Potestà «limitata» dell'A.F. sul collegamento negoziale dell'atto sottoposto a registrazione
20 Aprile 2023
L'Agenzia delle Entrate emetteva avviso di liquidazione dell'imposta di registro in misura proporzionale, riqualificando in cessione d'azienda, ai sensi dell'art. 20 T.U.R., una serie di operazioni effettuate da alcune società, considerate strettamente collegate tra loro:
I motivi di ricorso. Le società ricorrenti eccepivano che l'Ufficio avesse errato nella propria opera di riqualificazione delle operazioni poste in essere sulla base dell'art. 20 TUR, in presenza di valide ragioni economiche che avrebbero giustificato le operazioni effettuate in quanto intenzione delle parti era stata quella di estrapolare i rami d'azienda dalle società, di interesse della parte acquirente, con conseguente volturazione delle autorizzazioni, degli accreditamenti e delle convenzioni con gli Enti Pubblici per le residenze/strutture sanitarie. Le ricorrenti ritenevano che l'Ufficio, con l'avviso impugnato, avesse esposto i soggetti partecipanti alle suddette operazioni ad un accertamento fondato su una riqualificazione non degli effetti giuridici, ma degli effetti economici, cioè secondo le logiche tipiche di una norma antiabuso che contrasta l'uso distorto delle forme giuridiche, senza però consentire agli stessi di beneficiare delle norme di tutela procedimentale e finanziaria che l'art. 10-bis, l. n. 212/2000 prevede a differenza del citato art. 20. In sostanza, l'assenza di intento elusivo avrebbe confortato la sussistenza di valide ragioni extrafiscali non marginali. Inoltre, non poteva l'Ufficio, a priori, imporre una soluzione giuridica fiscalmente più onerosa tra le alternative possibili, operando una errata riqualificazione delle operazioni poste in essere.
La posizione dell'Amministrazione finanziaria. L'Ufficio, dal canto suo, ricordava come l'art. 20 TUR sia una norma interpretativa che consente all'Amministrazione di riqualificare la fattispecie allorché appaia che le parti abbiano inteso porre in essere un negozio con sostanza economica diversa da quella emergente dall'atto portato a registrazione. Nel caso in esame, l'Amministrazione aveva ritenuto che le parti avessero realizzato una cessione di ramo di azienda. L'operazione, cioè, era tassabile unitariamente in quanto gli atti risultavano strettamente connessi, interdipendenti tra di essi ed ognuno trovava giustificazione nell'altro, considerando anche il brevissimo lasso temporale in cui erano stati posti in essere. Dovendo attribuirsi rilievo all'intrinseca natura ed agli effetti giuridici dell'atto, rispetto al suo titolo ed alla sua forma apparente, l'Amministrazione finanziaria riteneva di avere il potere di riqualificare in cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società senza essere tenuta a provare l'intento antielusivo, attesa l'identità della funzione economica dei due contratti (id est conferimento di azienda e cessione delle quote societarie), consistente nel trasferimento del potere di godimento e disposizione dell'azienda da un gruppo di soggetti ad un altro gruppo.
La sentenza. La Corte di Giustizia tributaria lombarda ricorda, preliminarmente, l'evoluzione normativa che ha interessato l'art. 20 TUR. In particolare, sulla base della formulazione successiva alla l. n. 205 del 2017 che, secondo l'art. 1, comma 1084, della l. n. 145/2018, il legislatore ne ha fornito interpretazione autentica e alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 158/2020 e n. 39/2021, «è legittima l'attività di riqualificazione dell'atto da registrare da parte dell'Amministrazione soltanto se operata "ab intríseco", cioè senza alcun riferimento agli atti ad esso collegati e agli elementi extra-testuali, non potendosi essa fondare sull'individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dall'atto" (Cass. 10688/2021; v. anche Cass. 9065/2021; Cass. 205601/2021). In sostanza, il legislatore, con un intervento ritenuto conforme ai parametri costituzionali, ha voluto imporre una interpretazione isolata dell'atto da sottoporre a registrazione, fondata unicamente sugli elementi da esso desumibili, ribadendo così la natura d'imposta d'atto dell'imposta di registro, la quale colpisce l'atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto (ordinanza n. 8137, anno 2022). Pertanto, tenendo conto della suddetta norma di interpretazione autentica e dei principi sviluppatisi in seno alla giurisprudenza di legittimità, non è apparsa ai giudici ambrosiani corretta la ricostruzione effettuata dall'Ufficio che aveva considerato i diversi atti collegati tra loro, individuando una cessione di azienda che non si era realizzata e non era certamente nelle intenzioni delle società. La Corte ha affermato come la potestà dell'Amministrazione finanziaria sia soggetta a diversi limiti «quando la riqualificazione è diretta a far valere il collegamento negoziale e, più in generale, qualunque forma di abuso del diritto ed elusione fiscale, ai sensi dell'art. 10-bis, l. n. 212/2000, trattandosi di ipotesi estranea alla ermeneutica dell'atto da registrare. L'azione accertatrice, in tali casi, si deve attuare mediante apposito e motivato atto impositivo, preceduto - a pena di nullità - da una richiesta di chiarimenti, che il contribuente può fornire entro un certo termine, il tutto da svolgersi all'interno di uno specifico conto». (Ordinanza n. 11435, anno 2022).
Calando i suddetti principi alla fattispecie concreta, la Corte lombarda ha messo in evidenza come l'Ufficio avesse considerato tutti gli atti come collegati senza porre in essere il procedimento espressamente previsto dall'ordinamento - come precisato dalla Suprema Corte – essendo indubbio che, per giungere alla qualificazione della operazione societaria come "cessione d'azienda" l'Agenzia delle entrate, contro il divieto di legge, avesse posto in collegamento tra di loro atti diversi e distinti, non solo per l'oggetto, ma anche per le parti contraenti, valutando l'operazione stessa nel suo complesso ed in quanto produttiva di un unico effetto giuridico finale, da identificarsi, appunto, nel trasferimento di un ramo d'azienda, «in tal modo violando il principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione». Non avendo, pertanto, l'Ufficio utilizzato la corretta procedura, l'avviso, secondo i giudici tributari, doveva considerarsi illegittimo. Peraltro, concludono la motivazione gli interpreti, l'Agenzia aveva tenuto in considerazione soltanto gli effetti economici, ritenendoli di per sé elusivi in quanto comportanti un risparmio di imposta, non tenendo però conto delle ragioni giuridiche per le quali le società avevano dato luogo alla complessa operazione. Al contrario, i diversi atti posti in essere dalle società, avevano il fine di tutelare le autorizzazioni amministrative e gli accreditamenti e le convenzioni con gli Enti Pubblici per le residenze/strutture sanitarie e non riguardavano beni immobili o beni mobili registrati. |