Pignoramento presso terzi del compenso del professionista facente parte di un'associazione professionale
16 Marzo 2023
Massima
I compensi dovuti a un professionista, facente parte di un'associazione professionale, possono essere pignorati nei confronti dei suoi clienti nelle forme del pignoramento presso terzi, a nulla rilevando che egli abbia delegato altri all'incasso, oppure si sia obbligato, nei confronti dell'associazione medesima, a riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale, salvo che non vi sia stata una formale cessione dei suddetti crediti. Il caso
La Banca Alfa avviava espropriazione presso terzi in danno di Tizio (commercialista facente parte di un'associazione fra professionisti) per i compensi a questi dovuti da quattro società nelle quali aveva rivestito la qualità di membro del collegio sindacale. A seguito delle dichiarazioni negative rese dalle società terze pignorate- le quali affermavano di essere debitrici non di tizio ma dell'associazione professionale di cui quest'ultimo faceva parte- veniva avviato dalla Banca giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis) che si concludeva con sentenza sfavorevole per la creditrice, avendo il Tribunale dichiarato che Tizio non era creditore delle società terze pignorate. La decisione di primo grado veniva confermata anche in appello. Avverso detta ultima sentenza la Banca proponeva ricorso in Cassazione. La questione
Nella decisione in commento viene affrontata la questione del rapporto fra professionista ed associazione professionale delegata all'incasso dei compensi spettanti al primo per le prestazioni svolte nei confronti di terzi ed oggetto di espropriazione forzata. In particolare è affrontata la problematica concernente la differenza fra cessione del credito, opponibile al creditore al ricorrere di determinati presupposti, e mera delega all'incasso. Le soluzioni giuridiche
L'ordinanza in commento affronta un tema interessante, sul quale non si rinvengono precedenti di legittimità con specifico riferimento all'espropriazione presso terzi, relativo alla titolarità del credito per compensi, dovuto per prestazioni svolte in favore di terzi, del professionista che faccia parte di un'associazione professionale. Nella specie, le società terze pignorate avevano reso dichiarazione negativa proprio sul presupposto che tutti i rapporti contrattuali erano stati da loro intrattenuti con lo studio associato e non con il singolo professionista. Nei due gradi di giudizio, i Giudici di merito avevano valorizzato il contenuto dello statuto dell'associazione nonché i contratti stipulati con le società terze che, da un lato, prevedevano che all'associazione spettasse la facoltà di riscossione dei crediti degli associati e, dall'altro, che la remunerazione per la carica fosse dovuta all'associazione. Da questi elementi traevano la conclusione che le società pignorate fossero debitrici dell'associazione e non del singolo associato. Tuttavia, la Suprema Corte pone l'accento su alcune circostanze di decisiva importanza. La prima è relativa alla natura personale dell'incarico di membro del collegio sindacale che, in base all'art. 2397 c.c., può essere svolto esclusivamente da una persona fisica, con la conseguenza che il diritto al compenso per prestazione d'opera professionale non può che spettare al sindaco, ferma restando la facoltà di trasferire il credito a terzi. La seconda riguarda invece la facoltà, per l'associazione, di esigere i crediti spettanti ai propri associati; detta possibilità, infatti, secondo i giudici di legittimità concorre con quella del titolare effettivo (ovvero il socio) e non priva quest'ultimo del proprio diritto di credito. Secondo la Corte di cassazione, infatti, il mero trasferimento della legittimazione all'esercizio od all'incasso non è opponibile al creditor creditoris, a differenza della cessione del credito che muta la titolarità soggettiva. I patti interni all'associazione, concernenti l'obbligo per il socio di versare i compensi in favore dell'associazione, costituiscono «un obbligo interno vincolante i soli membri dell'associazione, come tale inopponibile ai creditori del singolo associato, per l'ovvio divieto di stipulare contratti de iure tertii. Ed infatti chi promette di versare al promissario quanto dovuto al promittente da un proprio debitore non rende il promissario creditore di quest'ultimo». Il trasferimento dei compensi, da parte del professionista in favore dell'associazione, è cosa ben diversa dalla cessione del credito che presuppone un atto formale in tal senso. I giudici di legittimità si preoccupano anche di precisare che non attinenti alla fattispecie sono i principi giurisprudenziali richiamati dai resistenti e di recente ulteriormente ribaditi con la decisione Cass. civ., sez. II, ord., 26 gennaio 2022, n. 2332 che ha precisato che «Lo studio professionale associato, ancorché privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, con la conseguenza che il giudice di merito, che sia chiamato a delibare in ordine alla legittimazione attiva dello studio professionale, ove accerti che gli accordi tra gli associati prevedono l'attribuibilità degli incarichi professionali anche all'associazione e la spettanza ad essa dei compensi per gli incarichi conferiti ai soci, è tenuto ad individuare il soggetto cui, a prescindere dalla procura "ad litem", sia stato conferito l'incarico professionale, oltre a verificare, sulla base del contenuto degli accordi tra i singoli associati per la disciplina dell'attività comune, l'eventuale attribuzione all'associazione del potere di rappresentanza del singolo associato cui l'incarico sia stato direttamente conferito». Precisa la Corte, infatti, che le decisioni richiamate si limitano ad affermare che la legittimazione dell'associazione ad esigere i crediti dell'associato verso terzo spetta se essa «stipula il contratto e ne delega l'esecuzione» all'associato, e sempre che il giudice di merito «accerti tale circostanza». Ma come detto, nella specie, l'incarico svolto dal professionista non è avvenuto per una mera delega di esecuzione ma per attribuzione diretta e ciò in quanto l'incarico in sé di sindaco, per espressa previsione codicistica, non avrebbe comunque potuto essere svolto da un soggetto diverso dalla persona fisica. Osservazioni
La decisione in commento, di fatto, valorizza la nota differenza fra cessione del credito e mera delegazione di pagamento. Com'è noto, la cessione del credito, notificata al terzo pignorato, antecedentemente alla notifica del pignoramento è opponibile al creditore (a contrario ex art. 2914 c.c. secondo cui «Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento (…) le cessioni di crediti che siano state notificate al debitore ceduto o accettate dal medesimo successivamente al pignoramento»). La stessa comporta un mutamento soggettivo nella persona del creditore ed il trasferimento del diritto in capo ad altro soggetto (il cessionario), a differenza di quanto avviene nella delegazione di pagamento che, al contrario, non comporta alcun trasferimento del diritto. In tema di cessione del credito e di pignoramento presso terzi si segnala la recentissima decisione Cass. civ., sez. III, ord., 4 gennaio 2023, n. 108 secondo cui «Quando la cessione del credito avvenga per contratto e non per atto unilaterale, la notificazione dell'atto di cessione al debitore ceduto da parte del cessionario, nei rapporti tra essi è inidonea a dimostrare l'avvenuta cessione del contratto, se priva della sottoscrizione anche del cedente». |