Il trattamento delle sopravvenienze da esdebitazione in presenza di reddito di periodo

Giulio Andreani
Angelo Tubelli
23 Marzo 2023

Gli Autori sviluppano il presente articolo attorno ad un risposta di interpello recentemente fornita dalla Agenzia delle Entrate in tema di regime di detassazione delle sopravvenienze da esdebitazione conseguite nell'ambito di uno strumento di regolazione della crisi d'impresa. Tale questione interpretativa rientra fra quelle sollevate dalla formulazione del comma 4-ter dell'art. 88 del TUIR.
La questione e le diverse soluzioni

Tra le varie questioni interpretative sollevate dalla formulazione del comma 4-ter dell'art. 88 del Tuir, che disciplina il trattamento delle sopravvenienze da esdebitazione conseguite nell'ambito in uno strumento di regolazione della crisi d'impresa, una, di cui si è recentemente occupata l'Agenzia delle Entrate, riguarda il regime di detassazione di tali sopravvenienze in presenza di “altri redditi”, ovverosia il caso in cui, nel periodo d'imposta nel quale queste vengano conseguite, l'impresa che le realizza produce un “reddito di periodo” (o “reddito coevo”), suscettibile di riduzione mediante utilizzo di perdite fiscali pregresse ai sensi dell'art. 84 del Tuir.

Il secondo periodo del citato comma 4-ter, infatti, dispone che, nelle procedure di risanamento, le sopravvenienze attive da esdebitazione sono detassate per la parte che eccede l'ammontare complessivo della “perdita di periodo” o “perdita coeva” (che emerge quando, in assenza della sopravvenienza attiva da esdebitazione, l'impresa matura una perdita fiscale, anziché un reddito), delle perdite fiscali pregresse (che devono essere utilizzate senza considerare il limite dell'80% previsto dall'art. 84 del Tuir), delle eccedenze di interessi passivi da riportare negli esercizi successivi ai sensi dell'art. 96 del TUIR nonché delle eccedenze deducibili da riportare negli esercizi successivi di cui all'art. 1 del D.L. n. 201/2011 (cosiddetta “deduzione ACE”).

Tuttavia, tale norma nulla dispone circa il criterio di utilizzo delle perdite fiscali pregresse, potendo queste essere (si veda in particolare Assonime, circolare n. 15/2013, pagg. 19-22):

1) prioritariamente utilizzate a compensazione della sopravvenienza attiva, computando il “reddito di periodo” senza considerare la sopravvenienza (vale a dire “al netto” della stessa);

2) prioritariamente utilizzate a compensazione del “reddito di periodo” (computato anche in questa ipotesi senza considerare la sopravvenienza), applicando il limite dell'80% (se ordinariamente previsto) e per il residuo ammontare a compensazione della sopravvenienza da esdebitazione (senza applicazione del limite dell'80%, anche se ordinariamente previsto, alla luce dei condivisibili chiarimenti precedentemente forniti dall'Agenzia delle Entrate);

3) utilizzate a compensazione del reddito d'impresa unitariamente considerato (comprensivo, quindi del reddito di periodo e della sopravvenienza), assumendo che il reddito residuo (dopo l'utilizzo delle perdite pregresse) sia prioritariamente riconducibile alla sopravvenienza (che viene così detassata per un importo corrispondente al reddito residuo).

Per meglio comprendere gli effetti derivanti da ciascuna delle predette ipotesi, si consideri la situazione esemplificata nella tabella che segue:

Voci rilevanti

Ipotesi 1)

Ipotesi 2)

Ipotesi 3)

a) Sopravvenienza attiva da esdebitazione

120

120

120

b) Altri componenti positivi imponibili (esclusa la sopravvenienza)

80

80

80

c) Componenti negativi deducibili

60

60

60

d) “Reddito (perdita) di periodo”

20

20

140

e) Perdite pregresse utilizzabili in misura limitata riportate dal periodo precedente

105

105

105

f) di cui perdite pregresse prioritariamente da utilizzare per gli “altri redditi”

-

16

20

g) di cui perdite pregresse da confrontare con la sopravvenienza attiva da esdebitazione (= e-f)

105

89

85

h) Sopravvenienza attiva esclusa ex art. 88 (= a-g)

15

31

35

i) Reddito imponibile al lordo delle perdite pregresse (= a+b-c-h)

125

109

105

j) Perdite pregresse utilizzabili

105

105

105

k) Reddito da assoggettare a tassazione (=i-j)

20

4

0

m) Perdite pregresse riportabili (=e-j)

0

0

0

La soluzione indicata sub 1) conduce a determinare la sopravvenienza attiva da detassare in misura pari a 15 (= 120 - 105), importo corrispondente all'eccedenza della stessa rispetto alle perdite pregresse disponibili. Il reddito d'impresa, anteriormente all'utilizzo delle perdite pregresse, si calcola quindi in misura pari a 125 [= (120 - 15) + 20], mentre il reddito imponibile, al netto delle perdite pregresse, ammonta a 20 (= 125 - 105), importo corrispondente al “reddito di periodo” che sarebbe maturato in assenza della sopravvenienza attiva da esdebitazione.

La soluzione sub 2), invece, assume la possibilità di considerare l'utilizzo delle perdite pregresse innanzitutto a compensazione del “reddito di periodo” con la limitazione dell'80% e, quindi, nella misura di 16, residuando perdite pregresse per 89 (= 105 - 16) da confrontare con l'ammontare della riduzione dei debiti, da detassare quindi nella misura di 31 (= 120 - 89). Il reddito d'impresa, anteriormente all'utilizzo delle perdite pregresse, risulta così pari a 109 [= (120 - 31) + 20], mentre il reddito imponibile, al netto delle perdite pregresse (utilizzabili - come detto - senza considerare il limite dell'80%), ammonta a 4 [= 109 - 105], importo corrispondente al reddito imponibile che sarebbe maturato in assenza della sopravvenienza attiva da esdebitazione (4 = 20 – 20 x 0,8).

La soluzione sub 3), infine, assumendo la possibilità di applicare il limite dell'80% al reddito d'impresa comprensivo della sopravvenienza attiva (inizialmente da considerare tassabile per intero) ed operando la variazione in diminuzione prevista dal comma 4-ter sul reddito che residua dopo l'ideale utilizzo delle perdite a riduzione degli “altri redditi”, comporta che le perdite pregresse pari a 105, ordinariamente utilizzabili in misura limitata, sono compensabili per intero. Per effetto della previsione del comma 4-ter, il reddito si considera formato unicamente dalla sopravvenienza attiva de qua, che risulta perciò detassabile per la parte eccedente l'ammontare delle perdite pregresse ancora disponibili e dunque in misura pari a 35 [= 120 - (105 - 20)], conseguendone la determinazione di un reddito imponibile pari a zero.

Tuttavia, in presenza di più interpretazioni astrattamente possibili sulla base della formulazione testuale del secondo periodo del comma 4-ter dell'art. 88, l'individuazione di quella corretta deve avvenire alla luce della ratio della limitazione della detassazione in commento, la quale - come chiarito dal Ministero dell'Economia e delle Finanze il 21 settembre 2018 in risposta all'interrogazione parlamentare n. 5/0047 – va ricercata nella volontà del legislatore di impedire che l'impresa destinata a proseguire l'attività, oltre al beneficio della non imponibilità del componente positivo, possa utilizzare, a compensazione dei redditi futuri, le perdite e le altre deduzioni formatesi negli anni della crisi.

Questa essendo la ratio legis, va dunque innanzitutto respinta l'interpretazione indicata sub 1), perché da essa deriverebbe un maggior carico impositivo rispetto a quello che sarebbe gravato sull'impresa in assenza di sopravvenienze attive da esdebitazione.

La soluzione indicata sub 2), invece, ha il pregio di “garantire il medesimo trattamento che si sarebbe ottenuto qualora l'impresa debitrice non avesse rilevato la sopravvenienza attiva” (così testualmente Assonime, circolare n. 15/2013, 20), pur richiedendo l'assunzione di una implicita modifica del meccanismo di cui all'art. 84, comportante l'applicazione idealmente in maniera separata, prima alla quota del reddito non ascrivibile alla sopravvenienza attiva e, poi, per il residuo importo, a detto ultimo componente. Questa impostazione, inoltre, comporta la necessità di operare in sede di determinazione del reddito d'impresa una variazione in diminuzione - pari nell'esempio a 31 - eccedente la differenza tra l'ammontare della sopravvenienza attiva (120) e quello delle perdite pregresse disponibili (105). A favore di questa seconda soluzione si sono espressi M. Garuti - M. Tamburini, “I proventi derivanti da ristrutturazione del debito”, in Corr. Trib., n. 15/2018, 1143-1144.

La soluzione indicata sub 3), infine, che consentirebbe di utilizzare le perdite pregresse senza considerare il limite dell'80% anche per la parte del reddito formata da “altri redditi” (ovverosia dal reddito non formato dalla sopravvenienza attiva da esdebitazione), è stata considerata in dottrina di più agevole e immediata applicazione, consentendo al contempo sia di evitare di dar luogo a un maggior onere impositivo, sia di rispettare le regole dell'art. 84 del Tuir (così Assonime, circolare n. 15/2013, 21). A favore della terza soluzione si sono espressi P. Ceppellini - R. Lugano, Testo Unico delle imposte sui redditi, 2016, 869.

Essa, tuttavia, non pare coerente né con la lettera, né con la ratio del secondo periodo del comma 4-ter. Inoltre, presuppone anch'essa, così come la seconda, una implicita modifica del meccanismo di cui all'art. 84, consistente nell'ideale separazione della quota delle perdite fiscali pregresse da utilizzare a compensazione degli “altri redditi” da quella (residua) ascrivibile alla sopravvenienza attiva da esdebitazione (si veda al riguardo la riga “f” della tabella sopra riportata). Inoltre, questa terza tesi imporrebbe di calcolare il reddito di periodo comprendendovi anche la sopravvenienza attiva da esdebitazione, a differenza di quanto l'Agenzia delle Entrate ha giustamente convenuto con riferimento al caso (più ricorrente) in cui sono assenti altri redditi ed emerge dunque una “perdita di periodo”, venendo così previsto un meccanismo diverso per il calcolo del risultato di periodo a seconda che esso sia di segno negativo o positivo, il che è privo di giustificazione.

Per questi motivi è la soluzione indicata sub 2) quella da ritenere più coerente con la ratio del citato comma 4-ter dell'art. 88 del Tuir.



La risposta ad interpello dell'Agenzia delle Entrate

Con risposta a interpello del 23 dicembre 2022, l'Agenzia delle Entrate si è espressa per la prima volta sulla questione interpretativa di cui trattasi.

Il caso esaminato riguarda una società che nel 2021 aveva concluso, con il proprio socio unico e con un creditore che in precedenza aveva acquistato presso le banche dei crediti a un prezzo inferiore a quello nominale, un accordo in esecuzione di un piano di risanamento ex art. 67 della Legge fallimentare (ora art. 56 del Codice della crisi e dell'insolvenza), convenendo la conversione di tali crediti in uno strumento finanziario partecipativo (o “sfp”), la quale era stata rilevata contabilmente mediante l'azzeramento dei relativi debiti e l'incremento di pari importo del patrimonio netto.

Nel medesimo esercizio in cui era stato concluso l'accordo, la Società aveva conseguito, indipendentemente dalla sopravvenienza fiscale discendente dalla suddetta conversione (pari alla differenza fra valore contabile e tributario del credito), un “reddito di periodo”, mentre nei periodi precedenti aveva subito significative perdite civilistiche e fiscali.

Le norme rilevanti ai fini delle fattispecie di cui trattasi sono le seguenti:

  • il comma 4-bis dell'art. 88 del Tuir, ai sensi del quale la conversione dei crediti in partecipazioni, alle quali sono equiparabili gli “sfp”, si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il valore fiscale di tali crediti;
  • il comma 4-ter del medesimo art. 88, il quale - come dianzi riferito - dispone che le sopravvenienze da esdebitazione sono detassate per la parte che eccede le perdite fiscali;
  • l'art. 84 del Tuir, che impone ordinariamente l'utilizzo delle perdite pregresse nei limiti dell'80% del reddito imponibile.

Ferma restando la rilevanza della sopravvenienza di cui al citato comma 4-bis, l'Agenzia delle Entrate ha opportunamente ritenuto che, ai fini dell'utilizzo delle perdite fiscali pregresse, il reddito ordinario deve essere distinto da quello generato dalla sopravvenienza attiva. Tuttavia, circa la misura delle perdite pregresse compensabili con tale reddito, l'Agenzia ha affermato che occorre:

a) determinare il reddito di periodo al lordo della sopravvenienza attiva da esdebitazione (ovverosia comprensivo della stessa) secondo le ordinarie regole di determinazione del reddito d'impresa;

b) utilizzare le perdite fiscali pregresse a riduzione del reddito di periodo come calcolato sub a), nei limiti dell'80% del relativo ammontare, prioritariamente con riguardo ai redditi diversi dalla sopravvenienza attiva;

c) utilizzare le perdite che residuano e le eventuali eccedenze di interessi passivi non dedotte ai sensi dell'art. 96 del Tuir a (indiretta) riduzione della sopravvenienza da esdebitazione, fino a concorrenza del loro ammontare;

d) detassare, ai sensi dell'art. 88, comma 4-ter, del Tuir, la parte della sopravvenienza eventualmente non neutralizzata mediante le perdite pregresse e gli interessi passivi di cui al punto precedente.

Assumendo pari a 250 gli “altri redditi” (cioè il reddito ordinario d'esercizio), a 200 la sopravvenienza da esdebitazione e a 250 le perdite pregresse, in base a tale tesi si ha quanto segue:

  1. il reddito di periodo lordo di cui alla lett. a) ammonta a 450 (= 250 + 200);
  2. la soglia di utilizzo massimo delle perdite pregresse, pari all'80% del reddito di periodo lordo, ammonta a 360 (= 450 x 0,80);
  3. le perdite pregresse pari a 250 possono quindi essere imputate prioritariamente agli “altri redditi” per il loro intero importo di 250, non residuando perdite con cui neutralizzare la sopravvenienza;
  4. la sopravvenienza di 200, non residuando perdite, usufruisce integralmente della detassazione di cui al comma 4-ter del citato art. 88;
  5. complessivamente non viene perciò sottoposto a tassazione alcun reddito, né la sopravvenienza (il che è fisiologico) né il reddito di periodo.

In base alla tesi dell'Agenzia, dunque, l'imponibile fiscale risulta inferiore a quello che la società avrebbe ottenuto in assenza della sopravvenienza da conversione (il che è incoerente). In particolare, la tesi dell'Agenzia crea un indebito vantaggio per il contribuente, tradendo però la ratio degli artt. 84 e 88 del Tuir, perché, determinando la soglia di utilizzo delle perdite nella misura dell'80% del reddito complessivo e non solo del reddito di periodo, quest'ultimo - come mostra l'esempio - viene neutralizzato integralmente, anziché nell'ordinario limite dell'80%.



Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario