L’elezione di domicilio nella procura per la fase cautelare è valida per la notifica dell’atto introduttivo del giudizio di merito?
30 Marzo 2023
Massima
La notifica dell'atto introduttivo del giudizio di merito successivo ad un cautelare ed al suo reclamo è validamente compiuta presso il difensore, nel domicilio eletto nella relativa procura alle liti, e non presso la parte personalmente, solo nel caso in cui essa non sia stata rilasciata e limitata alla sola fase cautelare, dovendosi ciò desumere dal tenore letterale della procura medesima. Il caso
Con ricorso ex art. 700 c.p.c., il titolare di una ditta ha chiesto che fosse ordinato all'operatore telefonico a cui si era rivolto di ristampare su foglio adesivo la pagina relativa alla propria utenza nell'elenco telefonico relativo agli anni 2006/2007 e di distribuirla a tutti gli abbonati della provincia ove operava. All'esito del reclamo, avverso il provvedimento reiettivo, il Tribunale ordinava alla società convenuta di pubblicare una sola volta, nella bolletta telefonica inoltrata agli utenti, il numero telefonico e l'indicazione dell'esercizio commerciale del ricorrente. È stato, quindi, introdotto il giudizio di merito, mediante comparsa di riassunzione, per ottenere il risarcimento dei danni patiti per non avere l'operatore telefonico dato pubblicità alla sua ditta mediante inserimento nell'elenco telefonico. All'esito del giudizio di merito, al quale non aveva preso parte la società convenuta, il Tribunale riconobbe all'attore un risarcimento dei danni monetizzandolo. La convenuta contumace in primo grado impugnò la sentenza assumendone l'inesistenza e l'inefficacia per omessa notifica dell'atto introduttivo del giudizio di merito, in quanto non effettuata nei luoghi e alle persone indicate dall'art. 145 c.p.c., contestò inoltre la proponibilità della domanda (per mancato espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione), negò il proprio inadempimento e dedusse la carenza della prova del danno. La Corte di Appello ebbe a rigettare il gravame, dichiarando "la validità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado e della sentenza impugnata" e confermando l'importo del risarcimento liquidato dal primo giudice. Avverso detto provvedimento è stato interposto ricorso in cassazione, affidandosi a due motivi, cui ha resistito, con controricorso, il titolare della ditta. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c. La questione
E' valida, ed a quali condizioni, nella successiva fase di merito, l'elezione di domicilio effettuata presso il difensore come operata in una procura alle liti rilasciata per la fase cautelare ed i gradi ad essa successivi, consentendo di reputare legittima la notifica del relativo atto introduttivo che avvenga non presso la parte personalmente, ma presso il difensore? Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione, con la decisione in esame, ha dato continuità al proprio pregresso orientamento giurisprudenziale (v. Cass. civ., sez. IIII, 29 luglio 2014, n.17221; Cass. civ., sez. III, 15 luglio 2009, n. 16461 come richiamati anche in motivazione), stabilendo che la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di merito susseguente ad un procedimento cautelare effettuata non alla parte personalmente, ma nel domicilio da questa eletto nel corso del procedimento cautelare presso il proprio difensore, è valida qualora dal tenore letterale della procura alle liti possa desumersi che essa sia stata conferita anche per la fase di merito. Nel caso di specie, tuttavia, la procura rilasciata dalla società al difensore nella fase di reclamo ex art. 669-terdercies c.p.c. doveva reputarsi limitata a tale giudizio ed esauriva il proprio effetto con la pronuncia dell'ordinanza decisiva; dal che consegue che anche l'elezione di domicilio doveva intendersi limitata al solo procedimento cautelare. La S.C. ha quindi reputato che l'atto introduttivo del giudizio di merito fosse nullo, accogliendo il primo motivo di ricorso ed assorbendo il secondo, e, conseguentemente fossero affetti da nullità anche gli atti successivi, cassando la decisione gravata e rimettendo gli atti dovessero al Tribunale di primo grado. In particolare, la società ricorrente aveva denunciato, con il primo motivo, "violazione e falsa applicazione dell'art. 111 Cost., comma 1, "giusto processo", del principio di difesa in relazione all'art. 24 Cost., e degli artt. 145 e 161 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nullità della sentenza e del procedimento", lamentando di non aver potuto partecipare al giudizio di prime cure in quanto non aveva ricevuto la notifica dell'atto introduttivo, il quale risultava essere stato notificato al domicilio eletto presso il difensore incaricato della fase cautelare e non quindi nei luoghi e/o alle persone indicate nell'art. 145 c.p.c.", in guisa che "l'omessa o inesistente notificazione dell'atto di citazione comporta la nullità del giudizio di primo grado e della relativa sentenza". Infatti, la procura rilasciata dalla ricorrente al difensore nella fase di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., era limitata a tale giudizio ed esauriva il proprio effetto con la pronuncia dell'ordinanza decisiva, e ciò tanto più in considerazione dell'"autonomia fra procedimento cautelare e successivo processo di merito relativo al medesimo diritto cautelato" conseguente alla riforma del 2006 (segnatamente, quanto alla previsione dell'art. 669-octies c.p.c.), applicabile al presente giudizio (in quanto avviato nell'anno 2007), dovendosi pertanto ritenere che "la fase di reclamo abbia concluso definitivamente il giudizio cautelare", con la conseguenza che "l'atto di citazione non poteva essere notificato al procuratore costituito nel procedimento cautelare". Ritenendo il motivo fondato la Corte di Cassazione ha chiarito che "è valida la notificazione dell'atto di citazione introduttivo del giudizio di merito susseguente ad un procedimento cautelare effettuata non alla parte personalmente, ma nel domicilio da questa eletto nel corso del procedimento cautelare presso il proprio difensore, qualora dal tenore letterale della procura alle liti possa desumersi che essa sia stata conferita anche per la fase di merito" (v. Cass. civ., sez. III, 29 luglio 2014, n.17221, cit.). Il principio era, peraltro, stato ribadito negli stessi termini da una precedente decisione della S.C. (cfr. Cass. civ., sez. III, 15 luglio 2009, n.16461, cit.), precisando che, "a fronte della eccepita nullità della notificazione, è onere del notificante provare che la procura conferita dalla controparte fosse valida per la fase cautelare e per i successivi gradi". Facendo applicazione di detti precedenti, la S.C. ha analizzato, nel caso in esame, il tenore testuale della procura rilasciata nel giudizio cautelare, in calce alla copia notificata dell'atto di reclamo, ove, dal dato letterale (nella specie: "nomino procuratore e mandatario speciale perché possa rappresentare e difendere la società nel giudizio di cui al presente atto con ogni facoltà di legge compresa quella di chiamare terzi in garanzia spiegare domanda riconvenzionale transigere la lite e rinunziare agli atti. Ratifico sin da ora il suo operato ed eleggo domicilio presso lo studio del difensore (Omissis)") è apparso evidente che il sintagma "nel giudizio di cui al presente atto" valesse a circoscrivere il conferimento del potere di rappresentanza e difesa al solo giudizio cautelare, tale essendo - per l'appunto - il giudizio di cui all'atto di reclamo; dal che ne è conseguito che anche l'elezione di domicilio accedente alla procura dovesse intendersi riferita al solo procedimento cautelare (e, più specificamente, alla sua fase di reclamo). Aggiungono gli Ermellini che non bastava a considerare la procura come conferita anche per il giudizio di merito la circostanza che la stessa prevedesse pure le facoltà di chiamare terzi e di spiegare domanda riconvenzionale; e ciò tenuto conto - per un verso - che l'esercizio delle anzidette facoltà non è escluso anche nell'ambito di un procedimento cautelare, ancorché con finalità cautelari (si veda, per un'ipotesi di intervento di terzo in procedimento ex art. 700 c.p.c., Cass. civ., sez. I, 13 marzo 1995, n. 2903), e, per altro verso, che il conferimento delle stesse non appariva, comunque, effettuato in termini tali da superare il chiaro dato testuale dell'espressione che limitava il potere di rappresentanza e di difesa al "giudizio di cui al presente atto", ossia - per quanto detto - alla fase di reclamo del giudizio cautelare. Secondo, infatti, i giudici di legittimità tale conclusione è corroborata dalla oramai consolidata considerazione della pacifica autonomia del giudizio di merito rispetto a quello cautelare (cfr., da ultimo, Cass. civ., 10 dicembre 2020, n. 28197) che ha trovato definitivo suggello con le modifiche normative apportate all'art. 669-octies c.p.c., dal d.l. n. 35/2005 (conv. con modifiche in l. n. 80/2005) e dalla l. n. 69/2009. Osservazioni
La questione risolta dalla decisione in esame si colloca nel più generale ambito della interpretazione della procura ad litem, tenuto conto che essa rappresenta un atto geneticamente sostanziale con rilevanza processuale, per il quale vigono i criteri ermeneutici stabiliti per gli atti di parte secondo il disposto degli artt. 1367 c.c. e 159 c.p.c., nel rispetto in particolare del principio di relativa conservazione, in relazione al contesto dell'atto cui essa accede, rimanendo sotto tale profilo censurabile l'interpretazione datane dal giudice di merito solo per eventuali omissioni ed incongruità argomentative e non anche mediante la mera denuncia dell'ingiustificatezza del risultato interpretativo raggiunto, prospettante invece un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (v., in tal senso, Cass. civ., sez. trib., 5 ottobre 2016 n° 19862; preme richiamare poi, Cass. civ., sez. un., 14 marzo 2016, n. 4909 che aveva composto il contrato tra le sezioni semplici in ordine al diverso caso, ma connesso a quello in esame, di validità della procura ad litem rilasciata in un processo cautelare rispetto ad un soggetto che parte non era di quel giudizio, ed in particolare: Cass. civ., sez. III, 2 dicembre 1998, n.12233; in senso essenzialmente difforme cfr. Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2007, n. 12241- e Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2009, n. 20825) In particolare, il mandato apposto in calce od a margine di un atto processuale (nel nostro caso un reclamo) assume peculiare rilevanza, in base all'interpretazione letterale, teleologica e sistematica, dell'art. 83 c.p.c., per il fatto che il mandato forma materialmente corpo con il ricorso, essendo la posizione topografica della procura idonea, salvo che dal suo testo si ricavi il contrario, a dar luogo alla presunzione di riferibilità della procura medesima al giudizio cui l'atto accede. Tale peculiare relazione tra il mandato (e per quanto di interesse nel presente caso l'elezione di domicilio) ed il giudizio rispetto al quale esso è stato demandato è tema, per vero, stato scandagliato dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla procura speciale per il ricorso in cassazione, ma ancor più avvalora la soluzione adottata nella decisione in esame. Ne consegue che correttamente i giudici di legittimità hanno reputato nullo l'atto introduttivo del giudizio di merito e gli atti conseguenti, sulla scorta della considerazione che la procura (e la relativa elezione di domicilio), secondo una interpretazione letterale, non potesse esplicare i suoi effetti al di fuori del giudizio per la quale era stata rilasciata. Riferimenti
|