Il divieto all'assistenza finanziaria per l'acquisto di azioni proprie

12 Aprile 2023

Il presente contributo affronta il tema dell'assistenza finanziaria per l'acquisto di azioni proprie, fornendo alcuni cenni sul suo inquadramento storico, per poi passare in rassegna la struttura e le finalità di tale istituto, anche con riferimento alle conseguenze sull'operazione negoziale nel suo insieme. La parte centrale è dedicata alla descrizione della disciplina (ex art. 2358 c.c.), individua le principali criticità legate alla fattispecie, gli orientamenti della giurisprudenza e si sofferma in breve sull'istituto del leveraged buy out di derivazione angloamericana.
Introduzione

L'articolo 41 della nostra Carta Costituzionale afferma la libertà dell'iniziativa economica privata, definendo al contempo i limiti entro cui essa può essere realizzata e affidando alla legge la determinazione dei programmi e dei controlli opportuni affinché possa essere indirizzata e coordinata.

La disciplina dell'acquisto di azioni proprie da parte di una società per azioni è stata oggetto di un rilevante sviluppo dovuto sostanzialmente all'evoluzione delle norme soprattutto comunitarie in materia e offre una esemplare visione di come il legislatore regoli i rapporti economici.

L'art. 2358 c.c. disciplina le altre operazioni sulle azioni proprie e, precisamente, l'assistenza finanziaria per l'acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie e l'accettazione di azioni proprie in garanzia. La norma vuole regolamentare l'accesso al capitale delle società tramite l'utilizzo, diretto o indiretto, della società stessa e limitarne gli effetti pregiudizievoli anche a tutela della conservazione del capitale sociale (a cura di Bonilini, Confortini, Granelli, Codice civile commentato, Milano, 2022).

Il quadro normativo in prospettiva internazionale

Con inversione di tendenza rispetto al testo previgente, il d.lgs. 4 agosto 2008, n. 142, in attuazione della direttiva 2006/68/CE, ha avviato l'adesione dell'Italia all'apertura segnata a livello europeo nei confronti dell'istituto in esame, consentendo per la prima volta alle società italiane di accordare prestiti e fornire garanzie per la sottoscrizione o l'acquisto delle proprie azioni da parte di un terzo o da parte degli stessi soci.

Come sopra accennato, l'istituto è regolato dal nostro codice civile all'art. 2358 e regola la possibilità di concedere prestiti e fornire delle garanzie di qualsiasi tipo, direttamente o indirettamente, a favore di soci o di terzi per la sottoscrizione o l'acquisto di azioni proprie.

Il precedente divieto assoluto ha ceduto il passo a una disciplina più permissiva, sia pure nel rispetto di precise e stringenti condizioni e in ottemperanza a una speciale procedura ispirata al modello anglosassone del c.d. “Whitewash” (Campobasso, Diritto commerciale, vol. II, 245, 2020).

Nel diritto inglese, la procedura, ora abrogata, prevista dalle sezioni 155-158 del Companies Act 1985, consentiva alle società private di fornire assistenza finanziaria per l'acquisizione di azioni proprie o della propria holding (a condizione che la holding e le eventuali holding intermedie fossero anch'esse società private).

In concreto, lo svolgimento della procedura richiedeva una dichiarazione di solvibilità da parte degli amministratori, una relazione dei revisori e una delibera speciale della società.

Si noti che, in un'ottica di addirittura maggiore apertura, la procedura di “Whitewash” per l'assistenza finanziaria è stata abrogata a partire dal 1° ottobre 2008 e, da allora, è consentito alle società private di fornire assistenza finanziaria ai fini dell'acquisizione di azioni proprie (o di un'altra società privata) senza particolari limitazioni (Thomson Reuters Practical Law, Whitewash Procedure, 2023).

Aspetto peculiare di questa operazione societaria, pertanto, è la commistione che si verifica tra il patrimonio della società e le vicende circolatorie della partecipazione dei soci al rapporto sociale.

Ciò significa che la società può intromettersi nelle vicende che riguardano i propri assetti proprietari e lo può fare impiegando il proprio patrimonio a garanzia o come finanziamento per favorire la partecipazione di un aspirante socio al rapporto sociale (De Luca, Griffi, Falcone, I finanziamenti concessi da banche per l'acquisto di azioni proprie e le cc.dd. «operazioni baciate»: il caso delle Banche Popolari Venete, 2022, Università Luiss Guido Carli).

Le funzioni concorrenti dell'art. 2358 c.c.

Con l'introduzione di tale previsione normativa, il legislatore ha dunque disciplinato:

(i) la concessione di finanziamenti volti all'acquisto di azioni proprie della società già in circolazione;

(ii) la concessione di finanziamenti per la sottoscrizione di azioni di nuova emissione;

(iii) la prestazione di garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie della società (De Luca, Griffi, Falcone, I finanziamenti concessi da banche per l'acquisto di azioni proprie e le cc.dd. «operazioni baciate»: il caso delle Banche Popolari Venete, Università Luiss Guido Carli, 2022), di fatto determinando e riconoscendo come meritevole la causa sottostante ciascuna delle tre operazioni di assistenza finanziaria.

Si tratta di una disposizione con funzioni concorrenti, a presidio dell'integrità del capitale sociale, volta ad evitare un sostanziale annacquamento del capitale e la restituzione mascherata dei conferimenti. In secondo luogo, l'art. 2358 c.c. funge da limite all'influenza degli amministratori sugli assetti proprietari, di modo che gli stessi non possano plasmare a proprio gradimento la composizione della compagine azionaria, evitando che possano garantirsi l'approvazione di nuovi azionisti entrati nella società per mezzo dei finanziamenti o delle garanzie a tale scopo concessi. Inoltre, l'art. 2358 c.c. tutela, altresì, l'interesse dei soci a una più attiva partecipazione al dibattito relativo a tali operazioni, da qui anche la necessità di una preventiva autorizzazione dell'assemblea con maggioranze rafforzate per garantire un'elevata partecipazione da parte degli azionisti (De Luca, Griffi, Falcone, I finanziamenti concessi da banche per l'acquisto di azioni proprie e le cc.dd. «operazioni baciate»: il caso delle Banche Popolari Venete, 2022, Università Luiss Guido Carli).

Dal punto di vista procedurale, gli amministratori devono sottoporre all'assemblea una relazione da loro stessi predisposta che illustri sotto il profilo giuridico ed economico l'operazione, descrivendone le condizioni, evidenziando ragioni e obiettivi imprenditoriali a sua giustificazione, lo specifico interesse che l'operazione rappresenta per la società, i rischi che essa comporta per la liquidità e la solvibilità della società, indicando altresì il prezzo al quale il terzo acquisirà le azioni.

Tale contenuto giuridico è pertanto funzionale a consentire a ciascun socio di votare l'autorizzazione sulla base di elementi idonei a una decisione ponderata, nonché a dare in ciascun caso la relativa giustificazione economico-giuridica che, in ultima analisi, renda lecita l'operazione. Peraltro, l'osservanza formale delle condizioni di legge non è sufficiente ai fini della regolarità dell'operazione che deve essere effettivamente sorretta da necessità gestionali (Cottino, Lineamenti di diritto commerciale, 2022 e Bonilini, Confortini, Granelli, ibidem).

Inoltre, la società non può impiegare in operazioni sulle proprie azioni risorse economiche superiori alla parte disponibile del patrimonio netto, per non mettere a repentaglio la conservazione del capitale sociale al cui presidio la norma è stata formulata; pertanto, l'importo complessivo dei finanziamenti e delle garanzie (tenuto anche conto delle somme impiegate dalla società per l'acquisto delle azioni proprie) non può eccedere l'ammontare degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato (Campobasso, Diritto commerciale, vol. II, 246, 2020).

La società, tuttavia, può concedere assistenza finanziaria anche per agevolare l'acquisto di azioni proprie che essa stessa ha in portafoglio e figurare come finanziatore e venditore contemporaneamente, a condizione che l'alienazione sia realizzata al giusto prezzo. Ciò significa, nel panorama delle società che si rivolgono al mercato di rischio, che il prezzo ricavabile dai criteri per la valutazione delle azioni in caso di recesso e per le azioni quotate non può mai essere inferiore al prezzo medio ponderato di quotazione nei sei mesi che precedono la pubblicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea (Campobasso, Diritto commerciale, vol. II, 246, 2020).

Le conseguenze giuridiche della violazione del divieto sull'operazione negoziale nel suo complesso

La modifica della norma ha anche ingenerato delle conseguenze giuridiche sull'operazione negoziale nel suo complesso, nonostante non sia specificata la sanzione per la violazione dei divieti posti dall'art. 2358 c.c. e la soluzione a oggi sia fonte di nutrito dibattito giurisprudenziale.

Se fino alla citata riforma, infatti, la violazione del divieto integrava pacificamente una nullità virtuale, tale conseguenza è stata messa in dubbio da una parte della recente giurisprudenza di merito (Trib. Treviso, 13 gennaio 2021, III, 1944).

Attualmente si cerca di stabilire quali siano gli effetti, sul piano civilistico, non più della violazione di un divieto tout court che non esiste più, ma della violazione di un limite legale al potere di rappresentanza degli amministratori, i quali possono legittimamente prestare l'assistenza finanziaria mirata all'acquisto delle azioni, purché sia assicurata anzitutto l'autorizzazione assembleare (Trib. Treviso, 13 gennaio 2021, III, 1944, ibidem).

Le conseguenze della violazione di tali divieti risultano oggetto di contrasto giurisprudenziale da cui discendono divergenti regimi di tutela: secondo un primo orientamento sarebbero colpite da nullità tanto le deliberazioni assembleari contrastanti (ai sensi dell'art. 2379 c.c. per illiceità dell'oggetto) quanto i relativi contratti; a sostegno invece della semplice annullabilità dei contratti è stato affermato che il divieto dell'art. 2357 c.c. che disciplina l'acquisto delle proprie azioni e quello dell'art, 2358 c.c. si tradurrebbe in un'incapacità della società di perfezionare tali operazioni (Avi, Lorenzi, L'acquisto di azioni proprie: aspetti strategici, valutativi e riclassificatori, Università Ca' Foscari, 2013).

Secondo la prima interpretazione che consente, oltretutto, l'applicazione dell'ampia tutela di cui all'art. 2379 c.c. che disciplina la nullità delle deliberazioni, la violazione della norma imperativa determinerebbe in primo luogo la nullità delle operazioni di sottoscrizione e di acquisto delle azioni, in quanto esito della condotta di finanziamento vietata; essa si rifletterebbe anche sui contratti a esse soggiacenti, nella parte relativa alla messa a disposizione della provvista utilizzata illecitamente per l'acquisto non consentito delle azioni, atteso che la norma di cui all'art. 2358 del codice civile riferirebbe il divieto ivi sancito proprio al finanziamento, sicché anche il contratto soggiacente finalizzato all'acquisto non potrebbe sfuggire alla contestuale declaratoria di nullità (Trib. Treviso, 04 maggio 2020, III).

Tale orientamento aderisce alla ricostruzione ermeneutica che ravvisa in tali fattispecie la sussistenza di un rapporto negoziale complesso da cui discende la nullità tanto dell'acquisto delle azioni quanto del contratto che ne costituisce l'antecedente logico e funzionale.

L'altro orientamento giurisprudenziale, invece, individua nell'autorizzazione dell'assemblea un limite legale al potere di rappresentanza degli amministratori e la conseguente incapacità della società di perfezionare tali operazioni.

Le operazioni di assistenza finanziaria per l'acquisto delle azioni rientrerebbero pertanto nell'ambito degli atti gestori dell'organo amministrativo che, in questo regolato frangente, incontrano il limite della necessaria preventiva autorizzazione assembleare.

Si tratterebbe, dunque, di un limite al potere rappresentativo dell'organo amministrativo previsto dalla legge (art. 2358, comma 2, c.c.) per prevenire un duplice rischio: da un canto l'insorgenza di un credito societario di incerta realizzazione per la presumibile difficoltà di recupero del finanziamento concesso a tal fine; dall'altro, il mutamento della compagine azionaria a opera degli amministratori per accrescere il proprio potere personale.

Operando in violazione di un limite imposto dalla legge al suo potere rappresentativo, l'organo amministrativo agirebbe alla stregua di un rappresentante senza potere (falsus procurator), sicché l'atto compiuto in tale qualità sarebbe valido, ma inefficace (per tutte, Cass. 12 luglio 2016, III, 22891).

L'inefficacia colpirebbe quindi l'operazione negoziale nel suo insieme, ricomprendendo l'assistenza finanziaria e l'acquisto in funzione del quale l'assistenza viene prestata.

Il suo perseguimento comporta, anche in questo caso, la stipulazione di due contratti distinti: quello di assistenza finanziaria e quello avente a oggetto l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni. L'inefficacia direttamente riferita al primo, si ripercuoterebbe sul secondo in virtù dello stretto nesso di dipendenza funzionale, previsto dal legislatore stesso.

L'espansione dell'inefficacia risponderebbe poi alla logica del collegamento negoziale, laddove l'assistenza finanziaria sarebbe correlata all'acquisto in chiave finalistica e pertanto le vicende relative all'invalidità, all'inefficacia e alla risoluzione dell'uno si ripercuoterebbero sugli altri (ex multis, Cass. 01 ottobre 2014, I, 20726).

Gli autori, nell'ambito di una interpretazione sistematica e considerando il favore che l'istituto ha incontrato e sta incontrando nell'ambito comunitario, propendono per l'ultima corrente interpretativa citata che consente un maggiore bilanciamento degli interessi in gioco nella tutela dell'esigenza di certezza che i mercati odierni hanno bisogno.

Il leveraged buy out

Il nuovo art. 2358 c.c. ha inserito anche nell'ordinamento italiano una particolare forma di finanza strutturata sviluppatasi nel sistema giuridico angloamericano negli anni ottanta del secolo scorso che oggi rappresenta uno dei principali strumenti di investimento degli operatori di private equity e venture capital: l'operazione di acquisizione con indebitamento, comunemente denominata nella prassi di settore con il termine leveraged buy out (o LBO) (Campobasso, Diritto commerciale, vol. II, 664, 2020).

Le operazioni di leveraged buy out,ampiamente utilizzate in tutto il contesto europeo già a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, hanno avuto un ruolo fondamentale nell'apertura delle aziende italiane all'economia globale, introducendo anche le società nostrane di piccole medie dimensioni caratterizzate spesso da gestione familiare, a operazioni di finanza complessa, rendendole attraenti sul mercato comunitario e internazionale.

Tale procedura consiste in una articolata serie di operazioni finanziarie e può assumere forme diverse, ma nello schema più classico è organizzata come segue: chi intende acquisire il controllo della società costituisce un apposito veicolo societario (generalmente chiamata la “newco”), la quale ottiene il prestito utilizzato nell'acquisto delle azioni della società bersaglio (la “target”).

Successivamente, la newco conferisce gli asset nella società bersaglio ottenendo le partecipazioni della stessa, oppure segue una fusione per incorporazione con la società bersaglio. Il debito contratto viene poi restituito attraverso gli utili futuri della società bersaglio incorporata e/o con la vendita di una parte delle attività di quest'ultima.

Proprio al fine di ripagare i debiti oggetto dell'acquisizione, la società bersaglio deve distinguersi per un basso grado di leva finanziaria e un'alta capacità di produrre cash flow. (L'Acquisizione attraverso Debito, FTA Online News, Borsa Italiana, Milano, 2008).

In conclusione

Nell'ambito dell'assistenza finanziaria per l'acquisto di azioni proprie si assiste a una crescente armonizzazione ai principi comunitari, sia da parte del legislatore che da parte della giurisprudenza, che individuano il nucleo centrale della liceità delle operazioni nelle funzioni concorrenti di cui all'art. 2358 c.c. e nella preventiva autorizzazione dell'assemblea straordinaria.

Le conseguenze giuridiche dell'operazione negoziale nel suo insieme sono un tema di attualità, soprattutto perché coinvolgono casi giurisprudenziali afferenti alle attività degli istituti bancari, sulle quali sia la giurisprudenza, sia la dottrina, sia, infine, la prassi stanno portando le loro riflessioni. I risultati pratici e le tutele discendenti da tali riflessioni sono divergenti e tutt'affatto che meramente speculativi, come ad esempio l'applicazione o meno dell'art. 2379 c.c.

Inoltre, l'adesione dell'Italia a tale progetto europeo di matrice economico finanziaria, ha dato alla luce una tutela ampia delle aziende italiane, non solo a salvaguardia del loro capitale sociale, ma anche della loro presenza globale, persino attraverso operazioni di finanza quali il leveraged buy out il cui divieto avrebbe rischiato di isolare il mercato italiano dai significativi investimenti degli operatori di private equity, il cui ruolo positivo nelle dinamiche economiche è sempre più riconosciuto in quanto consente, attraverso la dinamicità del mercato del cambio di controllo, di far emergere il valore inespresso delle società di capitali.

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