Agevolazioni IMU con riferimento ai terreni agricoli, fabbricati rurali e all'attività di coltivatore diretto
28 Marzo 2023
Terreno agricolo
La tassazione IMU sui terreni agricoli non ha subito modifiche dal 2016.
I terreni condotti da coltivatori diretti del fondo e gli IAP iscritti alla previdenza sociale, sono sempre esenti da IMU indipendentemente dall'ubicazione. È coltivatore diretto colui che abitualmente e personalmente si dedichi al tuo terreno, anche con l'aiuto della a famiglia, ma solo con una forza lavorativa inferiore a un terzo di quella complessiva richiesta dal fondo.
È, invece, imprenditore agricolo professionale chi ha competenze e conoscenze professionali e se dedica almeno il 50% del suo tempo lavorativo alle attività agricole ricavando da queste almeno il 50% del tuo reddito totale.
L'agevolazione è applicabile anche ai coltivatori diretti o agli imprenditori agricoli pensionati, a condizione che siano iscritti alla previdenza agricola e continuino a condurre i propri terreni. Anche i terreni incolti e gli orti vengono considerati terreni agricoli e sono soggetti all'esenzione del pagamento dell'IMU.
Sono esenti dall'IMU anche i terreni agricoli dei comuni ubicati ad un'altitudine superiore a 600 metri individuati sulla base dell'"Elenco comuni italiani" pubblicato sul sito internet dell'istituto nazionale di statistica (ISTAT), d'eccezione dei comuni ubicati nel territorio della provincia autonoma di Bolzano che, al posto dell'IMU, ha introdotto l'imposta municipale immobiliare (IMI) dotata di regole autonome.
Quindi, per i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti o IAP iscritti alla previdenza agricola dal 2016 indipendentemente dall'ubicazione non è più dovuta l'IMU ex comma 13 dell'art.1 della Legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), in base al quale sono esenti dall'IMU i terreni agricoli “posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'art. 1 d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione”.
Per i terreni posseduti da soggetti diversi i terreni agricoli, anche se incolti, scontano l'IMU con l'aliquota ordinaria dello 0,76%, da applicare al reddito dominicale al primo gennaio dell'anno di riferimento rivalutato del 25%, e moltiplicato per il coefficiente “135”. L'IMU dovuta va ragguagliata in base al periodo e alla percentuale di possesso.
Ai sensi dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. 504/1992, un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, deve considerarsi agricolo, ai fini dell'applicazione dell'imposta, laddove ricorrano tre condizioni: a) il possesso dello stesso da parte di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli a titolo principale; b) la diretta conduzione del medesimo da parte dei predetti soggetti; c) la persistenza dell'utilizzazione agro-silvo-pastorale, mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione. Ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all'imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi, dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali.
Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per l'altro che non è imprenditore agricolo e non coltiva il fondo. Per imprenditori agricoli e coltivatori diretti è previsto l'esonero dal pagamento IMU 2022 per i terreni utilizzati per finalità agro-silvo-pastorale, silvicoltura, funghicoltura e allegamento di animali. Per quanto concerne le costruzioni strumentali necessarie per lo svolgimento dell'attività agricola, l'art. 9, comma 3-bis D.L. n. 557/93, conv. con l. 133/1994 prevede che “ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell'attività agricola di cui all'art. 3135 del codice civile e in particolare destinate:…i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione, e commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi….”.
Il D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1-bis, conv. in L. 27 febbraio 2009, n. 14: prevede che "Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lettera a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni"; Il D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, conv. nella L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, ossia quelle da ultimo apportate dal D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, art. 42-bis, conv. in L. 29 novembre 2007, n. 222 prevede che "Ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell'attività agricola di cui all'art. 2135 c.c., e in particolare destinate: ...: i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative ...". Se i fabbricati sono di proprietà di una cooperativa di produttori agricoli e nei quali si svolgono attività di "trasformazione " dei prodotti agricoli rientrano nella categoria dell'oggetto della norma (D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, conv. nella L. 26 febbraio 1994, n. 133, nel testo modificato dal D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, art. 42-bis, conv. in L. 29 novembre 2007, n. 222).
Pertanto, non è oggetto di IMU il fabbricato della società cooperativa che, indipendentemente dalla sua iscrizione nel catasto fabbricati, è rurale in quanto utilizzato per la manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli dei soci.
Non trova, quindi, applicazione, quale criterio di esclusione dell'IMU (EX ICI) dei fabbricati rurali, la distinzione tra proprietario del fabbricato (la società cooperativa) e titolari dei terreni agricoli asserviti (soci della cooperativa) e non assume rilevanza l'iscrizione nel catasto dei fabbricati.
Tale soluzione trova conferma nella sentenza della Corte Costituzionale 2 luglio 2009, n. 227, la quale si è espressa, con riguardo alla disposizione contenuta nel D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis, convertito dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14, nel seguente modo: "Con essa si afferma, attribuendo all'enunciazione il valore di norma di interpretazione autentica, e, quindi, con effetti indiscutibilmente retroattivi - dato che si richiama lo specifico comma dello statuto del contribuente che disciplina questo genere di normazione - che le costruzioni rurali aventi le caratteristiche indicate nel più volte citato D.L. n. 557/1993, art. 9, come modificato dal D.L. n. 159/2007, art. 42-bis, non si considerano fabbricati ai fini dell'imposizione ICI".
Risulta così abbandonata fin dall'introduzione dell'ICI, come criterio di esclusione dall'IMU (EX ICI) dei fabbricati rurali, la distinzione fra titolare del fabbricato (società cooperativa) e titolari dei terreni agricoli asserventi (soci della cooperativa) e non ha alcuna rilevanza l'iscrizione nel catasto dei fabbricati. I requisiti per individuare la ruralità delle unità immobiliari sono disciplinati dal cit. art. 9, conv. nella L. 26 febbraio 1994, n. 133, nel testo modificato dal D.L. 1° ottobre 2007, n. 159 e prescindono dalle modalità di determinazione del reddito d'impresa.
Inoltre il settore cooperativo gode di un regime agevolativo di esenzione di imposte (d.P.R. 601/1973, titolo III), prevedendo l'esenzione dall'IRES dei redditi conseguiti dalle società cooperative agricole o loro consorzi nell'esercizio di... ”manipolazione, conservazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecn IMU…” e non rientra tra i soggetti a cui si applica l'imposta sul reddito delle persone giuridiche.
La successiva abrogazione a decorrere dal gennaio 2012 della citata normativa (comma 1-bis art. 23 D.L. 207/2008) non ha effetto retroattivo e non incide sulla pregressa disciplina dell'ICI, ma trova giustificazione nell'intento di rendere compatibili le norme col nuovo regime IMU, rientrando successivamente tali fabbricati nel campo di applicazione dell'IMU.
Nel caso di comproprietà del terreno da soggetto non coltivatore diretto, né imprenditore agricolo professionale la giurisprudenza della S.C. ha affermato che «In tema di ICI, l'art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nel considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, a condizione che sia posseduto e condotto da soggetti indicati nel comma 1 dell'art. 9 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che persista l'utilizzazione agro – silvo – pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di animali, si riferisce ad una situazione incompatibile con la possibilità di sfruttamento edilizio dell'area, avente carattere oggettivo, e pertanto, nel caso di comunione di un fondo edificabile in cui persiste la predetta utilizzazione da parte di uno solo dei comproprietari, trova applicazione non solo al comproprietario coltivatore diretto, ma anche agli altri comunisti che non esercitano sul fondo l'attività agricola» (Cass. n. 15566/2010).
Una diversa soluzione porterebbe a qualificare un medesimo bene nello stesso tempo come edificabile ovvero come agricolo a seconda della qualità soggettiva dei contribuenti.
L' esenzione aree edificabile, seguendo l'orientamento della S.C. è stata anche per i comproprietari senza requisiti e, quindi, l'assimilazione ad area non edificabile di terreni fabbricabili è estesa anche al comproprietario, e non si applica quanto previsto dal comma 743 della Legge di Bilancio 2020, che stabilisce: “in presenza di più soggetti passivi con riferimento ad un medesimo immobile, ognuno è titolare di un'autonoma obbligazione tributaria e nell'applicazione dell'imposta si tiene conto degli elementi soggettivi ed oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso, anche nei casi di applicazione delle esenzioni o agevolazioni”.
Vi è incompatibilità tra supposta persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo e sfruttamento edilizio in atto del medesimo fondo che osta all'applicabilità dell'agevolazione IMU per i fondi agricoli.
In tal senso la prevalente giurisprudenza della S.C. «in tema di ICI, l'art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nel considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, a condizione che sia posseduto e condotto dai soggetti indicati nel comma 1 dell'art. 9 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che persista l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di animali, si riferisce ad una situazione incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell'area, avente carattere oggettivo» (Cass. n. 15566/ 2010): «In tema di ICI, nel periodo in cui il terreno agricolo sia distolto dall'esercizio delle attività previste dall'art. 2135 c.c., poiché su di esso sono in corso opere di costruzione, demolizione, ricostruzione o esecuzione di lavori di recupero edilizio, la base imponibile è costituita, giusta l'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 504/1992, dal valore dell'area utilizzata a tale scopo, la quale, per tale motivo, è considerata fabbricabile, indipendentemente dal fatto che lo sia, o non, in base agli strumenti urbanistici, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, venendo meno la ragione agevolativa della natura agricola, connessa ai rischi di tale attività». (Cass. n. 27096 del2016).
Tuttavia, non si paga l'IMU sulle aree fabbricabili possedute da IAP o CD (imprenditori agricoli professionali e coltivatori diretti), iscritti alla previdenza agricola e qualora tali terreni siano utilizzati a finalità agro-silvo-pastorale, silvicoltura, funghicoltura e allegamento di animali.
Ai sensi della lett. b) dell'art. 2 del d.lgs. n. 504/1992 “Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 9, sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di animali.”.
Dalla mera lettura del testo normativo si evince con chiarezza che l'esclusione della fabbricabilità è subordinata sia alla presenza di un requisito oggettivo, dato dall'utilizzazione effettiva per le attività agricole ivi descritte, sia di un requisito soggettivo che coincide con quello di cui al successivo art. 9, comma 1, espressamente richiamato, richiedendosi quindi che il terreno sia posseduto e condotto da un coltivatore diretto o da un imprenditore agricolo che esplichino tali attività a titolo principale.
Si è affermato che “in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI), perché un fondo possa beneficiare, ai fini della determinazione della base imponibile, dei criteri di calcolo previsti per i terreni edificabili destinati a fini agricoli, è necessaria - ai sensi del secondo periodo dell'art. 2, lett. b), del d.lgs. n. 504/1992 - oltre alla sua effettiva destinazione agricola, anche la conduzione diretta di esso da parte del contribuente, sicché tale agevolazione non compete al proprietario, pur iscritto negli elenchi dei coltivatori diretti, che non conduca direttamente i terreni per averli concessi in affitto al figlio.(Cass. Sez. 6-T n. 12422/2017).
Sussiste dunque una coincidenza del requisito soggettivo rilevante sia per la qualificazione agricola del terreno ai sensi dell'art. 2, lett. b), del d.lgs. n. 504/1992, finalizzata all'esclusione della edificabilità, e quindi dell'assoggettabilità al tributo, sia per la fruizione della riduzione di cui all'art. 9 dello stesso decreto.
Si è inoltre affermato che " In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il trattamento agevolato previsto dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9, per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto, a chi sia titolare di pensione, avendo ottenuto la cancellazione dall'elenco dei coltivatori diretti" (Cass. n. 12565/2010, n. 9601/2012; n. 13745/2017).
Eventuali regolamenti comunali possono essere disapplicati dal giudice tributario se illegittimi in quanto non debbono essere in contrasto, quale fonte normativa secondaria, con le fonti di rango superiore. Tale contrasto può essere ravvisato sia nel caso in cui il regolamento violi una norma della costituzione o della legge sia quando il suo contenuto sia irragionevole rispetto alla finalità perseguita dalla norma primaria. Ciò che rileva, ai fini dell'agevolazione in parola, è che il coltivatore tragga dal lavoro agricolo la sua fonte di sostentamento.
L'articolo 78-bis del decreto n. 104/2020, inserito dalla legge di conversione n. 126/2020, ha introdotto tre norme di interpretazione autentica, che prevedono l'applicazione in via retroattiva dell'equiparazione ai fini fiscali dei familiari coadiuvanti del coltivatore diretto ai titolari dell'impresa agricola, iscritti nella gestione assistenziale e previdenziale agricola come coltivatori diretti, nei confronti dei quali si applicano le stesse disposizioni previste per il titolare dell'impresa agricola.
Nelle agevolazioni previste per i soci di società di persone esercenti attività agricole rientrano anche quelle in materia di tributi locali (comma 2).
Le agevolazioni in materia di IMU riconosciute ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali si applicano quindi ai soci di società di persone in possesso delle medesime qualifiche. Infine, ai fini IMU si considerano coltivatori diretti e imprenditori agricoli anche i pensionati che, continuando a condurre i propri terreni, mantengono l'iscrizione alla relativa gestione previdenziale (comma 3). Fabbricati rurali
Ai fini della qualifica di fabbricati rurali "in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l'immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l'attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557/1993, art. 9, conv. con L. n. 133/1994, e successive modificazioni, non è soggetto all'imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207/2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del d.Lgs. n. 504/1992, art. 2, comma 1, lett. a). L'attribuzione all'immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all'imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest'ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l'attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l'assoggettamento del fabbricato all'imposta” (Cass. SS.UU. n. 18565/09).
A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (ex multis, Cass. n. 12030/2020, Cass. n. 5167/14).
Si è inoltre rilevata la ininfluenza dello svolgimento o meno, nel fabbricato, di attività diretta alla manipolazione o alla trasformazione di prodotti agricoli, rilevando unicamente il suo classamento (cfr. Cass. n. 16737/15; Cass. n. 7930/16).
Quindi, se l'immobile è classificato come rurale con attribuzione della relativa categoria (A/6 per le unità abitative e D/10 per gli immobili strumentali alle attività agricole ) perché in possesso dei requisiti indicati dalla richiamata norma, esso è automaticamente esente dall'imposizione Ici, mentre, qualora il fabbricato non sia stato catastalmente classificato come rurale, il proprietario che ritenga sussistenti i requisiti per il riconoscimento come tale deve impugnare la classificazione operata al fine di ottenerne la relativa variazione. Perciò alla classificazione catastale va ricollegata l'imponibilità L'accertamento dei predetti requisiti in difformità dalla attribuita categoria catastale non può essere incidentalmente compiuto dal giudice tributario che sia stato investito della domanda di rimborso dell'IMU (EX ICI) da parte del contribuente poiché compete all'organo che ha adottato il provvedimento di classamento la modifica di esso, eventualmente all'esito di azione giudiziale promossa dall'interessato.
Per i fabbricati non iscritti in catasto, invece, l'accertamento della ruralità può essere direttamente e immediatamente compiuto dal giudice che sia investito dalla pretesa del contribuente di conseguire il rimborso dell'IMU (EX ICI) pagata per il fabbricato al quale ritenga spetti il riconoscimento come fabbricato rurale; in questo caso, trattandosi di domanda fondata su una pretesa esenzione dall'imposta, spetterà al contribuente dimostrare la sussistenza dei requisiti indicati nel D.L. n. 557/1993, art. 9, commi 3 e 3-bis. Contributi agricoli
L'art. 2 comma 33 del D.L. 262/2006, ai fini di un aggiornamento dei redditi dei terreni a seguito di domanda del ricorrente all'AGEA per l'erogazione di contributi agricoli stabilisce che «In deroga alle vigenti disposizioni ed in particolare all'art. 74, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, l'Agenzia del territorio, con apposito comunicato da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, rende noto, per ciascun comune, il completamento delle operazioni e provvede a pubblicizzare, per i sessanta giorni successivi alla pubblicazione del comunicato, presso i comuni interessati, tramite gli uffici IMU provinciali e sul proprio sito internet, i risultati delle relative operazioni catastali di aggiornamento.
I ricorsi di cui all' art. 2, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni, avverso la variazione dei redditi possono essere proposti entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione del comunicato di cui al periodo precedente».
L'art. 74 della legge 342/2000 a sua volta stabilisce che «gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell'ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita. Dall'avvenuta notificazione decorre il termine di cui all'art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e successive modificazioni, per proporre il ricorso di cui all'art. 2, comma 3, dello stesso decreto legislativo. Dell'avvenuta notificazione gli uffIMU (ex ICI) competenti danno tempestiva comunicazione ai comuni interessati». Trattasi di norma in deroga non solo rispetto all'art. 74 della legge 342/2000 ma anche rispetto all'art. 21 del d.lgs. 546/1992, richiamato dall'art. 74. La deroga ha l'effetto di rendere efficace l'aggiornamento della rendita catastale a prescindere dalla notificazione e mutare la durata del termine previsto dall'art. 21 (da 60 giorni a 120 giorni) e la sua decorrenza (non più dalla notifica al contribuente ma dalla pubblicazione del comunicato) Resta invece fermo quanto previsto dall'art. 21 sull'inammissibilità del ricorso proposto oltre il termine.
La questione è se in tema di IMU (EX ICI) le agevolazioni previste dall'art. 9 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, per gli "imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale", trovano applicazione anche a favore delle società di persone (es: società di fatto o semplici, aventi qualifica di imprenditore agricolo professionale.
Sussistono al riguardo due orientamenti.
Si sostiene l'impossibilità di ritenere applicabili le agevolazioni in ragione dell'art. 2 del d.lgs. n. 99/2004, il quale estende alle società che hanno per oggetto l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c. le agevolazioni tributarie stabilite dalla normativa vigente in favore dei coltivatori diretti persone fisiche. In particolare: “L'art. 2 del d.lgs. n. 99/2004 ha parificato il trattamento fiscale tra persona fisica con qualifica di coltivatore diretto e società con qualifica di imprenditore agricolo professionale, solo con riferimento alle imposte indirette e alla materia creditizia. Ne consegue che tale parificazione non può riguardare l'ICI, non potendo essere concessa al di fuori dei casi espressamente previsti dalla norma, e ciò perché la previsione del beneficio oggetto della lite costituisce una eccezione al regime fiscale ordinario.
Ed invero, codesta Suprema Corte ha, in plurimi arresti (Cass. n. 14145 del 2009, n. 5931 del 2010, n. 9770 del 2010, n. 14734 del 2014), affermato che : "In tema di ICI, le agevolazioni previste dall'art. 9 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per gli imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale, si applicano unicamente agli imprenditori agricoli individuali e non anche alle società di capitali che svolgono attività agricola, non rientrando queste ultime nella definizione di imprenditore agricolo a titolo principale risultante dall'art. 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153 (attuativa delle direttive CE nn. 72/159, 72/160, 72/161 del Consiglio del 17 aprile 1972), e considerato che la limitazione agli imprenditori agricoli individuali è stata successivamente ribadita e, anzi, ulteriormente ristretta dall'art. 58, secondo comma, del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, mediante la previsione della necessaria iscrizione delle persone fisiche negli appositi elenchi comunali».
Il principio è stato ribadito anche con riferimento alle società cooperative a responsabilità limitata che svolgono attività agricola, «non rientrando queste ultime nella definizione di imprenditore agricolo a titolo principale risultante dall'art. 12 della legge 9 maggio 1975 n. 153 (attuativa delle direttive CEE n. 72/159, 72/160 e 72/161 del Consiglio del 17 aprile 1972) e, considerato che la limitazione agli imprenditori agricoli individuali è stata successivamente ribadita ed, anzi, ulteriormente ristretta dall'art.58, comma 2, del d.lgs. 15.12.1997, n. 446 mediante la previsione della necessaria iscrizione delle persone fisiche negli appositi elenchi comunali» (Cass. n. 14734 del 2014, Cass. n. 14145 del 2009). A proposito del requisito soggettivo necessario ai fini del riconoscimento della connotazione agricola del fondo, nell'ottica della predetta disciplina, va posto in evidenza che l'art. 12 della legge n. 153 del 1975 (nella lettera risultante a seguito della modifica introdotta dall'art. 10 del d.lgs. n. 228/2001) prevede che: «Le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo dell'attività agricola, ed inoltre: a) nel caso di società di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale. Per le società in accomandita la percentuale si riferisce ai soci accomandatari ...».
Il d.lgs. n. 228/2001 e il d.lgs. n. 99/2004 hanno profondamente inciso sulla stessa configurazione del requisito soggettivo per la fruizione dell'agevolazione; il primo, oltre ad individuare la nuova nozione codicistica (art. 2135 c.c.) d'imprenditore agricolo, stabilisce (art. 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153 quale sostituito dall'art. 10 del citato d. lgs. n. 228/2001) che "le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo dell'attività agricola" e, nel caso di società di persone (lett. a) "qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale" (disposizione ora facente parte dell'art. 1 del d. lgs. n. 99/2004, a seguito della disposta abrogazione dell'art. 12 della legge n. 153/1975). L'art. 1 del decreto da ultimo citato reca la nuova definizione dell'imprenditore agricolo professionale come "colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all'art. 2135 del c.c., direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro".
Tale ultimo orientamento va condiviso ma a determinate condizioni: 1) la società deve potere essere considerata imprenditore agricolo professionale, 2) almeno un socio deve risultare in possesso della qualifica di imprenditore agricolo ovvero avere conoscenze e competenze professionali, ai sensi dell'art. 5 del Regolamento (CE) n. 1257 del 1999 del Consiglio, 3) almeno un socio deve dedicare alle attività agricole di cui all'art. 2135 c.c. almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo ricavando da dette attività almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro.
Quindi nel caso di società di persone (società semplice, società in nome collettivo, società in accomandita semplice), almeno un socio – accomandatario, in caso di società in accomandita semplice – anche non amministratore, deve essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale o di coltivatore diretto (indipendentemente dal numero e dalla quota di capitale degli altri soci); nel caso di società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, anche semplificata), almeno un amministratore, anche non socio, deve essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale o di coltivatore diretto (indipendentemente dal numero degli amministratori); nel caso di società cooperative, almeno un amministratore, che sia anche socio, deve essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale o di coltivatore diretto (indipendentemente dal numero degli amministratori e/o degli altri soci).
Al fine di evitare abusi il socio o amministratore, può trasmettere la qualifica di imprenditore agricolo professionale soltanto ad una società per volta. Gli altri soci possono anche esserne sprovvisti della qualità di imprenditore agricolo professionale.
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