In che misura una quietanza liberatoria sottoscritta dal lavoratore è riconducibile allo schema transattivo?
06 Aprile 2023
Può essere riconosciuto valore transattivo alla quietanza liberatoria sottoscritta dal dipendente nella quale il medesimo abbia dichiarato di rinunciare ad ulteriori somme derivanti dal rapporto di lavoro concluso?
In termini generali, affinché l'accordo tra il lavoratore ed il datore possa qualificarsi come atto di transazione, è necessario che contenga lo scambio di reciproche concessioni, sicché, ove manchi l'aliquid datum e l'aliquid retentum, non potrebbe configurarsi lo schema transattivo.
Con riferimento ad una mera quietanza liberatoria sottoscritta dal lavoratore, ove essa contenga una dichiarazione di rinuncia a ulteriori somme riferita, in termini generici, ad una serie di titoli in astratto ipotizzabili in relazione al rapporto di lavoro concluso, in quanto assimilabile alle clausole di stile, non potrebbe ritenersi sufficiente di per sé a comprovare l'effettiva sussistenza di una volontà dispositiva del dipendente.
La medesima dichiarazione potrebbe assumere il valore transattivo a condizione che risulti accertato, sulla base dell'interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili aliunde, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza dei diritti (determinati od obiettivamente determinabili) e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi. Nello stabilire il valore da riconoscere ad una quietanza liberatoria formulata nei termini suddetti, è utile rammentare che l'interpretazione va condotta sulla scorta di due fondamentali elementi che si integrano a vicenda, recte il senso letterale delle espressioni usate e la ratio del precetto contrattuale, nell'ambito non già di una priorità di uno dei due criteri, ma in quello di un razionale gradualismo dei mezzi d'interpretazione, i quali debbono fondersi ed armonizzarsi nell'apprezzamento dell'atto negoziale. |