S.r.l. PMI: verso l' “apertura” al mercato e l'adeguamento delle regole societarie

Marco Pellegrino
23 Marzo 2023

La possibilità accordata alle SRL PMI di emettere categorie di quote dotate di diritti diversi, nonché di sollecitare il pubblico risparmio attraverso portali digitali per la raccolta di capitali, dischiude scenari del tutto inediti ed è destinata a provocare l'allargamento della compagine sociale e ad accogliere, oltre ai tradizionali soci c.d. “ordinari”, anche soci “investitori” e, tra gli stessi, figure molto differenti tra loro, con interessi potenzialmente divergenti e con propensioni diverse quanto alle strategie di investimento ed all'esercizio dei diritti di voice.Da qui è avvertita l'esigenza di introdurre strumenti correttivi negli assetti partecipativi e di corporate governance delle SRL PMI che decidono di ricorrere ai portali di raccolta dei capitali on line.
Premessa

Alcuni recenti interventi normativi che hanno investito la SRL, con l'obiettivo di eliminare le barriere alla crescita finanziaria delle piccole e medie imprese, hanno radicalmente cambiato il quadro normativo di riferimento ed aprono a scenari del tutto inediti. La possibilità accordata alle SRL PMI di emettere categorie di quote dotate di diritti diversi e di sollecitare il pubblico risparmio attraverso portali digitali per la raccolta di capitali, dischiudono ad un paradigma societario diverso da quello concepito dalla riforma del 2003, e che fanno financo dubitare della sua riconducibilità al tipo - base sottostante alla disciplina codicistica. Quote di categoria ed equity crowdfunding registrano un deciso avanzamento del tipo societario in questione verso il comparto azionario ed il diritto dei mercati, e permettono di discorrere, a proposito della SRL PMI che si avvalga dei nuovi canali di finanziamento, di SRL PMI “aperta” (De Filippis, S.r.l. PMI “aperta” (quote finanziarie, raccolta di capitale, crowdfunding), in Trattato delle società diretto da V. Donativi, III, Milano, 2022; Cagnasso, La “lunga marcia” di avvicinamento delle partecipazioni di s.r.l. alle azioni, in Giur. it, 2017, 2428. Opta per un ridimensionamento del grado di apertura al mercato e per una qualificazione di società “semi- aperte” S. Corso, Le s.r.l. “aperte” al mercato tra governance societaria e diritti dei sottoscrittori, Milano, 2021)

Cenni sul percorso evolutivo della s.r.l.

Volendo sintetizzare l'evoluzione del quadro normativo italiano, deve ricordarsi che il codice del 1942 conteneva regole dirette ad impedire alla SRL di accedere al mercato dei capitali ed al pubblico risparmio: in questo senso andava letto sia il divieto di emettere azioni che quello di emettere obbligazioni. Tale impostazione originaria ha registrato solo un piccolo avanzamento con la riforma del 2003 che, da un lato, ha permesso alle SRL di emettere titoli di debito ma, dall'altro, ne ha riservato la sottoscrizione agli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale ed ha allestito un sistema di garanzie in caso di successiva circolazione. Donde si è soliti far discendere la sostanziale inidoneità dei titoli di debito, diversamente dalle obbligazioni, a consentire la raccolta presso il pubblico risparmio (M. Porzio, La società a responsabilità limitata e il mercato finanziario, in Riv. Soc. 2004, 1187 e ss.; A. Bartalena, Le nuove tipologie di strumenti finanziari, in Banca borsa tit. cred., 2004, I, 296).

Un netto passo in avanti si è avuto con alcuni interventi che, a partire dal 2012, hanno segnato vistose deroghe al diritto societario comune e che sono state concepite, inizialmente, per le imprese c.d. start-up innovative (cfr. art. 26 d.l. 18 ottobre 2012, n. 179) e poi estese, in un secondo momento, alle PMI innovative (cfr. art. 4, comma 1, d.l. 24 gennaio 2015, n. 3) ed infine a tutte le PMI (cfr. art. 57, comma 1, d.l. 24 aprile 2017, n. 50).

Le novità più saglienti si possono cogliere nella possibilità di: (i) emettere “categorie di quote fornite di diritti diversi” e di “liberamente determinare il contenuto delle varie categorie di quote anche in deroga a quanto previsto dall'art. 2468 c.c.” (cfr. art. 26, comma 2, D.L. 179 cit.); (ii) “collocare le partecipazioni sociali nell'ambito di un'offerta al pubblico di prodotti finanziari (…) attraverso i portali per la raccolta di capitali” (cfr. art. 26, comma 6 d.l. 179 cit.); (iii) compiere operazioni sulle proprie quote alla ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 2474 c.c.

In modo pressoché parallelo è stata aggiornata la disciplina dei mercati finanziari (cfr. d.l. n. 129/2017) e regolamentata l'offerta al pubblico di quote di S.R.L. su piattaforme on line per la raccolta di capitali (cfr. art. 100 ter TUF e Reg. Consob 18592/2013 più volte oggetto di modifica).

Or, posto che le SRL PMI rappresentano la quasi totalità delle SRL italiane (la fattispecie è ancora ai parametri dimensionali tratteggiati dal Reg. 2017/1129/UE e, più in particolare, si tratta delle imprese che soddisfano almeno due dei seguenti parametri: occupano meno di 250 dipendenti; hanno un fatturato non superiore a 50 milioni di euro; presentano un attivo di bilancio non superiore a 43 milioni di euro) è evidente che ci troviamo al cospetto di innovazioni di vasta portata e ad un fenomeno molto esteso.

La s.r.l. PMI

Come si è appena visto, l'ultimo intervento normativo del 2017 ha esteso le disposizioni sopra riassunte al maggior numero delle imprese domestiche organizzate in forma di SRL, sicchè a queste viene accordata la facoltà di emettere, indipendentemente dalla fase del ciclo di vita in cui si trova l'impresa e dal carattere innovativo dell'attività, categorie di quote provviste di diritti diversificati e variamente declinabili (che si affiancano alle quote c.d. ordinarie regolate dal regime generale del c.c.) anche in deroga al principio di proporzionalità tra diritti e misura della partecipazione (Cian, S.r.l. PMI, s.r.l., s.p.a.: schemi argomentativi per una ricostruzione del sistema, in Riv. Soc., 2018, 850 e ss).

Donde, posto che ad una o più quote possono venire attribuiti determinati diritti, uguali per tutte le quote appartenenti alla medesima categoria ma diversi dai diritti attribuiti alle quote c.d. “ordinarie” o a quelle appartenenti al novero di altra categoria, non vi è tuttavia uniformità di vedute sul livello di standardizzazione possibile.

Secondo un'opinione (cfr. Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, massima n. I, N.6) data la permanente vigenza sia del principio c.d. di “unitarietà” della quota (in forza del quale il socio può detenere una sola quota) sia della norma che fa divieto di rappresentazione della partecipazione in azioni (il primo inciso dell'art. 2468 comma 1 c.c. non è stato derogato dalla disciplina speciale) non sarebbe possibile suddividere le partecipazioni al capitale sociale in unità dello stesso ammontare, potendosi operare solamente una standardizzazione di tipo “qualitativo”, e cioè dei diritti amministrativi ma non del valore nominale della quota.

Altra tesi invece, che valorizza l'obiettivo di creare un mercato liquido delle partecipazioni emesse dalle SRL PMI e rileva come la standardizzazione dei diritti possa derivare solo dall'uguaglianza del valore della quota (standardizzazione c.d. “quantitativa”), conclude che alla categorizzazione delle quote ex art. 3 d.l.n. 179 cit. si correla anche la possibilità di frazionare il capitale sociale in unità di misura dello stesso ammontare (cfr. Abu Awward, Quote di partecipazione, in Trattato delle società, diretto da V. Donativi, cit., 217 e ss; a favore di tale ultima opzione interpretativa si è altresì espresso il Consiglio Notarile di Milano con Massima n. 171 del 27.11.2018).

Onde, sotto tale ultimo profilo, le quote sarebbero del tutto accostabili alla partecipazione azionaria, e si differenzierebbero solo quanto al regime cartolare o scritturale di circolazione tipico delle seconde (sull'organizzazione per partecipazioni-tipo nelle società di capitali si veda De Luca, Partecipazione azionaria e forme di circolazione, in Trattato delle società, diretto da V. Donativi cit., 363 e ss; sulla costituzione di quote standard: De Luca, Partecipazione “azionaria” e tipicità delle società di capitali, in Riv. dir. civ. 2004, II, 867; Santoni, Le quote di partecipazione in s.r.l., in Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G.F. Campobasso, Torino, 2016, III).

E' opinione condivisa che, nel rispetto dei limiti inderogabili accordati all'autonomia statutaria (quali, per esempio, il divieto di sopprimere le cause inderogabili di recesso ex art. 2373 c.c., quello di prevedere ipotesi di uscita forzosa del socio a prezzo punitivo, di limitare o escludere il diritto di sottoscrizione nel caso di riduzione obbligatoria del capitale sociale e, più in generale, il divieto del c.d. “patto leonino”) le quote possano essere conformate in senso ampio, e che possano essere assoggettati ad una “speciale” declinazione sia i diritti a contenuto patrimoniale che quelli amministrativi (sull'obbligo di prevedere la presenza di almeno una partecipazione ordinaria dotata del contenuto tipico della quota di SRL di diritto comune, pena il superamento dei tratti tipologici, cfr. Abu Awward, Quote di partecipazione, in Trattato delle società, diretto da V. Donativi, cit. 244 e ss).

In deroga al principio di correlazione tra rischio e potere, le categorie possono essere prive del diritto di voto, con voto non proporzionale alla partecipazione detenuta (quindi declinabili con voto limitato o con voto maggiorato o plurimo) ovvero limitato a particolari argomenti o subordinato al verificarsi di determinate condizioni non meramente potestative (cfr. Speranzin, S.r.l. piccole-medie imprese tra autonomia statutaria e ibridazione dei tipi (con particolare riferimento alle partecipazioni prive del diritto di voto)”, in Riv. Soc., 2018, 336 e ss.; Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 171. Nozione di categoria di quote di s.r.l. PMI).

Sulla scorta dell'ampia formulazione della disposizione di cui all'art. 26 d.l. n. 179 cit. (sostanzialmente ricalcante la disciplina azionaria di cui all'art. 2351 comma 1 c.c.) si ritiene inoltre ammissibile la previsione di meccanismi di voto scaglionato o con tetto massimo, (mentre è discussa l'applicazione analogica dei limiti di emissione previsti dall'art. 2351 comma 1 ultimo inciso e comma 3 c.c.) e che possano altresì formare oggetto di specifica attribuzione tutti i diritti di voice che non determinino una sostanziale traslazione della competenza decisionale nelle materie riservate alla competenza inderogabile degli amministratori.

Le categorie di quote attributive di particolari diritti convivono, nell'architettura delle SRL PMI, con le attribuzioni particolari ad personam ex art. 2469 comma 3 c.c. e “mentre il trasferimento delle partecipazioni individuali non comporta di regola il passaggio dei diritti particolari eventualmente spettanti al socio alienante, il trasferimento di quote di categoria comporta il passaggio anche dei diritti diversi che caratterizzano la categoria medesima” (Cons. Notarile di Milano, Commissione Società Massima del 27/11/2018 n. 171).

Il frazionamento dell'operazione di finanziamento della SRL PMI in unità fungibili non rappresenta, nel disegno normativo, una prerogativa delle iniziative economiche collettive proiettate al mercato dei capitali costituendo, viceversa, un tratto di disciplina che attraversa tutte le SRL PMI e, quindi, anche quelle che non ricorrono all'equity crowdfunding.

E' indubbio, tuttavia, che la serializzazione della quota preluda alla diffusione della partecipazione sociale tra una pluralità indifferenziata di soggetti, e che sia stata immaginata dal legislatore proprio quale veicolo per offrire al pubblico le proprie quote. In questa luce, al fine di favorire lo sviluppo di un mercato secondario delle partecipazioni sociali emesse dalle SRL PMI, è stato introdotto un regime semplificato di circolazione delle quote (cfr. art. 100 ter TUF) alternativo a quelli tradizionali (e previsti dall'art. 2470, comma 2 c.c. e dall'art. 36 d.l.n. 112/2008) e fondato su un meccanismo di intestazione e circolazione intermediata (tramite intermediario abilitato) delle quote oggetto si sottoscrizione mediante portali di crowdfunding (in estrema sintesi, le partecipazioni sono intestate ad un intermediario per conto degli investitori di modo che la successiva alienazione avviene mediante semplice annotazione del trasferimento nei registri tenuti dall'intermediario).

Assetti societari della s.r.l. PMI “aperta”

Dalle accennate innovazioni discendono una serie di implicazioni sul piano tipologico ed in punto di organizzazione societaria.

Sotto il primo profilo si è per vero osservato che i recenti interventi normativi avrebbero determinato una “mutazione” del tipo legale, se non addirittura una sua “dissoluzione” (Scano, Il “tipo”, in Le società a responsabilità limitata, a cura di Ibba- Marasà, I, Milano, 2020, 31 e ss) e la dottrina si interroga se la SRL PMI rappresenti una variante o un nuovo tipo societario (De Filippis, S.r.l. PMI “aperta” (quote finanziarie, raccolta di capitale, crowdfunding), in Trattato delle società diretto da V. Donativi cit, 885 e ss; S. Corso, Le s.r.l. “aperte” al mercato tra governance societaria e diritti dei sottoscrittor cit., 11 e ss).

La novella del 2017, che “apre” come si è detto le SRL PMI al mercato dei capitali di rischio ed alla possibilità di emettere diverse categorie di quote, è destinata a favorire una diversificazione della compagine sociale e ad accogliere, oltre ai tradizionali soci c.d. “ordinari”, anche soci “investitori” e, tra gli stessi, figure di investitori molto differenti tra loro, con interessi potenzialmente divergenti e con propensione diversa quanto alle strategie di investimento ed all'esercizio dei diritti di sociali.

Da qui è avvertita l'esigenza, da un lato, di tutelare gli interessi dei soci investitori c.d. retail e, dall'altro, di contenere l'impatto sul governo societario degli investitori crowdfunders e di introdurre strumenti di equilibrio negli assetti partecipativi e di corporate governance delle SRL PMI che decidono di ricorrere ai portali di raccolta dei capitali on line.

Sul piano della configurazione delle tutele, le istanze di protezione degli interessi dei soci investitori c.d. retail si sono tradotte nella previsione dell'obbligo di inserire nello statuto dell'emittente “il diritto di recesso dalla società ovvero il diritto di co-vendita della proprie partecipazioni ovvero clausole che attribuiscano un analogo diritto a cedere le proprie partecipazioni, nonché le relative modalità e condizioni di esercizio nel caso in cui i soci di controllo, successivamente all'offerta, trasferiscano direttamente o indirettamente il controllo a terzi” (cfr. art. 24, comma 1 Reg. Consob cit.)

Onde, gli statuti delle SRL PMI “aperte” devono necessariamente ospitare clausole di way out a favore del socio – investitore in caso di trasferimento del controllo societario nei tre anni successivi alla conclusione dell'offerta, e che possono essere alternativamente declinate dall'autonomia statutaria come clausole di recesso, clausole prevedenti un diritto di riscatto o di tag-along (per una critica al limite temporale cfr. S. Corso, Le s.r.l. “aperte” al mercato tra governance societaria e diritti dei sottoscrittori cit., 242 e ss).

Inoltre, l'apertura al mercato non può che determinare la dispersione, sconosciuta prima degli innesti normativi riassunti, delle quote di partecipazione fra un largo numero di investitori (la “folla”) e da qui discende l'esigenza di modulare gli assetti partecipativi e di governo in modo coerente all'ampiamento della platea degli investitori che sono, a tutti gli effetti, soci.

In assenza di uno statuto normativo speciale per la SRL PMI “aperta”, è generalmente condivisa l'opinione che la disciplina legale della SRL, immaginata per compagini chiuse ed a ristretta base sociale e forgiata sul riconoscimento dell' “attivismo” del singolo socio e sulla compartecipazione del medesimo ai processi decisionali, mal si concili con assetti proprietari potenzialmente frastagliati e diffusi.

Nella ricerca dei correttivi capaci di porre rimedio a tale inadeguatezza si accorda, da un alto, una tendenziale preferenza verso l'adeguamento per il tramite dell'autonomia statutaria (anche riconoscendo spazi di manovra del tutto inammissibili nella SRL c.d. di diritto comune) e si ipotizza, dall'altro, la disapplicazione del regime generale della SRL incompatibile con le peculiarità che si sono tratteggiate e la trasposizione di regole proprie del comparto azionario (cfr. S.Corso, Le s.r.l. “aperte al mercato” tra governance societaria e diritti dei soci investitori, cit.; Speranzin, S.r.l. piccole-medie imprese tra autonomia staturaria e ibridazione dei tipi (con particolare riferimento alle partecipazioni prive del diritto di voto)”, cit.; Cian, S.r.l. PMI, s.r.l., s.p.a.: schemi argomentativi per una ricostruzione del sistema, in Riv. Soc., 2018, 850 e ss; Benazzo, Categorie di quote, diritti di voto e governance della “nuovissima” s.r.l., in Riv. Soc., 2019, 648 e ss).

Si è proposto per esempio di comprimere, per il suo impatto con la gestione quotidiana e per il suo possibile esercizio abusivo, l'esercizio del pervasivo diritto di controllo ex art. 2476 c. 2 c.c da parte del socio investitore crowdfunders, e ciòattraverso la previsione di determinate soglie o limiti, come pure di ancorare al possesso di determinate aliquote del capitale sociale, in funzione dell'esigenza di garantire un governo societario stabile, la legittimazione all'esercizio dell'azione sociale di responsabilità ex art. 2476 c.c. e del diritto di impugnazione delle delibere e decisioni collegiali,secondo peraltro una direttrice di conversione dei diritti individuali riconosciti al singolo socio dalla disciplina del tipo base in diritti di una minoranza qualificata (S.Corso, Le s.r.l. “aperte al mercato” tra governance societaria e diritti dei soci investitori, cit, 237 e ss).

Oltre all'idea di attingere dal comparto azionario gli strumenti di tutela offerti in dotazione alle minoranze, è generalmente condivisa l'opinione di importare, sempre attraverso l'applicazione analogica della disciplina delle SPA, forme di organizzazione e tutela collettiva “di gruppo”.

In quest'ultimo senso, nell'ipotesi in cui siano state create categorie di quote, è stata prospettata la soluzione di arricchire l'apparato corporativo affiancando all'assemblea “generale” dei soci le assemblee speciali per ciascuna categoria di quote, alle quali demandare attraverso l'applicazione analogica dell'art. 2376 c.c. l'approvazione delle delibere che pregiudicano i diritti della speciale categoria.

Note conclusive

All'esito di quanto si è detto, il modello organizzativo della SRL si configura come un veicolo capace di attrarre finanziamenti anche ingenti, ed appare più che mai adatto per operazioni di private placement destinati a particolari tipologie di investitori.

A fronte dell'operazione di investimento in equity possono ora essere attribuiti a livello statutario non solo diritti patrimoniali, ma anche diritti di voice che possono avere caratteri e contenuti corrispondenti a quelli che tradizionalmente vengono riservati alle azioni.

L'emissione serializzata, la sollecitazione di massa e la speciale tecnica di circolazione della partecipazione sociale scambiata attraverso i canali digitali fanno dubitare della persistente vigenza del divieto di rappresentazione delle partecipazioni dei soci tramite azioni (si sostiene che il nuovo regime circolatorio determinerebbe “il superamento anche dell'ultimo baluardo che ancora aveva resistito, nel segnare lo iato tra s.p.a. e s.r.l., rappresentato dal divieto di cartolarizzazione delle quote di partecipazione sociale (art. 2468 c.c.)”, così Benazzo, Categorie di quote, diritti di voto e governance della “nuovissima” s.r.l. cit.).

Inoltre, la predisposizione convenzionale di partecipazioni -tipo, contribuisce al superamento del principio dell'unitarietà ed indivisibilità della quota di SRL e sollecita un diverso approccio incline a riconoscere la legittimità del cumulo di più partecipazioni separate in capo ad un unico socio (cfr. Consiglio Notarile di Milano con Massima n. 171 cit. sulla possibilità che a ciascun socio di SRL PMI possano appartenere sia quote ordinarie che quote “di categoria”).

Da quest'ultima notazione discendono altre notevoli implicazioni, alcune delle quali possono essere messe sul tappeto: ci si interroga sull'ammissibilità della cessione o del recesso parziale delle quote distinte facenti capo al medesimo socio (sulla possibilità di esercitare il diritto di recesso con riferimento ad una sola categoria di quote cfr. Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, massima n. I, N. 12), sulla legittimità dell'espressione di voto per alcune quote soltanto oppure del voto divergente (sull'ammissibilità del voto divergente cfr. Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, massima n. I, N. 9) e sull'ammissibilità dell'impugnativa della delibera in forza delle quote per le quali si è risultati assensi o dissenzienti, nonostante si sia votato a favore della delibera impugnata per le rimanenti (sulla possibilità per il socio di disporre ed esercitare in modo disgiunto i diritti inerenti alle diverse quote di cui è titolare cfr. S. Corso, Le s.r.l. “aperte” al mercato tra governance societaria e diritti dei sottoscrittori, cit. 221).

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