, Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2021, n. 2157; Sez. IV, 4 febbraio 2020, n. 7564; Sez. IV, 1 febbraio 2017, n. 8118; Sez. IV, 20 maggio 2013, n. 21628; Sez. IV, 7 aprile 2010, n. 20052; Sez. IV, 2 febbraio 2010, n. 11582; Sez. IV, 11 dicembre 2007, n. 6280; Sez. III, 19 aprile 2005, n. 29229; Sez. IV, 26 gennaio 2005, n. 18558; Sez. IV, 5 dicembre 2003, n. 4981) è comunque possibile che, ove previsto dallo statuto o autorizzato dai soci, quest'ultimo deleghi le proprie attribuzioni o solo alcune di esse a uno o più dei suoi componenti ovvero a un comitato esecutivo (board), per lo più nelle imprese di grandi dimensioni ove ciò sia funzionale al raggiungimento dello scopo dell'attività economica (Cass., Sez. IV, 2 marzo 2021, n. 21522).
In tal caso, lo strumento è quello della delega gestoria i cui presupposti, limiti ed effetti sono disciplinati dall'art. 2381 c.c. e in relazione al quale si pone l'esigenza di verificare in concreto l'effettività dei poteri decisionali e di spesa in capo a chi risulti formalmente delegato ai fini della sua individuazione come “datore di lavoro” secondo la definizione dell'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008 (Cass., Sez. IV, 10 novembre 2017, n. 5505).
Al riguardo, la sentenza in commento chiarisce pure che, sebbene il consiglio di amministrazione possa impartire direttive e comunque avocare a sé operazioni rientranti nella delega a norma dell'art. 2381, comma 3, c.c., non si crea una competenza concorrente ma una concentrazione di poteri alla quale deve corrispondere in via generale una responsabilità esclusiva degli organi delegati. La delega, in quanto diretta ad assicurare un adempimento più efficiente della funzione gestoria attraverso la valorizzazione delle competenze e delle professionalità esistenti all'interno del consiglio, attiene pertanto alla individuazione della posizione di garanzia originaria del datore di lavoro in quanto connessa agli obblighi lui imposti ex lege.
Quanto, invece, alla delega di funzioni - già implicitamente riconosciuta dal d.lgs. n. 626/1994 nella previsione tassativa di attività non delegabili ma poi disciplinata in positivo dall'art. 16 n. d.lgs. 81/2008 peraltro con ampio, ancorché non integrale, recepimento della elaborazione giurisprudenziale precedente – la sentenza, richiamando anche le statuizioni in merito delle Sezioni Unite Thyssenkrupp (sent. 24 aprile 2014, n. 383423), vi ravvisa lo strumento con cui il datore di lavoro (non il dirigente o il preposto, pur investiti a titolo originario di compiti a tutela della sicurezza sul lavoro) trasferisce poteri e doveri per legge connessi al proprio ruolo ad un altro soggetto che diventa così garante a titolo derivativo secondo un meccanismo di “traslazione” delle responsabilità subordinato alla sussistenza di determinati requisiti di validità, efficacia ed effettività.
Si delinea, in questi termini, una netta distinzione tra la concentrazione della funzione gestoria che rappresenta l'adozione di un modello organizzativo tra soggetti comunque titolari della posizione datoriale e il trasferimento di singole e limitate funzioni a soggetti altrimenti privi di responsabilità a titolo originario che riverbera i suoi effetti, anzitutto, sul contenuto della delega.
Da un lato, infatti - diversamente da quanto ritenuto nella sentenza oggetto di annullamento con rinvio nel caso di specie - il riferimento all'attribuzione di autonomi e adeguati poteri di spesa, se integra requisito di efficacia della delega ex art. 16 d.lgs. n. 81/2008, non appare necessario ai fini di quella ex art. 2381 c.c. in quanto rilasciata a soggetto di per sé già investito della posizione datoriale e, pertanto, titolare di quel potere.
Dall'altro lato, gli obblighi della valutazione del rischio e della nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione che costituiscono l'essenza della posizione datoriale possono rientrare nell'oggetto della delega gestoria mentre sono escluse dalla delega di funzioni (art. 17 d.lgs. n. 81/2008).
Ulteriore conseguenza si apprezza sui possibili successivi livelli di responsabilità in quanto mentre la delega ex art. 2381 c.c. consente poi il ricorso alla delega ed eventualmente, sia pur d'intesa col datore di lavoro, alla subdelega di funzioni, il delegato ex art. 16 d.lgs. n. 81/2008 ha a disposizione un solo livello di subdelega, atteso il limite ivi previsto al comma 3-bis.
Da ultimo, vanno evidenziati i riflessi sul piano dell'imputazione della responsabilità amministrativa dipendente reato - peraltro di recente attenzionati dalla stessa giurisprudenza di Cassazione (Sez. IV, 21 settembre 2022, n. 34943) - atteso che mentre chi riceve una delega gestoria, in quanto titolare di funzioni di amministrazione, è pur sempre soggetto apicale ai sensi dell'art. 5 comma 1 lett. a), d.lgs. n. 231/2001 in grado di far scattare nei confronti della società il criterio d'imputazione dell'art. 6 d.lgs. n. 231/2001, il delegato ex art. 16 d.lgs. 81/2008, in quanto munito di poteri di organizzazione, gestione e controllo con autonomia di spesa adeguati all'esercizio di limitate funzioni e non già dell'amministrazione o gestione dell'ente nel suo complesso o di una sua unità organizzativa, deve essere qualificato come soggetto sottoposto ad altrui direzione e vigilanza ai sensi dell'art. 5, comma 1, lett. b), potendo semmai determinare l'attivazione del diverso criterio d'imputazione dell'art. 7 d.lgs. n. 231/2001 (in tal senso, volendo, già D. Piva, La responsabilità del “vertice” per organizzazione difettosa nel diritto penale del lavoro, Napoli, 2011, 291 s.).