La società è obbligata a smaltire i rifiuti abbandonati anche dopo la dichiarazione di fallimento

La Redazione
13 Aprile 2023

Il Consiglio di Stato, nell'accogliere il ricorso promosso da un Comune dichiarato custode di un sito occupato da rifiuti, afferma che il fallimento dell'impresa responsabile dell'abbandono è il soggetto giuridico legittimato ad essere destinatario di provvedimenti che ordinano la rimozione dei rifiuti.

Il Fallimento dell'impresa è legittimato ad essere destinatario di provvedimenti che ordinano la rimozione dei rifiuti, anche se il Comune è stato nominato custode del sito. L'essere stati successivamente nominati custodi di un'area occupata da rifiuti abbandonati non trasferisce infatti sul custode, non responsabile dell'abbandono, gli obblighi di provvedere alla rimozione di essi.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato pronunciandosi sulla questione che vedeva contrapposto un Comune del cosentino ad una società per la rimozione dei rifiuti presenti in un sito industriale abbandonato, di pertinenza di quest'ultima. La società ha infatti cessato la produzione nel sito nel 2002, il 1° agosto 2005 ha formalmente cessato l'attività, il 5 aprile 2006 è stata posta in liquidazione, ed il sito è stato nella sostanza abbandonato. Dalle indagini svolte dalla Procura della Repubblica risulta che la falda acquifera sottostante è fortemente contaminata da metalli pesanti, quali ferro, alluminio, manganese. arsenico, cromo, nichel, cobalto e piombo, rendendosi quindi necessaria una bonifica per prevenire conseguenze peggiori. Il Comune nel 2015 ha ordinato alla società l'avvio delle operazioni di rimozione dei rifiuti pesanti presenti sul sito a causa delle continue emissioni di fumi maleodoranti e dello svilupparsi di alcuni incendi di tipo sotterraneo. Il Comune ha presentato anche due diffide senza però alcun esito. La società ha infatti fatto ricorso al TAR e nel 2016 è stata dichiarata fallita. A seguito dell'accoglimento del ricorso da parte del TAR Calabria, il Comune ha chiesto la riforma della pronuncia dinanzi al Consiglio di Stato.

Secondo il Fallimento resistente però, essendo il sito ora sotto sequestro, spetterebbe al Comune, nominato custode, provvedere alla rimozione dei rifiuti.

Il Consiglio di Stato ricorda in primo luogo che, come chiarito dall'Adunanza plenaria nella sentenza 26 gennaio 2021 n. 3, l'onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all'art. 192 d.lgs. n. 152/2006 ricade sulla curatela fallimentare e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare. Difatti, «l'abbandono di rifiuti costituisce una diseconomia esterna, ovvero un'esternalità negativa, derivante dall'attività di impresa, e quindi un costo di cui i creditori della massa fallimentare stessa debbono farsi carico per potere, corrispondentemente, avvantaggiarsi dell'eventuale residuo attivo della procedura. Allo stesso risultato si giunge poi per altra via, considerando che l'abbandono di rifiuti ricade nell'ampia categoria degli illeciti amministrativi, che secondo costante giurisprudenza non si estinguono per fallimento del trasgressore, trattandosi di evento non equiparabile alla morte del reo: sul principio» (v. Cass. pen. sez. VI n. 49055/2017).

Viene inoltre ritenuta infondata l'eccezione secondo la quale «a prescindere dal fallimento dell'impresa, provvedere alla rimozione dei rifiuti spetterebbe al Comune in quanto custode del sito». Viene in tal senso affermato che «l'esser stati successivamente nominati custodi di un'area occupata da rifiuti abbandonati non trasferisce sul custode stesso non responsabile dell'abbandono gli obblighi di provvedere alla rimozione di essi».

Infine, in tema di impugnabilità dell'ordinanza urgente emessa ai sensi dell'art. 50 d.lgs. n. 267/2000, il Collegio ricorda infine che «le ordinanze di necessità ed urgenza presuppongono la ricorrenza di una situazione di pericolo non fronteggiabile con mezzi ordinari. L'esercizio del relativo potere non è precluso dall'esistenza di una serie di rimedi tipici per far fronte alle situazioni di emergenza di una data specie, in particolare dai rimedi legalmente contemplati in tema di abbandono di rifiuti e di bonifica dei siti inquinati». Nella vicenda in esame, la sussistenza di una concreta situazione di pericolo per l'igiene e l'incolumità pubbliche è incontestabile, non tanto per il mero fatto della presenza sul posto dei rifiuti, effettivamente risalente, bensì per l'improvvisa evoluzione in negativo del loro stato. Viene inoltre riscontrata l'inefficacia dei rimedi ordinari, non avendo la procedura di bonifica del sito sortito esito favorevole.

In conclusione, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso del Comune e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado presentato dalla società.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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