Tabelle Milanesi: possono essere applicate anche in caso di lesione del rapporto parentale?

Ludovico Berti
05 Aprile 2023

Una paziente entra in ospedale per un intervento di routine e ne esce in stato di coma irreversibile, situazione in cui si trova da oltre un anno. Il C.T.P. di parte ha valutato nel 95% il danno biologico permanente. Il marito, rimasto solo (la coppia non ha avuto figli), al fine di ottenere il risarcimento da (gravissimo) danno parentale può far ricorso alle tabelle milanesi integrate a punti ed. 2022 oppure tali tabelle sono applicabili solo in caso di decesso?

Il criterio liquidativo previsto dalla tabella di Milano per il caso di perdita del rapporto parentale può essere utilizzato anche per liquidare il diverso danno da lesione dello stesso rapporto.

La tabella di Milano, a differenza di quella romana, non ha mai previsto uno specifico criterio per la liquidazione del danno da lesione del rapporto parentale e neppure nell'ultima edizione del 2022 l'Osservatorio ha ritenuto di dover colmare questa lacuna sostenendo la mancanza di un campione significativo di sentenze utile a costruire una tabella fondata sul monitoraggio.

L'unica precisazione è che spetterà al giudice di valutare l'opportunità di avvalersi della tabella sul danno da perdita del rapporto parentale,calibrando ed adattando la liquidazione al caso concreto.

Ciò che è sicuro è che la misura del danno non patrimoniale risarcibile alla vittima secondaria per la grave lesione del rapporto parentale, è disancorata dal danno biologico subito dalla vittima primaria “e va liquidato a parte, con criterio equitativo che tenga debito conto di tutte le circostanze del caso concreto” poiché il criterio della frazione dell'importo liquidato a titolo di danno biologico, “non rende evidente e controllabile l'iter logico attraverso cui il giudice di merito sia pervenuto alla relativa quantificazione, né permette di stabilire se e come abbia tenuto conto della gravità del fatto, delle condizioni soggettive della persona, dell'entità della relativa sofferenza e del turbamento del suo stato d'animo” (Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 2012, n. 2228, Rv. 621460-01; e da ultimo Cass. civ., 12 ottobre 2018, n. 25367).

Secondo la giurisprudenza, infatti, pur essendo la gravità del danno biologico rilevante per la stessa configurabilità del danno al familiare, nella liquidazione del danno deve tenersi conto essenzialmente della natura e intensità del legame tra vittime secondarie e vittima primaria, nonché della quantità e qualità dell'alterazione della vita familiare da provarsi anche attraverso presunzioni (Cass. civ., 12 giugno 2006, n. 13546, cit.).

Nelle precedenti edizioni della tabella era riportato l'esempio del danno non patrimoniale subito da una madre in conseguenza di una macrolesione del figlio il cui importo poteva raggiungere il valore massimo della forbice prevista per il decesso del medesimo soggetto qualora costei avesse lasciato il lavoro per dedicare la propria vita all'assistenza morale e materiale del figlio.

Un riferimento certamente autorevole ed utile deriva dalla sentenza della Cassazione Civile n. 28985/2019 che, in un caso di un paziente cui era stata diagnosticata una mielopatia dorsale in conseguenza di eccessive dosi di irradiazione della terapia radiante somministratagli per la cura di un “linfogranuloma di Hodgking” di cui era affetto, ha confermato la liquidazione in favore del marito della lesa di €. 200.000 per il risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio subito in conseguenza della lesione alla salute della moglie che era stato liquidato con l'applicazione dei criteri a forbice previsti per il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale.

La decisione ha, quindi, equiparato la figura del danno da lesione del rapporto parentale con quella da perdita del rapporto non solo sul piano probatorio, postulando anche nella prima ipotesi la necessità della prova, anche presuntiva, dello sconvolgimento delle abitudini di vita ma, avvallando la decisione dei giudici di merito, le due figure di danno sono state equiparate anche sotto l'aspetto liquidatorio, visto che, la somma risarcita è stata ritenuta “congrua” perché compresa nella forbice previsa per l'ipotesi di perdita del congiunto.

D'altronde già in precedenza la Cassazione aveva suggerito l'adozione del criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale ritenendolo idoneo a garantire l'uniformità di trattamento anche in situazioni analoghe come il caso da lesione dello stesso rapporto (Cass. civ., sez. III, 18 maggio 2017, n. 12470, in Ius Responsabilità civile, IUS.giuffrefl.it).

In precedenza, anche diversi giudici di merito hanno fatto riferimento a tale criterio ma giungendo a conclusioni non pienamente condivisibili.

Un esempio tratto dal vasto panorama giurisprudenziale è rappresentato dal caso deciso dal Tribunale di Milano (Trib. Milano, sez. IX, sent. 29 giugno 2011, in Ius Responsabilità civile, IUS.giuffrefl.it) relativo ad un soggetto che a seguito di un sinistro stradale riportava lesioni gravissime tali da incidere in misura pressoché totale sul rapporto parentale all'interno del nucleo primario visto che veniva accertato in giudizio che l'infortunato “non riconosce più la moglie come tale, né le sue figlie, assume atteggiamenti violenti, prossimi all'integrazione dei reati […] nei confronti della moglie e molesti nei confronti delle due figlie” in cui il giudice ha ritenuto che, pur non essendo intervenuto il decesso, la condizioni di salute erano particolarmente penose e, comunque, tali da escludere qualunque relazione di sorta all'interno del vincolo coniugale e parentale così da frustrare, in proiezione, ogni progettualità della vita futura sia tra i coniugi che nei confronti della prole, rendendo così inesistente qualunque prospettiva pur nel comprovato sforzo e vano tentativo della moglie di ricostruire e mantenere in essere il proprio matrimonio.

In ragione di tale grave e comprovata compromissione del diritto primario di natura endofamiliare il Tribunale di Milano ha ritenuto di orientare la propria liquidazione verso il massimo tabellare utilizzando gli stessi criteri adottati per il caso di morte del coniuge e del genitore, liquidando alla moglie trentenne l'importo di €. 300.000,00 ed a ciascuna delle due figlie, una delle quali di soli 7 giorni al momento dell'evento lesivo, la somma di €. 200.000,00 in ragione della comprovata perdita totale di ogni relazionabilità affettiva con il padre e, persino, della percezione delle figlie minori di uno stato di disagio alla presenza del genitore a cagione del suo stato psicofisico e della aggressività associata alla grave patologia.

Il Tribunale di Palermo con sentenza dell'11 giugno del 2014, in un caso di danni subiti dal figlio minore, invalido al 100%, per errata condotta dei sanitari al momento della nascita, ha riconosciuto in favore dei genitori, avvalendosi dei riferimenti tabellari contenuti nelle Tabelle milanesi per il danno parentale, il valore minimo previsto, tenendo conto della giovane età dei genitori, della giovanissima età del piccolo (che pertanto avrebbe necessitato di cure ed assistenza per molti anni!), riconoscendo in favore di ciascun genitore la somma inferiore di €. 40.770,00 pari al 25% dell'importo base.

Gli stessi criteri liquidatori sono stati applicati anche dal Tribunale di Padova che, nella sentenza del 19 gennaio 2015, in un caso di macrolesione invalidante al 100% del congiunto e seguito delle omissioni da parte dei sanitari, ha riconosciuto in favore della moglie, che aveva assistito per 10 anni e si era inoltre fatta carico di mandare avanti la famiglia, la somma di €. 120.000,00, mentre i figli, rispettivamente, la somma di €. 80.000,00 ai maggiorenni ma ancora conviventi ed €. 100.000,00 al figlio minore.

I Tribunali di Vicenza (sentenza del 23 novembre 2015) e di Treviso (sentenza del 1° giugno 2015), pur in presenza di macrolesioni della vittima primaria che riducevano del 50/60% l'invalidità psicofisica della vittima primaria, hanno riconosciuto ai familiari conviventi importi sensibilmente inferiori, liquidati in via presuntiva ed equitativa, rispettivamente nella misura di €. 2.500,00 per ciascun familiare nel primo caso e di €. 10.000,00 ai genitori e di €. 5.000,00 al fratello nel secondo caso.

A parte questi ultimi esempi, comunque relativi a macrolesioni del 50%, con riferimento ai primi due casi in cui è stata ritenuta fornita la prova della totale compromissione del vincolo affettivo e della relazione parentale e si era inoltre in presenza di macrolesioni del 100%, viene veramente da chiedersi che cosa debba emergere nel corso del giudizio per potersi riconoscere il valore massimo previsto per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, perché neppure gli esempi “scolastici”, come quello di una madre che abbia lasciato il proprio lavoro per assistere il figlio macroleso per il quale i Criteri orientativi ammettono la possibilità di liquidazioni vicine al massimo della forbice, giungono ad ipotizzare scenari tragici come quelli emersi nei primi due esempi in cui ai figli giovanissimi che si sono ritrovati un padre che non li riconosce e per di più “aggressivo” gli si sono riconosciuti €. 200.000,00 e, quindi, un importo leggermente al di sopra del minimo della forbice, ed ai genitori di un bimbo in stato praticamente vegetativo €. 40.000,00, perché ancora giovani e, quindi, “capaci” di sopportare, per lunghissimi anni, un pregiudizio che, francamente, ritengo che i giudici non abbiano minimamente compreso.

A prescindere dalla congruità degli importi risarcitori che dipendono non solo dalla “sensibilità” del giudicante, ma soprattutto dalle allegazioni e dalle prove che la parte sarà in grado di fornire, il criterio cui riferirsi per la liquidazione del danno da lesione del rapporto parentale è sicuramente quello previsto per la liquidazione del danno da perdita dello stesso rapporto, il cui risultato andrà calibrato in ragione delle circostanze del caso concreto.

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