La procedibilità dell'esecuzione forzata intrapresa o proseguita dal creditore fondiario in costanza di liquidazione controllata

Pasqualina Farina
27 Marzo 2023

Il Tribunale di Torre Annunziata affronta l'inedito tema dei rapporti, a seguito dell'entrata in vigore del codice della crisi di impresa, tra esecuzione individuale promossa dal creditore fondiario e liquidazione controllata, sul quale si è aperto in giurisprudenza un profondo contrasto.  
Massima

L'azione esecutiva individuale intrapresa o proseguita dal creditore munito del privilegio processuale di cui all'art. 41 Tulb è destinata a proseguire – oltre che nel caso di liquidazione giudiziale – anche nel caso di liquidazione controllata, e ciò in forza del rinvio non recettizio all'art. 150 CCI operato dall'art. 270, comma 5, CCI, giacché la disposizione richiamata contiene in sé ad un tempo la regola (ossia, il divieto di iniziare o proseguire l'esecuzione) e la sua eccezione (“Salvo diversa disposizione della legge”). (Nella specie, il giudice dell'esecuzione ha ritenuto non operante - con riferimento alla procedura esecutiva pendente dinanzi a sé e giunta alla fase liquidatoria - il divieto di prosecuzione dell'espropriazione singolare sancito dal Tribunale Concorsuale nella sentenza di apertura della liquidazione controllata).

Il caso

Con provvedimento del 12 gennaio 2023, il Tribunale concorsuale di Torre Annunziata ha dichiarato aperta la procedura di liquidazione (controllata) del patrimonio di X.Y., disponendo, tra l'altro, l'improcedibilità, fino alla chiusura del procedimento, delle azioni esecutive individuali pendenti.

Con decreto, adottato in pari data, il Giudice dell'esecuzione ha sospeso l'espropriazione immobiliare (pervenuta ormai alla fase di vendita), intrapresa nei confronti del medesimo debitore, ed ha fissato udienza di comparizione delle parti per l'adozione di ogni ulteriore provvedimento.

Se i creditori procedenti (di due diverse esecuzioni riunite) hanno chiesto al Giudice dell'esecuzione la revoca della disposta sospensione e, quindi, la prosecuzione dell'azione esecutiva in forza dello speciale privilegio processuale di cui all'art. 41 Tulb; dal lato opposto, la difesa del debitore ha invocato la declaratoria di improseguibilità dell'espropriazione immobiliare.

Il Giudice dell'esecuzione di Torre Annunziata, all'esito dell'udienza, ha disposto la revoca della sospensione e la prosecuzione delle operazioni di vendita, rimettendo all'uopo gli atti al professionista delegato.

La questione

Sulla questione della procedibilità dell'esecuzione forzata intrapresa o proseguita dal creditore fondiario in costanza di liquidazione controllata il legislatore della riforma non ha dettato una disciplina espressa e nella giurisprudenza di merito, come si dirà meglio a breve, si è aperto un profondo contrasto. La decisione in commento va a rafforzare e meglio argomentare quell'orientamento in forza del quale, a differenza di quanto previsto in passato dalla l. 3/2012 (cd. L. sovraind.) per la liquidazione del patrimonio, il creditore fondiario può intraprendere o proseguire l'azione esecutiva individuale, trovando applicazione anche per la liquidazione controllata la regola (generale e la relativa eccezione) contenuta nell'art. 150 CCI per la liquidazione giudiziale e non invece quelle dettate per le altre procedure compositive della crisi (ristrutturazione dei debiti del consumatore e concordato minore).

Le soluzioni giuridiche

La motivazione della decisione in commento muove dalla disamina dei diversi orientamenti che, con riferimento alla tutela del creditore fondiario nella liquidazione controllata, sfociano in soluzioni, di segno contrario, riguardo all'applicabilità dell'art. 41 T.u.l.b.

Segnatamente, in forza di una prima interpretazione (adottata da Trib. di Verona 20 dicembre 2022, in www.inexecutivis.it che si è espresso per la improcedibilità tout court; e da Trib. Treviso 19 gennaio 2023 in www.unijuris.it che ha sospeso fino a diversa determinazione del liquidatore) l'art. 41 Tulb troverebbe applicazione nella sola liquidazione giudiziale posto che la sola procedura concorsuale menzionata dalla disposizione è il “fallimento” (sostituito, a far data dal 15 luglio 2022, dalla “liquidazione giudiziale”).

Non solo. Per questo orientamento, il rinvio che il comma quinto dell'art. 270, CCI (dedicato all'apertura della liquidazione controllata) fa all'art. 150 CCI (ove si riproduce la medesima formulazione dell'art. 51 l. fall., sul divieto di azioni esecutive e cautelari incluso l'inciso “salvo diversa disposizione di legge”) non giustificherebbe le deroghe alla legge del concorso al di fuori dei casi previsti dalle norme speciali; ciò sul presupposto che la “diversa disposizione di legge” rispetto alla regola della concorsualità prevarrebbe solo per il caso da essa espressamente contemplato. In altre parole, questa interpretazione più rigorosa sostiene che se il legislatore avesse inteso esportare il privilegio processuale del creditore fondiario al di là dei suoi confini tradizionali, avrebbe dovuto modificare le norme del testo unico bancario. Sicché il rinvio dell'art. 270, comma 5, all'art. 150 CCI andrebbe limitato alla sola regola della concorsualità, senza includere le eccezioni alla medesima regola.

Tra le varie argomentazioni a sostegno dell'orientamento restrittivo va segnalata, da ultimo, quella che fa leva sui numerosi divieti dell'esecuzione singolare a beneficio della concorsualità (cfr. ad es., gli artt. 54, 70, comma 4, 78, comma 2, lett. d), ad esempio), con un ampliamento sia in termini di durata che di oggetto delle misure protettive (divieto alla esecuzione di crediti impignorabili nel concordato minore, a differenza che nell'accordo; divieto delle "esecuzioni" per pegno o privilegio speciale mobiliare).

A conclusioni diametralmente opposte giunge l'altra linea interpretativa (sostenuta da Trib. Barcellona Pozzo di Gotto, 24 gennaio 2023, richiamata dalla decisione in commento), in forza della quale il mancato esercizio - da parte del Governo - della delega del 19 ottobre 2017, n. 155 laddove avrebbe dovuto effettuare la cd. potatura dei privilegi (cioè “escludere l'operatività di esecuzioni speciali e di privilegi processuali, anche fondiari”) e la previsione espressa dell'operatività del privilegio fondiario sino al secondo anno successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo (ovvero dell'ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'art. 1), determina l'integrale applicazione dell'art. 150 CCI anche nella liquidazione controllata, ai sensi dell'art. 270, comma 5, CCI. Con la precisazione che quest'ultima disposizione costituisce una novità rispetto alla disciplina di cui all'art. 14-quinquies della l. n. 3/2012, che invece non prevedeva, per la liquidazione del patrimonio del sovraindebitato, alcuna deroga al divieto di intraprendere o proseguire le esecuzioni individuali.

Osservazioni

Con la pronuncia in commento, il Giudice di Torre Annunziata aderisce alla tesi della proseguibilità dell'espropriazione intrapresa o proseguita dal fondiario in costanza di liquidazione controllata.

La soluzione adottata ci pare condivisibile, per diversi ordini di ragioni.

Preliminarmente, va segnalato che oggi le procedure da sovraindebitamento sono disciplinate dalla medesima fonte normativa che regola le procedure cd. maggiori; pertanto anche nelle procedure da sovraindebitamento trovano applicazione i principi processuali contenuti negli artt. 7 (trattazione unitaria delle domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e alle procedure di insolvenza) e 8 (durata massima delle misure protettive, limitatamente agli strumenti di regolazione, diversi dalla liquidazione).

Si aggiunga che, tra le principali innovazioni di tipo sistematico apportate dal CCI alle procedure da sovraindebitamento, va annoverata quella che attribuisce alla liquidazione controllata di cui agli artt. 268 ss. CCI, (a differenza della liquidazione del patrimonio di cui alla l. n. 3 del 2012), la medesima struttura e funzione della liquidazione giudiziale (che dal 15 luglio 2022, si ripete, ha sostituito il fallimento, lasciandone però immutati i presupposti e le finalità). Ed infatti, se, nel regime della l. n. 3 del 2012 la liquidazione del patrimonio era una procedura esclusivamente volontaria, concepita come un beneficio per il debitore, in quello attuale l'iniziativa viene riconosciuta, anche al creditore ed in talune, limitate ipotesi al p.m. A quest'ultimo riguardo - ed a conferma della delicatezza della questione - va notato che non sono mancate le modifiche: la precedente formulazione dell'art. 268 CCI, mai entrata in vigore, configurava la legittimazione in capo al p.m. solo in caso d'insolvenza dell'imprenditore; oggiinvece l'art. 80, comma 6, CCI, consente l'iniziativa del p.m., in caso di frode emersa prima dell'omologa del concordato minore.

Ebbene in questo nuovo assetto delle procedure da sovraindebitamento, regolate dallo stesso corpus normativo (il CCI appunto) che governa le procedure cd. maggiori - per le quali il legislatore ha enfatizzato le assonanze strutturali e funzionali tra concordato preventivo e concordato minore (che ha assunto del primo anche la denominazione dismettendo il nomen di accordo), tra liquidazione giudiziale (ex fallimento) e liquidazione controllata (ex liquidazione del patrimonio) - l'orientamento che ammette la procedibilità dell'esecuzione intrapresa dal fondiario, in costanza di liquidazione controllata, darebbe un senso compiuto all'inciso di cui all'art. 268, comma 2, CCI, per il quale il creditore può depositare il ricorso "anche in pendenza di procedure esecutive individuali".

In buona sostanza, si vuol dire che riconoscere la sussistenza del privilegio processuale in favore del fondiario costituisce oggi una piana interpretazione estensiva e non più una (troppo audace) applicazione analogica dell'art. 41 tulb.

Ma v'è di più. L'interpretazione letterale più rigorosa - quella cioè che nega il privilegio processuale del fondiario perché manca nella formulazione del suddetto art. 41 un riferimento alla liquidazione controllata - dimentica che tale disposizione continua ancora oggi a riferirsi al solo fallimento. Sullo sfondo rimane invero la considerazione che la tutela del creditore fondiario nella procedura di liquidazione giudiziale risulta, in concreto, affidata ad una lettura estensiva del dato normativo che fa leva sulla medesima identità di struttura e funzione che, a prescindere dalla denominazione degli istituti, caratterizza sia l'“anacronistico” fallimento, sia la “nuova” liquidazione giudiziale.

Del resto, è proprio a causa della eadem ratio sussistente tra le due procedure di liquidazione (giudiziale e controllata), il surrichiamato 5 comma dell'art. 270, CCI prevede espressamente che in quella controllata si applicano l'art. 143 in quanto compatibile e gli artt. 150 e 151”.

In base ad un esame più attento del 5 comma dell'art. 270, gli effetti dell'apertura della liquidazione controllata in relazione ai giudizi pendenti coincidono con quelli analoghi determinati, sempre sui rapporti processuali, dall'apertura della liquidazione giudiziale, purché compatibili; nessun dubbio sussiste invece sul rispetto della legge del concorso sostanziale (art. 150) e formale (art. 151) e delle relative eccezioni anche nella liquidazione controllata. Con ciò si vuol dire che proprio dalla mancanza della clausola di compatibilità rispetto all'art. 150 CCI, origina la convinzione che il legislatore ha inteso confermare, in tema di rapporti tra liquidazione controllata e procedure esecutive, il medesimo rapporto che c'è tra queste ultime e la liquidazione giudiziale. È, altresì, evidente che l'art. 270, 5° comma, CCI segna una inversione di rotta rispetto al previgente art. 14-quinquies, comma 2, lett. b), l. n. 3/2012, che vietava expressis verbis qualsiasi azione esecutiva sul patrimonio del debitore dopo l'apertura della procedura di liquidazione del patrimonio. Tant'è che la giurisprudenza di merito nella vigenza della l. 3/2012 aveva correttamente fatto leva sulla formulazione adottata dall'art. 14 surrichiamato laddove si stabiliva che “sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azione cautelari o esecutive”, per affermare il carattere assoluto del divieto l azioni individuali, senza alcun rinvio ad altre norme (id est l'art. 51 l. fall. o l'art. 41, comma 2, tulb). Di segno contrario, invece, la scelta del legislatore della crisi d'impresa che, lungi dal replicare nell'art. 270 il principio enunciato dal surrichiamato art. 14-quinquies l. 3/2012, ha optato, discostandosi dal passato, per un “integrale” rinvio all'art. 150 CCI.

In questo stato di cose ed anche alla luce della evoluzione e della sistemazione della normativa di riferimento, ci pare debba convenirsi con la decisione in commento che “il rinvio che mancava nella disciplina previgente oggi esiste ed è quello contenuto nell'art. 270 CCI che, per quanto sopra detto, non può intendersi riferito solo alla regola, ma anche alla eccezione ivi richiamata”.

Resta, infine, da dire che non convince la tesi, disattesa dalla decisione in commento, che desume l'improcedibilità dell'esecuzione intrapresa dal fondiario (in costanza di liquidazione controllata) dagli artt. 54, 70, comma 4, 78, comma 2, lett. d), CCI, e quindi da quelle norme che potenzierebbero il divieto dell'esecuzione singolare a beneficio della legge del concorso, ampliando l'oggetto delle misure protettive (v., ad es., il divieto alla esecuzione di crediti impignorabili nel concordato minore, a differenza che nell'accordo; divieto delle "esecuzioni" per pegno o privilegio speciale mobiliare).

A noi pare invece che:

a) il cd. ampliamento (dell'oggetto) delle misure protettive abbia, invece, come contraltare il limite massimo di durata delle stesse (di 12 mesi ex art. 8 CCI), che in passato erano di durata indefinita e coprivano il patrimonio del debitore fino all'omologazione;

b) e che tale potenziamento, da un punto di vista oggettivo, sia irrilevante rispetto al problema che ci occupa perché riguarda le sole procedure di composizione della crisi dell'imprenditore (piccolo o agricolo) o del consumatore, mentre nella liquidazione (giudiziale o controllata) il divieto di azioni esecutive è privo di termine e, limitatamente, all'oggetto continua a subire non solo le eccezioni del privilegio processuale del fondiario, ma anche quelle dei creditori muniti di pegno o assistiti dal diritto di ritenzione privilegiata ex artt. 2756 e 2761 c.c. per i crediti per le prestazioni e per le spese sostenute per la conservazione o per il miglioramento dei beni mobili ed a crediti del depositario, del sequestratario, del mandatario e del vettore, fintanto che il bene si trovi presso costoro, come espressamente previsto in passato dall'art. 53 l. fall. e oggi ribadito dall'art. 152 CCI.

Riferimenti
  • Allorio Esecuzione forzata immobiliare da parte dell'istituto di credito fondiario dopo il fallimento del debitore, in Banca, borsa e tit. cred., 1956, II, 336 ss.;
  • Bongiorno, L'autotutela esecutiva, Milano 1984, 184 ss.;
  • Farina,La nuova disciplina del concordato minore tra semplificazioni e complicazioni, in Dir. fall. 2019, 1364 ss.;
  • Id., Le procedure concorsuali di cui alla legge n. 3 del 2012 e la (limitata) compatibilità con la legge fallimentare. Le problematiche della domanda e dell'"automatic stay, in Dir. fall., 2017, 43 ss.;
  • Inzitari, Effetti del fallimento per i creditori, in Le procedure concorsuali. Il fallimento, diretto da Ragusa Maggiore e Costa, Padova 1997, I, 70;
  • Penta, I rapporti tra esecuzione concorsuale ed esecuzione individuale. Il credito fondiario, in Dir. fall., 2010, 286 ss.;
  • Ziino, La Suprema Corte limita il privilegio processuale in favore del credito fondiario, nota critica a Cass. civ. 28 settembre 2018 n. 23482, in Dir. fall., 2019, 1168 ss.

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