La custodia della partecipazione societaria pignorata

Giuseppe Lauropoli
24 Marzo 2023

Un tema di sicuro interesse: l'attività del custode della partecipazione societaria pignorata. Molte le questioni da approfondire, peraltro in assenza di sicuri riferimenti normativi: vengono così in rilievo questioni quali la nomina del custode, i poteri allo stesso attribuiti.
Quadro normativo

Un tema all'apparenza davvero circoscritto, riservato solo agli “addetti ai lavori”: la custodia delle partecipazioni pignorate.

In fondo, si potrebbe dire, viene in rilievo il caso del pignoramento di una specifica tipologia di partecipazione sociale (in particolare, l'ipotesi in esame è quella prevista dall'art. 2471 c.c., riguardante il pignoramento di quote di una società a responsabilità limitata) e, per di più, non ci si sofferma sul tema del pignoramento della quota societaria nel suo complesso, già così specifico, ma su un particolare aspetto concernente questa forma di espropriazione, ossia la custodia delle partecipazioni pignorate.

Non sarà pretendere troppo? Ed è davvero utile tale approfondimento?

La verità è che il pignoramento di partecipazioni societarie è piuttosto ricorrente nella prassi degli uffici giudiziari ed è trattato in modo espresso da un'unica disposizione (si tratta dell'art. 2471 c.c., nella attuale formulazione introdotto con la riforma organica della materia societaria operata per effetto del d.lgs. n. 6/2003, mentre prima di tale riforma il tema del pignoramento della quota di s.r.l. veniva trattato, in termini ancor più succinti, dall'art. 2480 c.c.), la quale pone non pochi problemi interpretativi di non agevole soluzione.

Un istituto, quello della espropriazione forzata di quote societarie, che ha ricevuto nuovo impulso abbastanza di recente, da quando cioè la Cassazione ha riconosciuto espressamente la possibilità di assegnazione al creditore procedente che ne faccia richiesta della partecipazione societaria oggetto di pignoramento (si veda Cass. civ. n. 15596/2019), in tal modo consentendo di evitare le spesso defatiganti ed infruttuose attività finalizzate alla vendita forzata di tale particolare cespite.

Ma andiamo con ordine.

L'art. 2471 c.c., nel trattare della espropriazione della partecipazione della società a responsabilità limitata, dopo aver premesso che tale partecipazione può costituire oggetto di espropriazione, prevede che la sua espropriazione si esegua mediante notificazione del pignoramento al debitore e alla società e sua successiva iscrizione nel registro delle imprese.

Tanto la prevalente dottrina (per una rassegna delle principali posizioni espresse sul punto, si veda Il Pignoramento nel suo aspetto pratico, a cura di F. De Stefano e R. Giordano, Milano, 2020, pag. 448 e ss.), quanto la giurisprudenza di legittimità (si veda, in particolare, Cass. civ. n. 13903/2014) tendono ad inquadrare l'espropriazione della partecipazione societaria nell'ambito del pignoramento diretto mobiliare, piuttosto che nell'ambito del pignoramento presso terzi, facendo leva tanto sulla natura della partecipazione, qualificata come bene immateriale, quanto sulla disciplina del pignoramento disegnata succintamente dall'art. 2471 c.c. (la quale non prevede in alcun modo la dichiarazione del terzo ai sensi dell'art. 547 c.p.c.).

Da una tale riconduzione del pignoramento della partecipazione nell'alveo del pignoramento diretto mobiliare non discende, tuttavia, l'effetto che il debitore esecutato non possa essere mai nominato custode della quota pignorata (come può evincersi dal contenuto dell'art. 520 c.p.c.), né che alla nomina del custode provveda l'ufficiale giudiziario in sede di pignoramento: si ritiene, anzi, che non comportando il pignoramento una necessaria interruzione del rapporto materiale con il bene, tale forma di esecuzione sia compatibile con l'individuazione del debitore, socio della società, quale custode ex lege del bene fin dal momento della notifica del pignoramento, salva la possibilità, per il giudice dell'esecuzione, di provvedere alla individuazione, quale custode della quota, di un soggetto diverso (Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2017, pag. 1676).

A guardar bene, il tema della custodia della partecipazione oggetto di pignoramento assume connotati del tutto peculiari, diversi da quanto avvenga tanto nella espropriazione mobiliare, quanto in quella immobiliare, quanto in quella di crediti.

Nella espropriazione diretta mobiliare, ad esempio, il rischio di sottrazione o deperimento del bene pignorato è scongiurato, almeno formalmente, dalla individuazione, fin dal momento del pignoramento, di un custode diverso dalla persona del debitore.

Nella espropriazione di immobili, poi, se è vero che il debitore rimane da principio custode dell'immobile (art. 559 c.p.c.), è altresì vero che il rischio di trasferimento del bene ai danni del creditore procedente è evitato dalla pubblicità del pignoramento effettuata mediante trascrizione sui registri immobiliari.

Nel caso del pignoramento dei crediti, poi, la custodia è ex lege attribuita al terzo pignorato, con conseguente inopponibilità al creditore procedente di atti dispositivi del credito successivi alla notifica del pignoramento.

Nel caso del pignoramento di quote societarie, invece, tali forme di garanzia possono valere solo in parte ed, anzi, la stessa nomina di un custode diverso dal debitore esecutato può risultare non sufficiente a porre la partecipazione pignorata al riparo da atti finalizzati a diminuirne il valore.

Se è vero, infatti, che per effetto della iscrizione del pignoramento nel registro delle imprese viene evitato il rischio di circolazione della quota, è altresì vero che ciò non consente di garantire che la partecipazione pignorata possa mantenere, nel tempo occorrente alla stima e alla successiva vendita forzata della stessa, il proprio originario valore, non potendosi escludere la realizzazione di atti finalizzati a privare la stessa di parte o della totalità del proprio valore.

Ecco allora che il tema del custode delle partecipazioni pignorate e della individuazione dell'ambito dei poteri attribuiti allo stesso comincia a rivelare tutta la sua importanza ai fini della buona riuscita del pignoramento di quote societarie di una s.r.l.

L'attività del custode della partecipazione

Si è appena evidenziato come la tematica della individuazione del custode della quota pignorata, pur eluso dal dato normativo, assuma tuttavia una sua sicura rilevanza in vista della necessità di individuare un soggetto che assolva al compito di gestire la partecipazione in maniera accorta nelle more della procedura esecutiva, a garanzia della conservazione del valore della stessa (si veda il volume Delle Società Dell'Azienda Della Concorrenza, a cura di U. Santosuosso, in Commentario del Codice Civile, Torino, 2015, pagg. 403 e ss.).

Si è anche esposto come sia prevalente la tesi secondo la quale il custode debba ritenersi individuato ex lege, fin dalla notifica del pignoramento, nella persona del debitore, ferma restando la possibilità, per il giudice dell'esecuzione, di provvedere alla nomina di un professionista che svolga tale attività in luogo del debitore.

Ciò posto, occorre allora innanzi tutto domandarsi se il giudice dell'esecuzione possa provvedere in ogni tempo, anche d'ufficio, alla nomina di un custode diverso dal debitore, ovvero se occorra una istanza di parte e la allegazione di specifiche esigenze che impongano la sostituzione del custode.

A riguardo, l'art. 66 c.p.c., inserito tra le disposizioni codicistiche che trattano degli ausiliari del giudice, prevede che “il giudice, d'ufficio o su istanza di parte, può disporre in ogni tempo la sostituzione del custode”.

Dunque, pare doversi concludere che sia rimessa al giudice dell'esecuzione la possibilità di procedere alla sostituzione del debitore con un differente custode in ogni tempo, sia d'ufficio, sia su istanza di parte.

Da ciò, tuttavia, non consegue alcun automatismo nella necessità di provvedere alla individuazione e nomina di un professionista che custodisca la partecipazione pignorata nelle more della procedura in luogo del debitore, potendosi anzi ritenere che una tale sostituzione debba avvenire in presenza di elementi sufficientemente specifici, venuti a conoscenza del giudice dell'esecuzione, dai quali sia possibile evincere la sussistenza di un pericolo di diminuzione del valore della quota pignorata in mancanza di tale sostituzione.

Quali sono, allora, le attività devolute al custode della partecipazione, una volta che sia intervenuta la sua nomina?

In mancanza di qualsiasi univoco riferimento normativo sul punto, una prima risposta a questo quesito pare potersi evincere dal contenuto dell'art. 2471-bis c.c., disposizione dettata in tema di pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione.

Tale norma contiene infatti un rinvio all'art. 2352 c.c. (dettato in tema di pegno, usufrutto e sequestro delle azioni) il quale, al suo primo comma, prevede che al custode delle azioni spetti il diritto di voto.

E' proprio l'analogia ravvisabile tra la finalità del sequestro conservativo e quella del pignoramento, accomunati come sono dalla funzione di creare un vincolo di indisponibilità sul bene, ad indurre a ritenere che anche nel caso di pignoramento di quote debba riconoscersi il diritto di voto al custode delle quote.

Le materie devolute alla decisione dei soci sono poi quelle individuate nell'art. 2479 c.c. (il quale, fatte salve le diverse previsioni contenute nell'atto costitutivo, riserva ai soci la decisione sulla approvazione del bilancio, sulla nomina degli amministratori, sulla nomina dei sindaci nei casi previsti dall'art. 2477 c.c., sulle modificazioni dell'atto costitutivo e su tutte le operazioni che comportino una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale o dei diritti dei soci).

Ora, poiché il custode non assume i poteri propri dell'amministratore della società, ma unicamente il diritto di voto in relazione alla quota societaria oggetto di custodia, si comprende bene come lo stesso non sempre e non necessariamente sia in grado di garantire e preservare l'integrità del valore della partecipazione nelle more della procedura.

Non semplice, poi, in assenza di un espresso appiglio normativo, rispondere al quesito se sia possibile riconoscere al custode delle quote anche gli altri poteri ordinariamente riconosciuti al socio della società, tra i quali quello di esercitare l'azione di responsabilità contro gli amministratori (se del caso accompagnata dalla richiesta di revoca cautelare degli stessi) e quello di poter esercitare il controllo sulla amministrazione della società (art. 2476, comma 2, c.c.).

Sta di fatto, che una volta che si attribuisca al custode la funzione di conservare ed amministrare il bene pignorato (art. 65, comma 1, c.c.), il che si traduce, nel caso di custodia della quota societaria, nella finalità di gestire la stessa in vista della conservazione del proprio valore, pare difficile negare al custode quanto meno i poteri informativi di cui al secondo comma dell'art. 2476 c.c., ben potendosi lo stesso attivare per richiedere agli amministratori della società notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali ed i documenti relativi all'amministrazione della società.

Altra questione di sicuro interesse concerne il “controllo” dell'attività del custode.

Poiché il custode è chiamato a svolgere una attività di particolare rilievo nel caso di pignoramento di partecipazione sociale, potendo incidere significativamente sull'andamento dell'attività societaria, occorre chiedersi se l'attività dello stesso sia subordinata ad una qualche forma di intervento autorizzativo preventivo da parte del giudice dell'esecuzione.

Le disposizioni generali dettate con riguardo alla figura del custode (artt. 65 e ss. c.p.c.) non consentono, per la verità, di individuare casi nei quali il custode necessiti della preventiva autorizzazione del giudice per lo svolgimento di determinate attività, fatta salva la possibilità per il giudice di provvedere alla sua sostituzione e ferma restando la responsabilità dello stesso laddove il medesimo non eserciti la custodia da buon padre di famiglia (art. 67, comma 2, c.p.c.).

E' pur vero, poi, che l'espropriazione è diretta dal giudice dell'esecuzione (art. 484, comma 1, c.p.c.), così come non mancano casi, con riguardo a specifiche forme di espropriazione, nei quali determinate attività del custode del bene pignorato sono subordinate alla preventiva autorizzazione da parte del giudice dell'esecuzione (si pensi, così, nel caso del custode di beni mobili, alla necessità di preventiva autorizzazione al fine di lasciare i beni nel luogo nel quale sono stati pignorati, in conformità all'art. 521, comma 3, c.p.c., e nel caso di beni immobili, alla necessità di preventiva autorizzazione per l'eventuale locazione del bene immobile pignorato, in conformità al secondo comma dell'art. 560 c.p.c.).

I predetti elementi inducono allora a ritenere che, pur in assenza di una espressa previsione normativa che imponga la necessità di preventiva autorizzazione per l'espletamento di singoli atti da parte del custode della quota pignorata, senza dubbio fra il giudice dell'esecuzione ed il proprio ausiliario dovrà necessariamente esservi un costante contatto, in modo da consentire al primo di svolgere efficacemente la propria attività di direzione del processo.

Le stesse parti del processo esecutivo potranno, inoltre, ove ravvisino la inosservanza degli obblighi facenti capo al custode o il compimento di atti non conformi alla finalità di conservare il valore della quota, sollecitare l'adozione da parte del giudice dell'esecuzione di un provvedimento di sostituzione del medesimo.

Il compenso del custode

Non semplice anche la soluzione della questione concernente la determinazione del compenso spettante al custode delle quote per l'esercizio della sua attività (per una panoramica generale in tema di compensi al custode del bene pignorato si veda L. Caradonna, “Custodia (nell'espropriazione forzata)”, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it).

I compensi spettanti al custode dei beni pignorati vengono individuati dal Decreto del Ministero della Giustizia n. 80 del 15 maggio 2009.

Tale decreto, reca il Regolamento in materia di “determinazione dei compensi spettanti ai custodi dei beni pignorati”.

Mentre gli articoli 2 e 3 di tale decreto si concentrano sulla determinazione dei compensi spettanti al custode di beni immobili, l'art. 4 si focalizza sulla determinazione dei compensi spettanti al custode dei beni mobili, distinguendo fra compensi spettanti per la custodia di autocarri, di trattori, di autoveicoli, di ciclomotori, di preziosi ed opere d'arte, nonché, in ultimo, per la custodia di altri beni.

A rigore, dunque, i compensi spettanti al custode della quota societaria andrebbero determinati ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. g), del menzionato decreto, stando al quale i compensi sono così determinati: “per altri beni: 1) se la somma ricavata della vendita della totalità dei beni non supera euro 1.000,00, euro 0,15 per 0,25 metro cubo al giorno; 2) se la somma ricavata della vendita della totalità dei beni è compreso tra euro 1.001,00 ed euro 2.500,00, euro 0,30 per 0,25 metro cubo al giorno; 3) se la somma ricavata della vendita della totalità dei beni supera euro 2.500, euro 0,40 per 0,25 metro cubo al giorno”.

Tuttavia, dalla semplice lettura della menzionata disposizione si evince immediatamente come la stessa mal si attagli ad un bene immateriale come la partecipazione societaria.

Una possibile soluzione potrebbe allora rinvenirsi in una applicazione analogica al caso di specie delle disposizioni dettate per la determinazione del compenso al custode di beni immobili, valorizzando da un lato la particolare complessità delle attività devolute al custode della quota pignorata (assimilabile, come tale, più alla varietà e complessità delle attività devolute al custode di immobile che a quella del custode di un qualsiasi bene mobile) e, dall'altro, ai già evidenziati elementi di affinità tra la procedura di espropriazione immobiliare e quella di espropriazione delle quota societaria, concludendo per l'applicazione al caso di specie dei compensi indicati agli articoli 2 e 3 del menzionato decreto.

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