Esclusa la liquidazione equitativa del danno per i beni del conduttore deteriorati dagli scarichi condominiali
19 Aprile 2023
La vicenda. La società conduttrice conveniva in giudizio il Condominio al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'allagamento del piano cantinato, collocato all'interno del convenuto, da essa condotto in locazione. L'attrice, dunque, aveva chiesto il risarcimento danni consistenti nell'anticipazione delle spese per le riparazioni urgenti, nel danneggiamento di pregiati articoli da regalo e nei costi sostenuti per lo smaltimento del materiale fangoso e della merce andata distrutta. Costituendosi in giudizio, il Condominio negava di avere alcuna responsabilità in merito all'occorso, perché le tubazioni da cui si era verificata la perdita appartenevano anche ai Condominii limitrofi. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda attorea; la Corte territoriale, invece, accoglieva parzialmente il gravame dell'appellante Condominio.
Invero, i giudici del gravame, pur riconoscendo alcune voci di danno richiesti dalla conduttrice, tuttavia, avevano reputato che il danno alla merce non era stato dimostrato: le fotografie prodotte non davano contezza della qualità e quantità del materiale andato distrutto. Avverso il provvedimento in esame, la società proponeva ricorso in Cassazione eccependo che l'amministratore del Condominio non era stato autorizzato dall'assemblea condominiale, ai sensi dell'art. 1131, comma 3, c.c. alla proposizione dell'atto di appello.
Infine, secondo la ricorrente, accertata la responsabilità del condominio in entrambi i gradi di giudizio, il danno non poteva che emergere de plano dall'irriconoscibilità e dal deterioramento dei beni provocati dalla miscela di acqua, fango e reflui degli scarichi condominiali.
Il difetto di capacità processuale può essere sanato senza necessità del giudice. La società appellata, costituendosi, aveva eccepito la carenza di legittimazione processuale del Condominio per difetto di autorizzazione preventiva dell'assemblea ad impugnare la sentenza di prime cure sfavorevole. All'udienza di prima comparizione e di trattazione, il Condominio aveva prodotto in copia cortesia, tra gli altri, il verbale dell'assemblea condominiale che, a suo avviso, conteneva l'autorizzazione a proporre appello avverso la decisione del Tribunale.
Detta produzione documentale veniva contestata dall'odierna ricorrente in quanto irrituale e non autorizzata. Premesso ciò, secondo la S.C. il difetto di capacità processuale delle parti risultava sanabile e non solo per intervento del giudice. Difatti, le invalidità derivanti dal difetto di capacità processuale possono essere sanate anche di propria iniziativa dalle parti; segnatamente con la regolarizzazione della costituzione in giudizio della parte cui l'invalidità si riferisce. Mentre l'intervento del giudice inteso a promuovere la sanatoria è obbligatorio, va esercitato in qualsiasi fase o grado del giudizio, e ha efficacia ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali.
Pertanto, il Condominio, a fronte dell'eccezione di controparte, era legittimato a produrre la documentazione atta a dimostrare la propria capacità processuale, senza bisogno di autorizzazione del giudice. Del resto, l'assemblea aveva deciso, a fronte della soccombenza in primo grado, di procedere con l'impugnazione della decisione sfavorevole.
I requisiti per ottenere la valutazione equitativa del danno. La Corte territoriale aveva escluso il risarcimento degli articoli all'interno dei locali danneggiati dall'allagamento a causa della documentazione fotografica, genericità delle prove testimoniali, assenza di inventario della merce, mancanza di un accertamento tecnico preventivo, non deteriorabilità di alcuni oggetti. A parere della Suprema Corte di Cassazione, l'accertamento di un comportamento antigiuridico non provoca automaticamente il risarcimento del danno, perché il nocumento patrimoniale non può essere mai identificato in re ipsa ed il pregiudizio risarcibile è sempre danno – conseguenza, da provare anche per presunzioni.
Difatti, in tal senso, l'accoglimento delle censure del ricorrente implicherebbe un inammissibile nuovo e diverso accertamento dei fatti di causa sia quanto alla ricorrenza dei danni sia quanto alla difficoltà di provarne l'ammontare. Per le considerazioni esposte, i giudici di legittimità hanno ritenuto di non discostarsi dal principio di diritto pronunciato in una fattispecie similare: «La liquidazione in via equitativa del danno postula, in primo luogo, il concreto accertamento dell'ontologica esistenza di un pregiudizio risarcibile, il cui onere probatorio ricade sul danneggiato e non può essere assolto dimostrando semplicemente che l'illecito ha soppresso una cosa determinata, se non si provi, altresì, che essa fosse suscettibile di sfruttamento economico e, in secondo luogo, il preventivo accertamento che l'impossibilità o l'estrema difficoltà di una stima esatta del danno stesso dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell'allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l'entità». In conclusione, il ricorso è stato rigettato. (fonte: Diritto e giustizia.it) |