Responsabilità civile
RIDARE

La compravendita di un'opera d'arte contraffatta

17 Marzo 2023

Quali conseguenze ha, sul piano civile, la compravendita di un’opera d’arte poi rivelatasi contraffatta e di quali rimedi può servirsi l’acquirente?

Il caso

Mevio, il 15 ottobre 2022, acquistava al mercatino dell'usato un quadro realizzato da un pittore molto conosciuto nella bergamasca; il venditore Caio, dopo una breve fase di negoziazione, accettava come corrispettivo la somma di euro 2.000,00, cifra che, sulla base di quanto emerso da una consultazione su Google, sembrava adeguata e consona.

In data 25 ottobre 2022, Mevio sottoponeva il quadro al vaglio di un amico esperto d'arte, il quale gli riferiva di riscontrare vistose anomalie che portavano a ritenere verosimile il fatto che lo stesso quadro fosse, in realtà, un falso.

Mevio, venuto a sapere ciò, si chiede se vi siano tutele azionabili al fine di ottenere la restituzione della somma pagata, considerato il fatto che il nome e il cognome del venditore sono a lui noti, essendo lo stesso un lontano parente della consorte.

La questione

La compravendita tra privati avente ad oggetto le opere d'arte è una pratica assai diffusa che, tuttavia, sovente comporta l'insorgere di alcune problematiche connesse all'autenticità di tali beni e alla loro certa riconducibilità ai veri autori.

Nel caso di specie, Mevio ha acquistato un dipinto realizzato da un pittore noto nella zona bergamasca a un mercatino dell'usato, pagando come corrispettivo 2.000,00 euro. 

La cifra pattuita con il venditore Caio era stata oggetto di accertamento da parte dell'acquirente che, controllando sul noto motore di ricerca Google, aveva riscontrato coerenza tra la stessa e i prezzi generalmente proposti per i quadri del pittore bergamasco; tuttavia, un amico di Mevio esperto d'arte, dopo aver visionato il nuovo acquisto, gli rivelava una – più che probabile – contraffazione dello stesso, con conseguente non riconducibilità dell'opera d'arte al vero autore.

Mevio, avendo già pagato la cifra, è interessato a sondare la possibilità di azionare una tutela al fine di ottenere quanto versato per un quadro che, tuttavia, è risultato un falso.

Giova, innanzitutto distinguere i falsi d'autore dalle copie d'autore; con i primi si identificano le opere d'arte contraffatte e riprodotte in modo tale da renderle confondibili con quelle originali. Le copie d'autore, al contrario, palesano espressamente la loro natura di riproduzioni dell'originale, vengono effettuate, in genere, da artisti contemporanei e hanno ad oggetto famose e note opere d'arte.

Nel caso in esame, l'opera venduta a Mevio è inquadrabile nel falso d'autore, dal momento che la stessa è risultata idonea ad essere confusa da Mevio per un originale e che è stata ceduta per un corrispettivo pari al prezzo che le opere del pittore bergamasco hanno sul mercato.

Inizialmente, il contratto avente ad oggetto la cessione di un bene contraffatto, anche ad insaputa dell'acquirente, veniva ritenuto nullo ai sensi dell'art. 1346 c.c., che richiede, ai fini della validità del contratto, che l'oggetto sia possibile, lecito, determinato o determinabile.

Tuttavia, la corte di legittimità è intervenuta sul tema rilevando che la nullità ex art. 1346 c.c. (nel caso di specie, per illiceità dell'oggetto) è applicabile al contratto di compravendita solo laddove le parti, di comune accordo, dispongano il trasferimento di un bene insuscettibile di commercio per contrarietà all'ordine pubblico, al buon costume o a norme imperative.

Nel caso di vendita di un bene contraffatto all'insaputa dell'acquirente, risulta carente il comune accordo delle parti e, di conseguenza, non può essere ritenuto nullo il contratto di trasferimento.

La giurisprudenza ormai consolidata qualifica la vendita di un'opera d'arte contraffatta – avvenuta traendo in inganno l'acquirente – come un inadempimento contrattuale ai sensi dell'art. 1453 c.c. per consegna di aliud pro alio (si veda Cass. 27 novembre 2018 n. 30713).

Nell'ambito della compravendita, l'aliud pro alio si realizza quando il venditore consegna all'acquirente un bene del tutto diverso da quello pattuito, un bene di genere del tutto diverso da quello oggetto dell'accordo o, infine, un bene privo delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni di colui che lo ha acquistato (Cass. 31 marzo 2006 n. 7630).

In tali ipotesi, il responsabile della vendita del quadro contraffatto è il venditore. La responsabilità non può essere esclusa a meno che non venga provato che lo stesso fosse erroneamente convinto dell'autenticità dell'opera d'arte e che tale errore non potesse essere evitato mediante l'utilizzo dell'ordinaria diligenza (in tal senso, Cass. 1° luglio 2008 n. 17995).

Sulla base di quanto più volte ribadito dai giudici di legittimità, l'acquirente può efficacemente richiedere in sede giudiziale la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1453 c.c., per inadempimento del venditore.

Chiaramente la non autenticità dell'opera d'arte dovrà essere idoneamente provata in sede giudiziale. Conseguentemente alla risoluzione contrattuale, sarà disposto il risarcimento del danno a favore di Mevio, che comporterà, in primo luogo, la restituzione del prezzo pagato al momento dell'acquisto e, in secondo luogo, il risarcimento del lucro cessante, ossia la perdita subita dall'acquirente a causa dell'inadempimento del venditore, ove sia possibile fornirne una prova.

La giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che “poiché la risoluzione del contratto per inadempimento comporta l'obbligo del contraente inadempiente di rifondere all'altra parte, a titolo di risarcimento del danno, anche il lucro che abbia perduto in conseguenza della mancata esecuzione della prestazione, non vi è dubbio che, nel caso di risoluzione, per inadempimento del venditore, della compravendita di un quadro dichiarato d'autore, rivelatosi non autentico, deve essere riconosciuto al compratore il diritto non soltanto alla restituzione del prezzo versato, ma anche al risarcimento del maggior valore che il quadro avrebbe avuto se fosse stato autentico, ma tale principio (...) in caso di colpa non può essere applicato anche per il maggior valore acquistato dal quadro dopo la vendita, che non è prevedibile” (Cass. 16 aprile 1984 n. 2457).

Seppur non rilevante in questa sede, la condotta di Caio ha un'autonoma rilevanza anche dal punto di vista penale; lo stesso, infatti, potrebbe essere ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 648 c.p. (ricettazione) o ai sensi dell'art. 518 quaterdecies c.p. (contraffazione di opere d'arte).

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