Concordato preventivo: apporto esterno "a fondo perduto" e ordine delle cause legittime di prelazione

22 Marzo 2023

La Corte di legittimità interviene su un caso di presentazione di un ricorso di concordato preventivo ai sensi dell'art. 161 l. fall., il cui piano si fonda su un apporto di finanza esterna “a fondo perduto”. In particolare, i Giudici sono stati chiamati a stabilire se una proposta di concordato possa o meno ritenersi ammissibile in ipotesi di utilizzo di tali risorse per il pagamento di alcuni creditori poziori, con conseguente alterazione dell'ordine delle cause legittime di prelazione.
Massima

In tema di concordato preventivo, una proposta basata su un finanziamento a “fondo perduto”, pur non determinando una variazione del capitale sociale, comporta un incremento del patrimonio della società e va distribuito nel rispetto delle cause legittime di prelazione.

Conseguentemente, la proposta di concordato risulterà inammissibile nella misura in cui l'apporto del terzo non risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società debitrice. Quest'ultimo, infatti, comporta indubbiamente un incremento dell'attivo della società, la cui distribuzione non può avvenire in deroga all'ordine di prelazione esistente.



Il caso

Avanti il Tribunale di Torino veniva presentato un ricorso ex art. 161 l. fall., il cui piano si fondava, essenzialmente, sull'impegno irrevocabile e garantito di un investitore (soggetto terzo) che prevedeva: l'apporto di nuove risorse mediante la sottoscrizione e la deliberazione di un aumento di capitale pari ad euro 7.200.000,00, nonché un apporto di finanza “a fondo perduto” che avrebbe dovuto permettere alla società debitrice, nel contesto della procedura concordataria, una recovery ai creditori non garantiti dal patrimonio, del valore di Euro 2.300.000,00.

In merito, il Tribunale ha richiesto alla società e all'attestatore alcuni chiarimenti ed integrazioni, all'esito dei quali lo stesso Tribunale ha ritenuto superate tutte le criticità ad eccezione di quelle aventi ad oggetto l'apporto di finanza a “fondo perduto”. Nello specifico, il Tribunale ha rilevato che la somma di Euro 2.300.000,00, qualificata dall'investitore come finanza esterna “a fondo perduto”, si ponesse in netto contrasto con il principio di diritto espresso da diverse pronunce della Corte di Cassazione, secondo le quali, ai fini dell'ammissibilità della proposta di concordato preventivo, l'apporto del terzo si sottrae al divieto di alterazione della graduazione dei crediti privilegiati solo allorché risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società.

Secondo il Tribunale, l'apporto dell'investitore si qualifica come un conferimento “atipico”, che pur non determinando una variazione del capitale sociale nominale, determina un incremento dell'attivo della società e, come tale, dovrebbe essere utilizzato per far fronte ai debiti sociali secondo l'ordine delle prelazioni; ipotesi che non si sarebbe realizzata nel piano in esame, stante la prospettazione delle classi effettuate dalla società, che prevedeva il pagamento di alcuni creditori in assenza del pagamento integrale di creditori di grado superiore.

Il Tribunale di Torino ha pertanto ritenuto inammissibile il piano, poiché in violazione dell'art. 160 l. fall., il quale impone che le risorse endogene della società siano destinate alla soddisfazione dei creditori senza alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione.



La questione giuridica

Nel caso in esame, i Giudici sono stati chiamati a stabilire se una proposta concordataria, il cui piano prevedeva un apporto di finanza esterna “a fondo perduto”, potesse o meno essere ammissibile in ipotesi di utilizzo delle predette risorse per il pagamento di taluni creditori poziori in assenza del pagamento integrale di creditori di grado superiore.

L'art. 160 comma 2, l. fall. afferma espressamente che “Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione”. Sebbene la disposizione citata non tratti specificamente delle questioni poste dall'apporto finanziario di terzi e non detti alcuna regola particolare circa il collocamento dei crediti prelatizi su tali apporti, ad avviso del Tribunale l'apporto del terzo effettuato a titolo di versamento “a fondo perduto” in favore della società si sarebbe posto nella specie in netto contrasto con il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione. Quest'ultima, con la sentenza n. 9373 dell'8 giugno 2012, ha affermato che l'art. 160, comma 2, l. fall. dev'essere interpretato nel senso che “l'apporto del terzo si sottrae al divieto di alterazione della graduazione dei crediti privilegiati solo allorché risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società, non comportando un incremento dell'attivo patrimoniale della società debitrice, sul quale i crediti privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado”.

Per cui, il terzo finanziatore può intervenire con mezzi propri per consentire il pagamento dei debiti del fallito senza dover sottostare alle regole del concorso ma alla condizione che tale intervento non comporti alcuna variazione dello stato patrimoniale del debitore, né all'attivo, né al passivo. In sostanza, la formazione delle classi di creditori non deve alterare in alcun modo l'ordine di graduazione dei crediti muniti di prelazione, che trova il proprio fondamento nella legge e non rientra nella disponibilità delle parti.

Nel caso di specie, ad avviso del Tribunale, l'apporto del terzo non sarebbe stato neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società, poiché la liquidità offerta - una volta versata nelle casse della società e contabilizzati con la correlata rappresentazione giuridica e contabile - sarebbe transitata nei conti della società e dunque nel patrimonio della debitrice.



La decisione della Corte

In applicazione della disciplina di cui sopra, il tribunale ha confermato l'inammissibilità della proposta di concordato poiché costruita in violazione dell'art. 160, comma 2, l. fall.

Si segnala, per completezza, che il Tribunale, in via subordinata, ha ritenuto altresì non fattibile la proposta di concordato in quanto l'investitore aveva dichiarato che solo al momento dell'omologa del concordato lo stesso si sarebbe attivato per ottenere le linee di credito necessarie all'erogazione del finanziamento.

In ragione di ciò, il Tribunale ha altresì affermato il principio secondo il quale non è fattibile, in quanto non accompagnato da garanzie idonee ad assicurarne l'attuazione, il piano di concordato preventivo che si fondi sull'apporto di finanza da parte di un investitore che sia condizionato all'omologa e in presenza di incertezza sulla disponibilità della finanza stessa.



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