Limiti di ammissibilità della motivazione della sentenza per relationem

Redazione scientifica
13 Aprile 2023

Entro che limiti la motivazione della sentenza, con rinvio per relationem alla sentenza di primo grado, così come a provvedimenti giudiziari emessi in altro processo è ammissibile e rispetta il minimo costituzionale richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost.? La Cassazione fa chiarezza.

La vicenda processuale traeva origine da un'istanza di accertamento con adesione presentata da una società avverso gli accertamenti per gli anni di imposta 2007 e 2008. A seguito del rigetto dell'istanza da parte dell'Ufficio, la società proponeva ricorso, ma questo veniva rigettato dalla CTP e dalla CTR.

Per quanto di interesse, i ricorrenti censuravano la sentenza della CTR non essendo ravvisabile il contenuto minimo della motivazione per relationem alla decisione di prime cure richiesto per assolvere al requisito della validità della motivazione.

La Corte ha ritenuto il ricorso fondato, richiamando il consolidato principio secondo cui «la motivazione della sentenza, con rinvio per relationem alla sentenza di primo grado, così come a provvedimenti giudiziari emessi in altro processo è ammissibile e rispetta il minimo costituzionale richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost., purché la condivisione della decisione avvenga attraverso un autonomo esame critico dei motivi d'impugnazione, con richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, non potendosi risolvere in una acritica adesione al provvedimento richiamato».

Secondo i giudici di legittimità, dunque, la sentenza resa dalla CTR non rispettava il cd. minimo costituzionale in quanto il giudice di secondo grado ha dapprima ricostruito in poche righe il procedimento di primo grado, senza rendere intellegibile l'oggetto del giudizio, nonché il contenuto dell'atto di appello, affermando poi che «la Commissione regionale, visti gli atti e sentite le parti condivide le motivazioni puntualmente espresse nella sentenza appellata in tutti i suoi punti». Il rinvio alla sentenza di prime cure non consentiva, in conclusione, di comprendere le ragioni del convincimento del giudice di secondo grado (in questo senso Cass. civ. n. 20883/2019; Cass. civ. n. 28139/2018).

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