Responsabilità medica e centralità del nesso causale
14 Aprile 2023
A causa di un incidente in moto il paziente subiva un ricovero ospedaliero, in seguito al quale gli veniva diagnosticato un ictus cerebrale ischemico. Dopo cinque giorni, veniva individuata anche una frattura scomposta della base del dente epistrofeo, come conseguenza ulteriore dell'incidente. La vittima intentava causa contro l'ospedale e l'ASL in solido per il risarcimento del danno biologico causato dall'errata e tardiva diagnosi della frattura del dente dell'epistrofeo che, a suo dire, avrebbe gravemente aggravato le sue già precarie condizioni di salute e compromesso lo stile di vita del figlio e della nuora che si erano presi cura di lui dopo l'incidente. Si costituiva in giudizio l'ASL eccependo la carenza di prova del nesso eziologico, in assenza di qualsiasi negligenza ascrivibile ai sanitari di entrambe le strutture ospedaliere convenute.
Il Tribunale di Benevento, sottolineando l'applicabilità della legge c.d. Gelli-Bianco (l. n. 24/2017) nella vicenda in esame, mette in evidenza la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui “nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso causale”, tra condotta del sanitario e danno subito, dimostrando che “la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, causa del danno, sicché ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata” (Cass., 15 febbraio 2018, n. 3704 che richiama, fra le tante, Cass. 26 luglio 2017, n. 18392). Ritiene, altresì, opportuno inquadrare la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità da contratto (o da contatto sociale) ai fini dell'individuazione dei criteri di ripartizione dell'onere probatorio, secondo i seguenti criteri: “l'attore […] deve provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) ed allegare l'insorgenza (o l'aggravamento) della patologia e l'inadempimento qualificato del debitore, astrattamente idoneo a provocare […] il danno lamentato, rimanendo carico del medico convenuto e/o della struttura sanitaria dimostrare che tale inadempimento non vi sia stato, ovvero che, pur essendovi stato, lo stesso non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno” (cfr. Cass., sez. III, 6 ottobre 2014, n. 21025).
Nel caso di specie, occorre dimostrare la sussistenza del nesso causale tra la tardiva diagnosi della lesione cervicale e i danni neurologici che, secondo le parti convenute, non sarebbero totalmente riconducibili all'evento ischemico diagnosticato. Risulta, su questo punto, importante evidenziare che ”l'accertamento del nesso causale in caso di diagnosi tardiva (da compiersi secondo la regola del “più probabile che non” ovvero della “evidenza del probabile” […] si sostanzia nella verifica dell'eziologia dell'omissione, per cui occorre stabilire se il comportamento doveroso che l'agente avrebbe dovuto tenere sarebbe stato in grado di impedire o meno l'evento lesivo, tenuto conto di tutte le risultanze del caso concreto nella loro irripetibile singolarità, giudizio da ancorarsi non esclusivamente alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma anche all'ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica) (cfr. Cass., sez. III, 27 luglio 2021, n. 21530)”. Nel caso di specie, l'esame peritale non ha evidenziato alcuna correlazione tra la mancata descrizione della lesione alla vertebra e il danno neurologico riportato dal paziente; anche fosse stata individuata subito la frattura, l'iter terapeutico non sarebbe stato differente, alla luce delle sue condizioni di salute che non avrebbero permesso un intervento maggiormente tempestivo sulla vertebra. La condotta dei sanitari risulta, dunque, congrua sotto tutti i punti di vista, nonché pienamente aderente alle linee guida di riferimento nel caso specifico. |