Il rimborso delle spese di causa in favore del creditore intervenuto nel giudizio di divisione endoesecutivo

Giulio Cicalese
23 Marzo 2023

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha affermato che spetta al creditore procedente intervenuto nel giudizio divisionale endoesecutivo da altri proposto il rimborso delle spese di giudizio ad opera del debitore esecutato.
Massima

All'esito di un giudizio divisionale endoesecutivo, il debitore esecutato è sempre tenuto al rimborso delle spese di lite sostenute dal creditore procedente, anche laddove quest'ultimo sia solamente intervenuto nel giudizio promosso dal comproprietario non esecutato.

Il caso

La madre collocataria agiva in via esecutiva nei confronti dell'ex marito inadempiente circa gli obblighi di mantenimento della prole e, a tale scopo, pignorava la quota indivisa di un immobile sul quale ella aveva già iscritto ipoteca giudiziale e di cui il debitore era comproprietario con il fratello; quest'ultimo, pertanto, una volta sospesa l'esecuzione a norma dell'art. 601 c.p.c., promuoveva un giudizio divisionale endoesecutivo presso il Tribunale di Siena.

Il giudice così adìto si pronunciava disponendo la divisione; il debitore esecutato, tuttavia, impugnava l'anzidetto provvedimento innanzi alla Corte d'Appello di Firenze lamentando, da un lato, l'effettiva indivisibilità dell'immobile staggito in ragione del regolamento urbanistico locale e, dall'altro, l'illegittima condanna alle spese in favore della creditrice intervenuta nel procedimento di divisione.

La Corte d'Appello di Firenze rigettava la proposta impugnazione, ritenendola inammissibile ex art. 342 c.p.c. per il primo motivo ed infondata per il secondo; avverso tale pronunciamento il debitore esecutato proponeva ricorso per Cassazione.

La questione

Il debitore esecutava promuoveva ricorso per Cassazione per i medesimi motivi dell'appello precedentemente rigettato: egli eccepiva, difatti, l'illegittimità della divisione operata dal giudice di prime cure in ragione della pretesa violazione della normativa urbanistica locale; in secondo luogo, sosteneva che il Tribunale di Siena l'avesse impropriamente condannato, quale debitore esecutato, alla rifusione delle spese di causa in favore della creditrice procedente intervenuta nel giudizio di divisione ritenendo che, non avendo ella proposto alcuna domanda, sarebbe stato del tutto errata ogni ipotesi relativa alla soccombenza nei confronti di quest'ultima.

Infine, con un nuovo motivo di impugnazione, il ricorrente denunciava la nullità delle sentenze di primo e secondo grado, giacché esse avrebbero illegittimamente accolto la domanda di divisione subordinando tuttavia l'effettuazione del sorteggio dei lotti ivi individuati al passaggio in giudicato delle suddette sentenze.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, con l'ordinanza in commento, rigettava integralmente il ricorso proposto dal debitore esecutato: in ordine al primo motivo di doglianza, infatti, l'adìto giudice di legittimità si limitava a rilevare che già la Corte di Appello di Firenze ne aveva dichiarato l'inammissibilità per violazione dell'art. 342 c.p.c. e, pertanto, la sua mera riproposizione non consentiva una statuizione di diverso tenore.

Circa, invece, i profili di nullità delle precedenti sentenze evocati dal ricorrente, la Corte di Cassazione ne dichiarava l'inammissibilità ex art. 360-bis, n. 1), c.p.c. poiché nettamente contrastanti con i consolidati orientamenti di legittimità in ordine al sorteggio dei lotti da effettuarsi solo in seguito al passaggio in giudicato della sentenza di divisione, senza tra l'altro offrire alcuno spunto decisivo per un revirement in materia.

Infine, in ordine alle spese processuali, la Suprema Corte affermava che riguardo alla posizione del creditore procedente intervenuto nel corso del giudizio divisionale endoesecutivo doveva a ragione discorrersi di soccombenza del debitore esecutato: è a garanzia dell'adempimento di quest'ultimo, difatti, che la divisione incidentale all'esecuzione trova la sua ragion d'essere e, pertanto, dovendosi individuare un suo stretto legame strumentale con la soddisfazione coattiva delle ragioni creditrici, correttamente il giudice di prime cure, in applicazione del principio di causalità, aveva disposto la rifusione delle spese sostenute dal creditore procedente.

Osservazioni

Il provvedimento in esame è di particolare interesse soprattutto perché, nell'offrire la soluzione di problematiche fino a quel momento non ancora compiutamente esaminate dalla Corte di Cassazione, consente altresì di tornare ad indagare i rapporti tra l'espropriazione di beni indivisi ed il giudizio divisionale che da essa consegue.

Difatti, in alcuni suoi precedenti arresti (cfr. Cass. civ. nn. 6072/2012 e 20817/2018), la Suprema Corte aveva chiarito la natura del giudizio di divisione endoesecutivo, il quale consta appunto di una parentesi cognitiva indipendente dal procedimento espropriativo – nel cui ambito tuttavia essa si innesta in funzione strumentale – tesa precipuamente ad accertare il diritto dei comunisti alla divisione ed a determinarne le modalità: da un lato, infatti, il giudizio divisorio, una volta instaurato, si articola secondo le regole stabilite dagli artt. 784 e ss. c.p.c., non potendo quindi trovare applicazione i rimedi e gli istituti tipici dell'esecuzione forzata almeno fino alla fase dell'eventuale messa in vendita del bene (cfr. Cass. civ., sez. un., n. 18185/2013); dall'altro, tuttavia, la strumentalità della divisione rispetto all'espropriazione è sottolineata dal fatto che, dopo la riforma operata dal d.l. n. 35/2005 dell'art. 181 disp. att. c.p.c., il giudice investito del procedimento esecutivo – inteso sia come organo che come persona fisica – è funzionalmente competente anche per il giudizio di divisione endoesecutivo.

Tali spunti, soprattutto quelli in ordine alla strumentalità della divisione rispetto alla soddisfazione coattiva delle ragioni creditorie, sono stati ampliati nei provvedimenti di legittimità supra richiamati, soprattutto prendendo in considerazione la posizione del creditore procedente che abbia introdotto il giudizio di divisione: secondo la richiamata giurisprudenza, infatti, in ipotesi di tal fatta quest'ultimo agirebbe iure proprio e non utendo iuribus debitoris, giacché è nel suo solo interesse che egli promuove il giudizio teso a separare dal patrimonio degli altri condividenti la quota di spettanza del debitore; ancor più specificamente, partendo dal condivisibile assunto secondo il quale un bene in proprietà comune ed indivisa ha, in sede di vendita forzata, minor capacità di realizzo, si è di conseguenza ritenuto che l'introduzione del giudizio di divisione, da parte del creditore, sia dovuta esclusivamente in ragione della particolare conformazione del patrimonio del debitore.

Per le ragioni appena esposte, è del tutto pacifico in giurisprudenza che il creditore che abbia introdotto il giudizio divisionale debba beneficiare del rimborso da parte del debitore esecutato delle spese sostenute; la novità del provvedimento in commento, tuttavia, consta nell'affermare la medesima conclusione anche nell'ipotesi di un mero intervento del creditore in un giudizio di altrui promozione.

Ad opinione dello scrivente, gli approdi a cui è giunta la Suprema Corte nell'ordinanza de qua sono del tutto condivisibili, giacché le argomentazioni supra riportate circa la stretta correlazione del giudizio divisionale endoesecutivo con la più agevole soddisfazione delle ragioni creditizie sembrano potersi validamente applicare anche qualora il creditore non si sia direttamente attivato per l'introduzione del giudizio divisionale: la sua partecipazione, difatti, è resa necessaria proprio in ragione della strumentalità tra le due diverse fasi processuali in parola – ed è in generale avallata dall'art. 1113, comma 3, c.c. il quale difatti discorre di un obbligo di intervento nel giudizio di divisione ordinario da parte dei creditori «iscritti» – e, pertanto, non appare corretto ipotizzare che egli debba esser gravato delle spese necessarie all'intervento.

Per tali ragioni, nel caso di specie la Suprema Corte ha fatto corretta applicazione dell'istituto della soccombenza legata al principio di causalità: come già chiarito in numerose occasioni dalla Corte stessa (cfr. ex multis Cass. civ. nn. 21823/2021, 19456/2008 e 13430/2007), difatti, la soccombenza va rinvenuta in capo a quella parte processuale che, con la sua condotta preprocessuale, ha costretto la controparte ad agire e ad anticipare spese al fine di tutelare le proprie ragioni; diretta conseguenza del principio appena espresso è che il creditore intervenuto ha, quindi, diritto al rimborso delle spese processuali sostenute, poiché il giudizio divisionale trova la propria ragione nella condotta inadempiente del debitore e nella particolare (e, per certi versi, inidonea alla piena soddisfazione delle pretese azionate) consistenza del suo patrimonio.

E, ancora, anche nell'ipotesi in cui si voglia mettere in discussione la validità di una soccombenza fondata sul cd. principio di causalità – avallando quindi l'ulteriore orientamento giurisprudenziale secondo il quale la soccombenza vada viceversa individuata sulla scorta del solo raffronto tra le domande e le eccezioni proposte e il contenuto della decisione giudiziale (cfr. ex pluris Cass. civ. nn. 5373/2003 e 4485/2001) –, si potrebbe efficacemente giungere alla medesima conclusione: nella giurisprudenza di merito, difatti, non a torto si è ritenuto che la domanda giudiziale del giudizio divisionale endoesecutivo debba ritenersi implicitamente contenuta negli atti esecutivi posti in essere dal creditore procedente, così che il giudizio stessa costituisca il momento attuativo della volontà della parte creditrice (cfr. Trib. Varese, 20 ottobre 2006).

Infine, c'è da analizzare quanto espresso dalla Suprema Corte, nell'ordinanza de qua, circa l'estrazione dei lotti individuati in corso di causa divisionale solo dopo il passaggio in giudicato della relativa sentenza; come può leggersi nel corpus del provvedimento, difatti, esso si inserisce nel solco di un consolidatissimo orientamento sul tema, e le argomentazioni prodotte dall'attore non hanno viceversa fornito alcun elemento utile affinché potesse attuarsi un decisivo mutamento di opinioni.

Pertanto, appare utile quantomeno ricostruire i passaggi fondamentali che hanno portato all'affermazione dell'orientamento in parola, innanzitutto partendo da quel risalente precedente della Corte di Cassazione per il tramite del quale si è chiarito come anche la sola estrazione a sorte delle quote, così come altra operazione del giudizio di divisione, può essere delegata dal giudice istruttore al notaio (cfr. Cass. civ. n. 2313/1967); inoltre l'art. 791 c.p.c.,per la divisione interamente delegata al notaio, statuisce che l'estrazione dei lotti può avvenire solo in seguito all'ordinanza emessa a norma dell'art. 789, ultimo comma, c.p.c. – con la quale il giudice dà le disposizioni necessarie per il sorteggio dei lotti –, o successivamente a sentenza di divisione passata in giudicato: la giurisprudenza di legittimità ha interpretato l'anzidetta disposizione codicistica nel senso che il principio per il quale l'estrazione a sorte debba avvenire solo successivamente al passaggio in giudicato del provvedimento di divisione trova applicazione anche nel caso in cui la divisione si sia svolta giudizialmente e al notaio sia stata delegata la sola estrazione dei lotti (Cfr. Cass. civ. nn. 22345/2013 e 7129/2001).

Infine, vale appena la pena segnalare che detta interpretazione è coerente non solo con l'art. 791 c.p.c. ma anche con i principî espressi dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla natura costitutiva del giudizio divisorio (cfr. Cass. civ., sez. un., n. 25021/2019) giacché, secondo l'opinione prevalente, l'esecutività della sentenza che lo definisce è subordinata proprio al suo passaggio in giudicato (cfr. Cass. civ. n. 4059/2010).

Riferimenti
  • Bava, La divisione ereditaria quale atto inter vivos avente natura costitutiva, in I Contratti, 2019, VI, 607;
  • Cagliari, Espropriazione forzata e giudizio di divisione: analisi di un rapporto altamente conflittuale, in Riv. esec. forz., 2021, III, 590 ss.;
  • Crivelli, Il giudizio divisionale endoesecutivo: soluzioni giurisprudenziali e aspetti problematici, in www.inexecutivis.it;
  • Lombardi, Profili problematici dell'espropriazione di beni indivisi, in Riv. dir. proc., 2012, I, 59 ss.;
  • Lombardi, Le connessioni tra divisione ed espropriazione forzata, in Riv. esec. forz., 2019, III, 546 ss.;
  • Passafiume, Le spese nel giudizio di divisione endoesecutivo, in www.inexecutivis.it.

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