Licenziamento collettivo: le condizioni necessarie per poter legittimamente circoscrivere il perimetro della procedura ad una sola unità produttiva

Cristina Pulvirenti
23 Marzo 2023

La Corte di Cassazione ribadisce che il datore di lavoro può circoscrivere la procedura di licenziamento collettivo ad una determinata unità produttiva purché nella comunicazione ex art. 4 L. 223/1991 siano indicate le ragioni che limitano la platea degli esuberi a quell'unità produttiva nonché le ragioni per cui il datore non possa implementare misure alternative come il trasferimento ad altre unità produttive.
Il caso

La Corte di Appello di Roma rigettava il ricorso presentato da una dipendente diretto all'accertamento della illegittimità del licenziamento intimato con comunicazione del 22 dicembre 2016, all'esito della procedura di licenziamento collettivo ex artt. 4 e ss. L. 223/1991 che aveva interessato alcuni dipendenti con mansioni di operatore telefonico “inbound” di due divisioni di Roma e tutti i dipendenti della sede di Napoli; i dipendenti delle altre sedi della società non erano invece stati coinvolti.

La sentenza veniva impugnata dalla lavoratrice innanzi alla Corte di Cassazione, la quale contestava inter alia la delimitazione della platea degli esuberi a due soli siti aziendali e la mancata applicazione dei criteri di scelta a tutti i dipendenti dell'intero complesso aziendale con mansioni fungibili. La ricorrente contestava altresì la dichiarazione di apertura della procedura, asserendo la mancanza di tutte le informazioni necessarie per consentire alle organizzazioni sindacali il controllo sulla legittimità della procedura.

La questione

Nell'ambito di un licenziamento collettivo, le esigenze aziendali possono giustificare la delimitazione degli esuberi ad un solo sito aziendale?

Le soluzioni giuridiche

In conformità con i numerosi precedenti giurisprudenziali che hanno ritenuto legittima la procedura in esame, la Suprema Corte ha preliminarmente ribadito che il controllo giurisdizionale non riguarda gli specifici motivi di riduzione del personale – il cui controllo è invece devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali – ma la correttezza procedurale dell'operazione compresa la sussistenza dell'imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso”.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso ritenendo correttamente accertato dalla Corte territoriale: (i) la completezza della comunicazione ex art. 4, l. 223/1991; (ii) la legittima delimitazione dei dipendenti in esubero a due determinati siti aziendali; (iii) l'infungibilità dei dipendenti in esubero.

In linea generale, ai sensi dell'art. 5 comma 1, L. 223/1991, la procedura di licenziamento deve investire l'intero complesso aziendale. Tuttavia, per giurisprudenza costante è possibile per il datore di lavoro limitare “la platea dei licenziabili ad una determinata sede territoriale” laddove le esigenze organizzative fondanti la riduzione del personale siano adeguatamente esposte nella comunicazione ex art. 4, L. 223/1991 al fine di consentire il controllo sulla legittimità di tale scelta da parte delle organizzazioni sindacali.

In particolare, la suddetta comunicazione di apertura - in aggiunta ai requisiti previsti dall'art. 4, comma 3, L. 223/1991 - deve contenere “sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell'unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l'effettiva necessità dei programmati licenziamenti” (Cass. 24 gennaio 2023, n. 2131; Cass. 27 gennaio 2022, n.2390; Cass., 6 maggio 2021, n. 12040; Cass. 9 marzo 2015, n. 4678; Cass. 12 settembre 2018, n. 22178; Cass. 11 dicembre 2019, n. 32387).

Ed infatti “qualora, nella comunicazione, si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati sono illegittimi per violazione dell'obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali” (Cass. 6 febbraio 2023, n. 3511; C.A. Roma 14/05/2019, n.2030).

Inoltre, al fine di una legittima delimitazione della procedura ad un'unità produttiva o ad uno specifico settore dell'azienda, è altresì necessario che i dipendenti “siano dotati di professionalità specifiche, infungibili rispetto alle altre (Cass. 11 luglio 2013, n. 17177; Cass. 12 gennaio 2015, n. 203; Cass. 1° agosto 2017, n. 19105; Cass. 11 dicembre 2019, n. 32387).

Nel caso di specie, la società ha rappresentato nella comunicazione di apertura della procedura l'impossibilità di applicare i criteri di scelta aziendali all'intero complesso aziendale sia a causa della distanza geografica di Roma e Napoli rispetto alle altre sedi aziendali (Milano, Palermo, Catania, Rende) sia per la infungibilità dei dipendenti ivi assegnati. In particolare, la società ha evidenziato che in ciascuna unità produttiva vengono trattate distinte commesse che richiedono una specifica formazione, dovendo il dipendente conoscere il relativo committente per essere in grado di rispondere alle domande afferenti il servizio reso.

Pertanto, sia l'eventuale trasferimento dei dipendenti in esubero nonché l'attività formativa per i dipendenti, avrebbe comportato per la Società delle modifiche organizzative complesse nonché “insostenibili sul piano economico, produttivo e organizzativo”.

Alla luce della dettagliata comunicazione ex art 4 L. 223/1991, la Suprema Corte ha ritenuto assolto l'onere del datore di lavoro di “provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata … ma anche che gli addetti prescelti non svolgessero mansioni fungibili con quelle di dipendenti assegnati ad altri reparti o sedi” (Cass. 6 febbraio 2023, n. 3511; cfr. altresì Cass. 24 gennaio 2023, n. 2131; Cass., 22 aprile 2005, n. 8474, Cass., 12 gennaio 2015, n. 203; Cass., 20 febbraio 2012, n. 2429, Cass., 3 maggio 2011, n. 9711).

Osservazioni

La sentenza in commento nel delineare le condizioni necessarie per poter legittimamente circoscrivere il perimetro di una procedura collettiva ad una determinata unità produttiva, fornisce indicazioni molto utili anche da un punto di vista operativo, ai fini della redazione della comunicazione ex art. 4 L. 223/1991.

Avendo il datore di lavoro esposto in maniera chiara, logica e coerente le esigenze organizzative sottostanti il licenziamento, la Suprema Corte ha ritenuto corretto il ragionamento della Corte territoriale che, accogliendo le argomentazioni della società ha valorizzato le esigenze datoriali, considerando “antieconomico, rispetto alle esigenze riorganizzative della società, in luogo di un licenziamento, un trasferimento collettivo”, sebbene l'aggravio dei costi aziendali non rientrerebbe tra i parametri previsti dalla legge.

Invero, la mera giustificazione della eccessiva distanza tra le sedi aziendali non sarebbe stata sufficiente a giustificare la delimitazione della procedura in quanto occorre tener presente che “non assume rilievo, ai fini dell'esclusione della comparazione con i lavoratori di equivalente professionalità addetti alle unità produttive non soppresse e dislocate sul territorio nazionale, la circostanza che il mantenimento in servizio di un lavoratore appartenente alla sede soppressa esigerebbe il suo trasferimento in altra sede, con aggravio di costi per l'azienda e interferenza sull'assetto organizzativo", non contemplandosi, tra i parametri della l. n. 223/1991, art. 5, la sopravvenienza di costi aggiuntivi connessi al trasferimento di personale o la dislocazione territoriale delle sedi” (Cass. 6 febbraio 2023, n. 3511).