Perdita del rapporto parentale per colpa medica: il termine prescrizionale decorre dalla scoperta della causa taciuta della morte?
13 Aprile 2023
Tizio, colpito da ictus, muore in ospedale. Dopo diversi anni, i figli, incidentalmente, scoprono che il decesso non fu provocato dalle conseguenze dell'ictus, ma da una infezione ospedaliera, taciuta dall'ospedale e non menzionata neanche tra le cause di morte riportate nella cartella clinica. Possiamo sostenere che il dies a quo della prescrizione decorre da quando il danneggiato ha la reale percezione dell'accaduto, ovvero da quando scopre la causa di morte taciuta (e non riportata) dall'ospedale?
Il quesito verte su una questione, effettivamente, assai dibattuta e complessa, relativa all'individuazione del die a quo della prescrizione quinquennale del danno (extracontrattuale e iure proprio) da lesione del vincolo parentale a causa di decesso, per colpa medica, di un congiunto.
Sul punto, si deve osservare che può dirsi consolidato, e confermato da numerose sentenze della Suprema Corte di cassazione, il principio che si può sintetizzare nel brocardo latino: “contra non valentem agere non currit praescriptio”.
Secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente, infatti, il termine di prescrizione decorre dal momento della “conoscibilità del danno”, anche per casi in cui il suddetto danno si verifichi in un momento antecedente rispetto alla sua conoscibilità.
L'evoluzione giurisprudenziale relativa al significato da attribuirsi all'espressione “verificarsi del danno”, approda alla concettualizzazione per cui il danno si manifesta all'esterno quando diviene “oggettivamente percepibile e riconoscibile”, anche in relazione alla sua rilevanza giuridica. Ne consegue che, quanto al parametro della “conoscibilità del danno” ai fini del decorso della prescrizione, non è sufficiente la mera consapevolezza della vittima di “stare male”, occorrendo che quest'ultima – o i suoi congiunti/eredi in caso di decesso - si trovi nella possibilità di apprezzare la “gravità” delle conseguenze lesive della propria salute anche con riferimento alla loro “rilevanza giuridica”, rilevando non soltanto l'evento lesivo, ma, soprattutto, le sue conseguenze risarcibili. In base ai suddetti principi, la prescrizione inizia a decorrere dall'effettiva “conoscenza e percezione” del danno, inteso come danno ingiusto, da parte del paziente (o dei suoi congiunti/eredi) e non dal momento dell'errata prestazione medica o del decesso del paziente.
La Suprema Corte di cassazione, a Sezioni Unite, con la nota sentenza n. 578/2008, interpretando l'art. 2935 c.c., ha stabilito che il termine da cui far decorrere la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni non coincide con il giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita, o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche. All'uopo, occorre segnalare il chiaro principio espresso dalla sentenza della Cassazione Civile n. 9524/2007, secondo il quale: “in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, ancorché il dato testuale non faccia espressamente riferimento alla "scoperta" di esso, in tutti i casi in cui la manifestazione del danno non sia immediata ed evidente e possa apparire dubbia la sua ricollegabilità eziologica all'azione di un terzo, il momento iniziale della prescrizione dell'azione risarcitoria va ricollegato al momento in cui il danneggiato ha avuto la reale e concreta percezione dell'esistenza e della gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto pervenire a siffatta percezione usando la normale diligenza”.
Conforme a tale orientamento, anche la pronuncia della Cassazione Civile n. 4899/2016, ove si stabilisce che in materia di illecito civile, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato abbia avuto la reale e concreta percezione dell'esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabilità ad un determinato soggetto, ovvero dal momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l'ordinaria diligenza.
Infine, pare opportuno segnalare anche una significativa pronuncia di merito (Tribunale Lecce, 16 gennaio 2019, Est. Mele) la quale stabilisce che, in subiecta materia, il termine prescrizionale debba essere fatto decorrere solamente dall'intervenuto accertamento della responsabilità.
Il giudice pugliese, infatti, ha rigettato l'eccezione di prescrizione con riferimento alla domanda presentata dai danneggiati, precisando, in via preliminare e generale, che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità medico-chirurgica decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c., non dal giorno in cui il comportamento del terzo provoca il danno, né dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può esserlo, con l'uso dell'ordinaria diligenza, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo (cfr. Cass. civ., sez. III, 23 settembre 2013, n. 21715) ed ha individuato il dies a quo nel momento in cui, mediante accertamento tecnico, gli attori hanno potuto verificare l'esistenza di responsabilità nella condotta dei sanitari.
Nel caso in esame, dunque, è ragionevole ritenere che la prescrizione quinquennale dei congiunti, relativamente al danno aquiliano iure proprio da lesione del vincolo parentale, inizi a decorrere dalla conoscenza delle effettive cause del decesso.
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