Liquidazione compenso avvocato: il giudice non può scendere al di sotto dei minimi tariffari

Redazione scientifica
18 Aprile 2023

In assenza di diversa convenzione tra le parti, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non è dato al giudice scendere al di sotto dei valori minimi tariffari.

Il Tribunale di Roma annullava una cartella di pagamento emessa per la riscossione di sanzioni pecuniarie per violazioni del codice della strada. Nella regolazione delle spese di lite, il giudice liquidava € 400,00 per il primo grado ed € 500,00 per l'appello, oltre ad € 147,00 per il contributo unificato, oltre accessori di legge.

La pronuncia veniva impugnata in Cassazione con riferimento alla liquidazione delle spese di lite, atteso che, secondo il ricorrente, la sentenza aveva liquidato, a titolo di spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, importi inferiori ai minimi tabellari, senza inoltre procedere, per ciascun grado di causa, ad una quantificazione per fasi.

La Corte ha ritenuto fondato il ricorso, evidenziando che l'attuale formulazione dell'art. 4, comma 1, d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, dispone che, ai fini della liquidazione del compenso, il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali possono essere aumentati di regola sino all'80%, ovvero possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50%. Per la fase istruttoria l'aumento è di regola fino al 100% e la diminuzione in ogni caso non oltre il 70%. La novellata previsione risulta difforme dalla versione precedente al 2018 che non prevedeva un vincolo espresso per la massima riduzione applicabile (limitandosi a dire che la riduzione non poteva di regola essere superiore al 50%). Se dunque nel regime temporale di applicazione del d.m. n. 55/2014 era possibile ridurre la liquidazione anche oltre la metà, ciò non può essere ammesso nelle controversie regolare dal d.m. n. 37/2018.

Come si legge nel parere della Sezione Consultiva del Consiglio di Stato n. 2703/2017 l'attuale previsione è volta proprio a specificare «con maggiore chiarezza l'inderogabilità delle soglie minime percentuali di riduzione del compenso rispetto al valore parametrico di base da parte degli organi giudicanti, e ciò anche in considerazione del fatto che l'art. 13, comma 7 l. n. 247/2012 prevede fra i criteri cui si deve attenere l'Amministrazione quello della “trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali”». Tale intento normativo «traspare dalla dichiarata rispondenza - per esplicita valutazione normativa - dei parametri tabellari introdotti ex novo ai requisiti cui devono rispondere le liquidazioni ricadenti nell'ambito applicativo dell'art. 13-bis l. n. 247/2012, introdotto dal d.l. 16 ottobre 2017, convertito nella legge 4 dicembre 2017, e poi modificata dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205».

In conclusione, il Collegio cristallizza il principio di diritto secondo cui «in assenza di diversa convenzione tra le parti, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, a seguito delle modifiche apportate allo stesso dal d.m. n. 37/2018, non è dato al giudice scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile».

*Tratto da:www.dirittoegiustizia.it

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