Riforma processo civile: verifiche preliminari e valorizzazione del decreto di fissazione dell'udienza

Roberto Masoni
22 Marzo 2023

Il contributo affronta la tematica - di grandissimo rilievo pratico - delle attività preliminari ex art. 171-bis c.p.c. nel nuovo rito di primo grado delineato dalla riforma cd. Cartabia, le quali sono state anticipate ad uno stato processuale antecedente l'udienza di prima comparizione delle parti. 
Le verifiche preliminari

Nel nuovo rito le verifiche preliminari sono state anticipate ad uno stato processuale antecedente l'udienza di prima comparizione delle parti.

Dispone l'art. 171-bis c.p.c.: «scaduto il termine di cui all'art. 166, il giudice istruttore, entro i successivi quindici giorni, verificata d'ufficio la regolarità del contraddittorio, pronuncia, quando occorre, i provvedimenti previsti dagli artt. 102, secondo comma, 107, 164, secondo, terzo, quinto e sesto comma, 167, secondo e terzo comma, 171, terzo comma, 182, 269, secondo comma, 291 e 292, e indica alle parti le questioni rilevabili d'ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, anche con riguardo alle condizioni di procedibilità della domanda e alla sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato. Tali questioni sono trattate dalle parti nelle memorie integrative di cui all'art. 171-ter. Quando pronuncia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice, se necessario, fissa la nuova udienza per la comparizione delle parti, rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall'art. 171-ter. Se non provvede ai sensi del secondo comma, conferma o differisce, fino ad un massimo di quarantacinque giorni, la data della prima udienza rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall'art. 171-ter. Il decreto è comunicato alle parti costituite a cura della cancelleria».

Sempre in questo stato del processo, in sede di verifiche preliminari, è stata anticipata l'indicazione alle parti delle questioni rilevabili d'ufficio di cui il g.i. ritenga opportuna la trattazione, «anche con riguardo alle condizioni di procedibilità della domanda», con trasparente richiamo alle verifiche sull'effettuata mediazione, ovvero sulla negoziazione assistita.

Ancora, il giudice potrebbe indicare alle parti se, secondo la sua valutazione, ricorrano i presupposti di passaggio al rito semplificato (art. 281-decies e ss. c.p.c.).

Condizioni di procedibilità

Da un punto di vista ricostruttivo, ci si può criticamente domandare se il range di verifiche che il giudice può esperire ante udienza di comparizione sia limitato unicamente a quelle indicate dalla norma di nuovo conio.

Ipotizzando la soluzione negativa, ammettendo così un controllo ad ampio spettro, ci si può chiedere, in correlazione al rispetto del principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c.), se possa essere assegnato, già in questa sede preliminare, un termine alle parti, che non vi abbiano antecedentemente provveduto, per l'esperimento della mediazione o della negoziazione assistita.

Le questioni rilevate d'ufficio dal giudice possono essere trattate dalle parti «nelle memorie integrative di cui all'art. 171-ter».

La risposta positiva al quesito sembra argomentabile sulla scorta del dato positivo.

Il sistema consente al giudice il rilievo d'ufficio con riguardo al mancato esperimento della mediazione «non oltre la prima udienza» (art. 5 d.lgs. n. 28/2010), come pure, negli stessi termini, della negoziazione assistita (art. 3 d.l. n. 132/2014), con ciò implicitamente ammettendo la legittimità del rilievo anticipato del mancato avveramento della condizione di procedibilità compiuto antecedentemente l'udienza.

D'altro canto, il rilievo dell'improcedibilità non pare ricadere nel focus delle questioni rilevate d'ufficio da «porre a fondamento della decisione» (art. 101, capoverso, c.p.c.).

Laddove si ammetta la possibilità di rilevare d'ufficio il mancato avveramento delle condizioni di procedibilità della domanda in sede di verifiche preliminari, con assegnazione del termine per l'esperimento, sarebbe giocoforza differire la data della prima udienza, a norma del comma 3 dell'art. 171-bis.

Due eventualità

A questo punto si pongono due eventualità.

Sempre in questa fase preliminare, il giudice, nei quindici giorni successivi, pronunzia i provvedimenti ex primo comma a seguito delle verifiche preliminari, oppure a ciò non provvede.

Il capoverso dell'art. 171-bis ha cura di precisare che, se pronunzia i provvedimenti indicati nel primo comma, il giudice, «se necessario», fissa la nuova udienza di comparizione delle parti, onde permettere alle stesse il compimento delle attività procedurali disposte dal giudicante.

In tal caso, il differimento d'udienza è facoltativo, dato che esso dipende dalla tipologia di verifiche che vengono compiute, tenendo conto se le stesse richiedano un differimento d'udienza per l'espletamento degli incombenti disposti.

Lo stesso, ad es., non si imporrà se il giudice si limiti a dichiarare la contumacia del convenuto.

Viceversa, esso sarà necessariamente disposto in ipotesi di chiamata di terzo, ovvero, nel caso in cui venga disposta integrazione del contraddittorio (art. 102 c.p.c.).

La seconda ipotesi considerata è quella dell'omessa pronunzia dei provvedimenti «preliminari».

Se il giudice non effettua le verifiche preliminari, non gli rimarrà che attendere l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c. per espletarle. In tal caso, non sono previste sanzioni processuali di sorta a carico delle parti o del giudice in conseguenza dell'omessa pronunzia; per quanto «l'astratta modellistica dell'attuale legislatore ne riceverà uno sfregio».

Va considerato che la sequenza dei termini assegnati al giudice per le verifiche in discorso suppone un ritmo concatenato di adempimenti procedurali in sequenza.

Dato che il tempo assegnato per i giudiziali controlli preliminari si interseca con i termini a disposizione delle parti per deposito delle memorie integrative ex art. 171-ter c.p.c. (su cui infra).

Il tempo delle verifiche giudiziali

Oltre alle due eventualità ricordate in precedenza, può ipotizzarsi un terzo sviluppo sequenziale: ravvisabile nel ritardato espletamento delle verifiche preliminari.

Il tempo che la riforma processuale assegna al giudice per esperire i controlli preliminari è strettamente concatenato e si interseca con i termini assegnati per la redazione delle difese delle parti.

In particolare, la legge assegna al giudice un termine (di natura ordinatoria) di 15 giorni per esperire i controlli preliminari (art. 171-bis c.p.c.). Il termine decorre dal momento della costituzione in giudizio del convenuto, che deve avvenire settanta giorni prima dell'udienza di comparizione (art. 166 c.p.c.).

Se il giudice non rispetta il termine per effettuare tali verifiche il ritardo si riverbera sul termine a difesa che il legislatore ha inteso garantire alle parti per la redazione delle memorie integrative. Dato che, a partire dalla scadenza del termine assegnato per il controllo giudiziale, le parti, a loro volta, hanno a disposizione un termine di gg. 15 per la stesura ed il deposito della prima memoria integrativa, posto che il deposito di essa deve avvenire quaranta giorni prima dell'udienza di comparizione (art. 171-ter, n. 1, c.p.c.).

Il rispetto di questo termine a difesa per la stesura della prima memoria integrativa sembra rivestire significativa valenza onde consentire l'effettivo esercizio del diritto di difesa in giudizio.

Onde garantire pienezza ed effettività a questa facoltà processuale, il termine assegnato dal codice per il tempestivo riscontro delle verifiche preliminari da parte del giudice dovrebbe sempre essere rispettato.

Tuttavia, laddove il giudicante pronunzi il decreto ex art. 171-bis in limine di scadenza, il termine a difesa per le parti potrebbe subire significativa erosione nella sua durata per effetto di una duplice contingenza esteriore.

L'erosione potrebbe ascriversi ad intempestiva comunicazione del decreto giudiziale da parte della cancelleria che, per motivi organizzativi, ne ritardi lo scarico; ed ancora la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi laddove la scadenza del termine di deposito della prima memoria, prevista dal legislatore secondo un conteggio di termini a ritroso, scada in giorno festivo. In tal caso, la scadenza del termine resta anticipata (e non posticipata: art. 155, comma 4, c.p.c.) al primo giorno non festivo (Cass. pen. 15 dicembre 2022, n. 944; Cass. civ. 4 febbraio 2020, n. 2512; Cass. civ. 30 giugno 2014, n. 14767).

Come si vede, in presenza di tali eventualità il diritto di difesa potrebbe essere conculcato.

In presenza del combinato disposto di tali negative contingenze, il termine a difesa potrebbe risultare eroso.

A sua volta, la violazione del termine a difesa di quindici giorni per la redazione della prima memoria potrebbe determinare una nullità per lesione del diritto di difesa.

Laddove il g.i. non sia in grado di rispettare il termine di 15 giorni assegnato per compiere i controlli preliminari, la prima udienza va differita (art. 171-bis, comma 3, c.p.c.), onde garantire alle parti di fruire nella sua pienezza del termine di stesura e deposito della prima memoria integrativa.

Pianificazione della prima udienza

A seguito di giudiziale riscontro ex art. 171-bis c.p.c., potrebbe risultare la correttezza formale della procura e la legittimazione attiva in capo all'attore, come pure la non necessità di disporre l'integrazione del contraddittorio, oltrechè la sussistenza delle condizioni di procedibilità della domanda, senza necessità di giudiziali pronunzie di sorta.

In tal caso, il terzo comma della norma in esame, dispone: «se non provvede ai sensi del secondo comma, conferma o differisce, fino ad un massimo di quarantacinque giorni, la data della prima udienza rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall'art. 171-ter».

Stando alla Relazione ministeriale, «in ogni caso» il giudice dovrebbe pronunziare decreto che conferma o differisce la data della prima udienza fissata in citazione. La norma novellata, non precisa entro quanto tempo il decreto di conferma o di differimento udienza vada pronunziato. Potrebbe ipotizzarsi che anch'esso vada pronunziato dopo la costituzione in giudizio del convenuto.

Tale obbligatorio provvedimento non sembra troppo dissimile da quello previsto dall'attuale formulazione dell'art. 168-bis, comma 5, c.p.c., di differimento dell'udienza «fino ad un massimo di quarantacinque giorni». Il provvedimento viene pronunziato dal giudice «per consentire di meglio organizzare il ruolo», in funzione di pianificazione dell'udienza di cui all'art. 183 c.p.c., da parametrare in relazione al numero ed alla tipologia di incombenti trattabili in sede di prima udienza.

Nel nuovo regime, l'obbligatoria adozione del provvedimento si comprende in ottica di chiarificazione da parte del magistrato degli adempimenti futuri, oltrechè in funzione di organizzazione e positiva gestione del ruolo.

Ulteriori contenuti del decreto

Mentre per le questioni rilevabili d'ufficio sussiste giudiziale obbligo di provocare il contraddittorio delle parti ex art. 101 c.p.c., a pena di nullità (con riguardo, ad es., all'eventuale incompetenza), per altri profili preliminari tale obbligo non ricorre.

In sede di verifiche preliminari potrebbe rivelarsi utile, nell'ottica di garantire concentrazione, speditezza e ragionevole durata del processo, indicare nel decreto ex comma 4, l'opportunità della comparizione personale delle parti alla prima udienza ex art. 183 c.p.c., ovvero, per converso, precisare che la comparizione personale, astrattamente e salvo diversa indicazione dei difensori, non si riveli utile e necessaria.

L'esperienza insegna che talune controversie difficilmente sono componibili. In particolare quando la materia del contendere sia focalizzata su una questione di diritto, o in relazione alla tipologia del contenzioso inteso in astratto (si pensi, ad es., alle controversie di diritto bancario o assicurativo, ovvero, a quelle in materia di appalto); ovvero, ancora, quando il punctum dolens riguardi la soluzione di una questione tecnica, solubile tramite intervento dell'ausiliario del giudice (si pensi, ancora una volta, alla materia dell'appalto di opere, all'incidentistica stradale o, ancora, alle controversie in materia di colpa medica o per responsabilità professionale).

In tali casi, assai difficilmente la comparizione personale delle parti all'udienza di prima comparizione può rivelarsi utile ad un componimento compositivo della lite in funzione deflattiva, potendo invece appesantirne la trattazione, sovraccaricando inutilmente il ruolo d'udienza del giudice.

Cartolarizzazione dell'udienza di prima comparizione

Una volta compulsati gli atti introduttivi del giudizio (citazione e comparsa di risposta) e valutata superflua la comparizione personale delle parti in relazione alla tipologia del contenzioso ed alle difese articolate dalle parti costituite (come si è testè notato), il giudice, mediante decreto ex art. 171-bis, potrebbe cartolarizzare l'udienza ex art. 183 c.p.c., che potrebbe essere sostituita dal deposito di brevi note scritte ex art. 127-ter c.p.c.

Tale sostituzione d'udienza, essendo altrimenti prevista comparizione personale delle parti per interrogatorio libero e tentativo di conciliazione, in ogni altro caso dovrebbe ritenersi tendenzialmente incompatibile rispetto al nuovo modulo di introduzione della causa.

A fronte dell'ipotizzabile, secondo un giudizio ex ante, non componibilità della vertenza e della superfluità della comparizione personale delle parti in relazione alle circostanze del caso concreto, mediante pronunzia di decreto ex art. 171-bis, comma 3, come qui si ipotizza, il giudice potrebbe scegliere di cartolarizzare la prima udienza di comparizione.

In tal caso, il termine a difesa di 15 giorni per deposito delle note scritte (con annessa possibilità di opposizione entro cinque giorni dalla sua comunicazione), decorrendo dalla pronunzia del decreto (art. 127-ter, comma 2, c.p.c.), si intersecherebbe col termine di deposito delle memorie integrative.

Questi atti, ed in particolare l'ultima memoria, potrebbero divenire veicolo per prendere posizione anche sulla cartolarizzazione così disposta.

Secondo questa prospettiva, il risparmio di tempo e di energie per la giurisdizione sarebbe trasparente; sceverando comparizioni personali che ab origine ed in astratto potrebbero palesarsi inutili e non proficue in ottica deflattiva, potenzialmente in grado di ingolfare inutilmente il ruolo d'udienza; comparizioni che, al contempo, sono viste come inutile perdita di tempo dalle parti, normalmente renitenti a comparire innanzi al giudice.

In conclusione

Dal disegno tracciato dal riformatore pare emergere la necessità de una pianificazione effettiva delle attività processuali da espletare in sede di prima udienza di comparizione, in continuità con quanto dispone il testo vigente dell'art. 168-bis, comma 5, c.p.c.; dato che, «senza un'effettiva programmazione, appare improbabile che la trattazione della causa possa utilmente iniziare nonostante l'avvenuto scambio delle memorie integrative» (COSTANTINO).

La tipologia dei controlli che il giudice esplica in sede di verifiche preliminari ed il contenuto del decreto che, all'esito pronunzia, non sembra essere di tipo rigido, tassativo e predeterminato, limitato unicamente alla pronunzia dei soli provvedimenti indicati nel primo comma dell'art. 171-bis.

Come si è ipotizzato in questa sede, con tale provvedimento il g.i. potrebbe, non solo valutare la sussistenza della condizione di procedibilità, in carenza invitando le parti in mediazione o ad esperire la negoziazione assistita; come pure rilevare l'utilità ovvero la superfluità del tentativo di componimento con comparizione personale delle parti in udienza, in tal ultimo caso potendo disporne la cartolarizzazione; come pure egli avrebbe la possibilità di fissare un'udienza per esperire il tentativo di conciliazione e l'interrogatorio libero delle parti antecedentemente l'udienza di cui all'art. 183, che in tal caso andrebbe contestualmente differita (in applicazione degli artt. 117 e 185 c.p.c., tuttora vigenti, che ne ammettono l'esperimento, quale «facoltà del giudice», «in qualunque stato e grado del processo»).

Questa proposta ricostruttiva del neofita sistema di introduzione della causa mediante valorizzazione dei contenuti che potrebbe assumere il decreto ex art. 171-bis c.p.c., sembra rinvenire supporto normativo nei principi della procedura.

In particolare, nel principio di elasticità ed adattabilità del procedimento alle esigenze del caso concreto, coniugato con i poteri di direzione del processo che sono istituzionalmente rimessi al giudice istruttore (art. 175 c.p.c.), un organo chiamato a determinare la velocità del ritmo della macchina giudiziaria; come è stato autorevolmente scritto, un giudice a cui è stato «affidato il timone e che ha durante il viaggio la responsabilità della rotta» (CALAMANDREI).

Secondo questa ipotesi interpretativa il giudice è chiamato a pianificare il futuro svolgimento del processo che non necessariamente deve indirizzarsi in un unico percorso, posto che la legge processuale permette di seguire molteplici strade, adattando in modo elastico e flessibile la procedura alle esigenze del singolo caso.

In quest'ottica si valorizza il ruolo del g.i., colloocato al centro del processo di cognizione e che, nella pronunzia del decreto ex art. 171-bis, può rinvenire un utile strumento per esercitare i poteri direttivi del processo, che sono anche poteri e facoltà deputate alla programmazione del successivo iter processuale, indicando quali saranno le tappe ulteriori.

D'altro canto, la valorizzazione dei caleidoscopici contenuti che potrebbe presentare il decreto ex art. 171-bis c.p.c. si pone in ottica consentanea rispetto alla ratio legis, ovvero agli obiettivi fissati dal PNRR, volti alla velocizzazione, semplificazione, oltrechè a concretamente garantire ragionevole durata del processo.

Valorizzando il ruolo attivo e propulsivo, non certo statico, del giudice istruttore, al centro del processo cognizione (e presente sin dal disegno legislativo tracciato dal testo codicistico originario e che in questa prospettiva sarebbe ulteriormente recuperato), le innovazioni portate dalla riforma possono acquisire un senso effettivo ed essere lette in una nuova prospettiva, in grado di determinare un (faticoso ma necessario) mutamento di abitudini e di prassi consolidate nell'esercizio della giurisdizione civile.

In quest'ottica, la riforma processuale sembra richiedere una riconversione culturale del giudice civile che, dopo il 28 febbraio scorsi, sarà chiamato ad una nuova sfida di professionalità, oltrechè ad un particolare impegno di studio del fascicolo di causa per indirizzare e pianificare il successivo iter processuale, in relazione alle peculiarità del caso concreto.

Resta inteso che siffatto gravoso ed innovativo impegno professionale sarà esigibile al magistrato compatibilmente con il suo carico di ruolo, che non è comunque vergine scontando il carico di contenzioso introdotto prima di questa data.

Riferimenti
  • Calamandrei, Istituzioni di diritto processuale civile, Padova, 1941, 240.
  • Costantino, Il processo di cognizione di primo grado, in La riforma della giustizia civile, a cura di Costantino, Bari, 2021, 173.
  • Pezzella, Riforma del processo civile: come cambia la fase introduttiva di trattazione del processo civile di cognizione di primo grado, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), 11 novembre 2022.
  • Cossignani, Riforma Cartabia. Le modifiche al primo grado del processo di cognizione ordinario, in Giust. Insieme, 22 febbraio 2023.
  • Delle Donne, La fase introduttiva, la prima udienza e i provvedimenti del giudice istruttore, in La riforma Cartabia del processo civile, a cura di Tiscini, Pisa, 2023, 294.
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