Querela di falso: la richiesta di C.T.U. è una valida indicazione di prova della falsità
05 Aprile 2023
La vicenda processuale traeva origine dalla sentenza con cui il Tribunale di Monza dichiarava inammissibile la querela di falso proposta da un avvocato che aveva impugnato la sottoscrizione a lui attribuita apposta su un avviso di ricevimento postale prodotto dal Comune e contenente un verbale di accertamento per una violazione prevista dal codice della strada.
La decisione veniva confermata anche in seconde cure. Per quanto di interesse, la Corte di appello affermava che non era stato rispettato il dettato normativo per cui la querela di falso deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elementi di prova delle falsità (art. 221 c.p.c.), per cui mancavano i requisiti minimi necessari per la validità della querela.
Il soccombente proponeva ricorso per cassazione, deducendo che lo stesso, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza di secondo grado, oltre ad invocare il sequestro dell'impugnato documento e a sollecitare il giudice a verificare la rilevabilità «ictu oculi» della denunciata falsità, aveva chiesto disporsi l'accertamento della falsità mediante C.T.U. grafologica.
Il Collegio ha ritenuto fondato il motivo di ricorso prospettato. Invero, l'atto di proposizione della querela di falso - il cui contenuto risultava completamente riprodotto nel ricorso - era munito dei requisiti minimi per poter essere dichiarato ammissibile in relazione al disposto di cui all'art. 221 c.p.c., poiché contenente, oltre alla sollecitazione di disporre il sequestro dell'impugnato documento (ai sensi dell'art. 224 c.p.c., che, peraltro, presuppone che la querela sia prima dichiarata ammissibile), la richiesta di ordinare alla controparte il deposito dell'originale e disporre, se del caso (avendo il querelante chiesto anche di verificare la possibilità della rilevazione ictu oculi della denunciata falsità, in ipotesi possibile: cfr. Cass. n. 10874/2018), C.T.U. onde accertare la falsità della sottoscrizione apparentemente apposta sull'avviso di ricevimento postale in questione e da ritenersi attribuita - ad avviso del Comune di (omissis) - alla mano del ricorrente. Questa richiesta costituisce una valida e sufficiente indicazione di acquisizione di prove della falsità, essendo la C.T.U. uno strumento istruttorio idoneo a consentire (in via preferenziale) la verifica dell'autenticità o meno della sottoscrizione impugnata di falsità, anche attraverso il confronto con le scritture di comparazione.
In conclusione, in accoglimento del motivo di ricorso, la Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui «in tema di querela di falso, la richiesta di consulenza tecnica d'ufficio (implicitamente mirata a formare scritture di comparazione) e di valutazione della possibile rilevabilità “ictu oculi” della falsità della sottoscrizione impugnata può ritenersi valida indicazione di prova della falsità e, in quanto tale, comporta l'ammissibilità della querela stessa».
Tratto da: www.dirittoegiustizia.it |