Il termine per ricusare il C.T.U. ha carattere perentorio

04 Aprile 2023

L'art. 192, comma 2, c.p.c. fissa un termine perentorio alle parti per dedurre eventuali circostanze, delle quali devono fornire anche prova, intese a evidenziare le ragioni di ricusazione dell'ausiliario nominato dal giudice, in modo da prevenire un'indagine svolta con metodi non imparziali. 
Massima

L'art. 192, comma 2, c.p.c., nel prevedere che l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio dev'essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo. A tale principio non è consentita deroga per l'ipotesi in cui la parte venga a conoscenza solo successivamente della situazione di incompatibilità, potendosi in tal caso solo prospettare le ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione affinché il giudice, se lo ritenga, si avvalga dei poteri che gli conferisce in tal senso l'art. 196 c.p.c. e la valutazione operata al riguardo è insindacabile in cassazione se la motivazione è immune da vizi logici.

Il caso

In un giudizio risarcitorio, l'attore presentava istanza di ricusazione del ctu, ma la richiesta era rigettata in primo grado, con conferma in appello, perché ritenuta tardiva la presentazione dell'istanza di ricusazione del C.T.U.

L'attore proponeva ricorso in cassazione, lamentando la circostanza che il giudice del gravame aveva rigettato la domanda subordinatamente proposta di sostituzione del consulente, pur avendo evidenziato la ricorrenza dei "gravi motivi" consistenti nel fatto che il C.T.U. nel corso dell'espletamento di una quarta perizia, si fosse reso aggiudicatario di una gara indetta da una delle parti in causa, sul presupposto che le ragioni fondanti della decisione erano tutte incentrate su di una diversa perizia, inizialmente espletata.

I giudici di legittimità accolgono il motivo di ricorso, cassando, per motivazione "irriducibilmente grave ed illogica", la pronuncia del giudice del merito.

La questione

A quali condizioni, in presenza di situazione di incompatibilità, il provvedimento di sostituzione del C.T.U. ex art. 196 c.p.c. è sindacabile in cassazione?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 192, comma 2, c.p.c., che prevede la ricusazione del C.T.U., non specifica quali siano le ipotesi in cui è possibile proporre istanza di ricusazione del C.T.U. nominato, ma l'art. 63, comma 2, c.p.c. rinvia in proposito alle disposizioni dell'art. 51 c.p.c., in cui sono indicati i casi in cui è possibile procedere alla ricusazione del giudice.

L'art. 192, comma 2, c.p.c., nel prevedere che l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio deve essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo.

Ne è consentita una deroga per l'ipotesi in cui la parte venga a conoscenza solo successivamente della situazione di incompatibilità, potendosi in tal caso solo prospettare le ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione affinché il giudice, se lo ritenga, si avvalga dei poteri che gli conferisce in tal senso l'art. 196 c.p.c.

Inoltre la valutazione operata al riguardo, essendo correlata al merito, è insindacabile in Cassazione se la relativa motivazione è immune da vizi logici o giuridici.

Pertanto, la presentazione dell'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 192 c.p.c. preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo, a nulla rilevando il fatto che il ricorrente sia venuto a conoscenza della pretesa causa d'incompatibilità del consulente soltanto dopo l'espletamento dell'incarico conferitogli dal giudice, né la causa di ricusazione può essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità se non sia stata ab origine tempestivamente denunciata (Cass. civ. n. 26622/2018).

Osservazioni

L'analisi delle ipotesi in cui il consulente tecnico d'ufficio può essere ricusato deve necessariamente prendere le mosse dai principi che sorreggono il diritto processuale civile e che vengono in rilievo in materia di consulenza tecnica d'ufficio, con particolare riferimento al ruolo del consulente. Ci si riferisce in particolare al principio del contraddittorio, al principio dell'imparzialità del giudice e al principio dispositivo. In linea generale, è opportuno rammentare che la consulenza tecnica d'ufficio non costituisce un vero e proprio mezzo di prova ma lo strumento attraverso il quale viene accertata la verità dei fatti ove, per questa, occorrano una speciale competenza nella materia oggetto della controversia.

In caso di inutile decorso del termine fissato dall'art. 192 c.p.c. per la proposizione della istanza di ricusazione del C.T.U., la valutazione delle ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione dello stesso C.T.U., a norma dell'art. 196 del codice di rito, è rimessa esclusivamente al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se correttamente e logicamente motivata.

L'art. 192, comma 2, c.p.c. fissa un termine perentorio alle parti per dedurre eventuali circostanze, delle quali devono fornire anche prova, intese a evidenziare le ragioni di ricusazione dell'ausiliario nominato dal giudice, in modo così da prevenire una indagine svolta con criteri e metodi non imparziali.

Il termine è fissato per risolvere, definitivamente e in via preventiva, ogni questione sulle qualità che deve rivestire il C.T.U. onde evitare successivi comportamenti dilatori delle parti, fondati su strategie determinate secundum eventum litis, evidentemente in contrasto con il principio di ragionevole durata durata del processo, di cui all'art. 111, comma 2, Cost.

Deriva da quanto precede, pertanto, che non è possibile una deroga del termine in questione che, se osservato, preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenze che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo e alcun vizio di nullità della sentenza può essere fatto valere in sede di impugnazione sul presupposto di situazioni riferibili al C.T.U. che non siano state tempestivamente denunciate con la istanza di ricusazione, finanche nel caso in cui la parte abbia avuto sopravvenuta conoscenza di eventuali circostanze che avrebbero potuto legittimare una istanza di ricusazione.

Ciò posto, muovendo dalla constatazione che il consulente non deve essere legato a nessuna delle parti analogamente a quanto è prescritto per il Giudice e che il C.T.U. deve essere e apparire imparziale per cui proprio a tal fine soccorrono i rimedi dell'astensione e della ricusazione, ne consegue che eventuali situazioni anche solo potenzialmente pregiudizievoli all'immagine di equidistanza che deve mantenere, legittimano il ricorso del giudice all'art. 196 c.p.c., con conseguente sostituzione del consulente.

All'evidenza, i gravi motivi menzionati all'art. 196 c.p.c. non si esauriscono in quelli necessari per l'attivazione della procedura di ricusazione, attenendo altresì a gravi ragioni di opportunità, anche in riferimento al rapporto fiduciario tra il giudice ed il suo ausiliario, che è consustanziale all'ufficio di consulente tecnico.

L'esercizio di tale potere di sostituzione non è sindacabile in sede di legittimità ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici.

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