Le clausole anti-diluizione nelle operazioni di venture capital
20 Aprile 2023
Premessa
Una società neocostituita o nelle sue prime fasi di vita vede la partecipazione – in tempi e con prospettive temporali differenti – di una pluralità di soggetti in qualità di fornitori di capitale di rischio (e non solo). Si parla di “early stage financing” se l'impresa è nata da poco e necessita di capitali per finanziare gli investimenti necessari per arrivare al mercato, o di “expansion financing” se l'impresa ha già iniziato a vendere i suoi prodotti o servizi e ricerca capitali per consolidare ed accelerare la crescita in atto. A tal riguardo, in relazione allo stratificarsi dei diversi investimenti effettuati da più investitori nelle diverse fasi di sviluppo dell'impresa finanziata, diventa necessario, per l'investitore che sottoscrive un aumento di capitale, disciplinare la propria posizione rispetto a future operazioni sul capitale della società target nella quale si sta procedendo all'investimento. A tal fine, vengono in aiuto le clausole anti-diluizione – che possono trovare una propria collocazione a livello sociale e/o parasociale – con le quali le parti intendono regolamentare il problema della diluizione della partecipazione (dell'investitore) conseguente a un eventuale (successivo) aumento di capitale. Le clausole anti-diluizione
Nella valutazione di un possibile investimento l'analisi preliminare che svolge un venture capitalist riguarda giocoforza la valutazione dell'azienda al fine di stimare un valore che funga anche da base di partenza per la negoziazione dell'investimento e, quindi, del relativo term sheet oltreché per ponderare le necessità monetarie rispetto al valore della società. Tuttavia, a causa dei tratti peculiari delle start-up (i.e. società di non consistenti dimensioni ma di reali prospettive di crescita), non è sempre facile l'individuazione del valore della c.d. pre-money valuation. La valorizzazione pre-money consiste nel numero sulla cui base verrà determinata la percentuale di partecipazione ottenuta dall'investitore a fronte dell'esecuzione dell'ipotizzato apporto e la stessa può variare, anche in maniera peggiorativa, tra i diversi round (e.g. round serie A, round serie B, round serie C ecc.) che si susseguono nelle fasi iniziali di vita delle start-up. Stante la possibilità che la raccolta di financing di una start-up possa avvenire anche (ma non solo) tramite capitale di rischio, l'investitore, dunque, può attuare il suo investimento sottoscrivendo un aumento di capitale sulla base di una determinata valutazione pre-money. Tuttavia, ben può accadere che, più avanti nel tempo, la società avverta l'esigenza di deliberare aumenti di capitale ad un prezzo di emissione che implichi una valorizzazione della società inferiore rispetto a quella posta a base dell'investimento dell'investitore. Una richiesta tipica di un qualsiasi investitore finanziario è, quindi, costituita dalla previsione di appositi meccanismi grazie ai quali, in caso di aumenti del capitale, successivi a quello sottoscritto da quest'ultimo e che prevedono un prezzo di sottoscrizione inferiore rispetto a quello corrisposto da tale investitore (c.d. rounds down), distribuiscano in modo non proporzionale tra i soci preesistenti la perdita di peso amministrativo (c.d. diluizione nominale) e di valore della partecipazione (c.d. diluizione sostanziale) (P. Agstner, A. Capizzi, P. Giudici, Business Angels, Venture Capital e la nuova s.r.l., in Orizzonti del Diritto Commerciale, Fascicolo 2, 2020, 12). Con tale clausola il socio beneficiario (usualmente il finanziatore VC) non subisce alcun pregiudizio a tutto svantaggio del socio non beneficiario (usualmente il founder) (P. Agstner, A. Capizzi, P. Giudici, Business Angels, Venture Capital e la nuova s.r.l., in Orizzonti del Diritto Commerciale, fascicolo 2, 2020, 12). Se, infatti, è innegabile che con tali clausole anti-diluizione il VC trasferisce – interamente o parzialmente – a carico dei soci “imprenditori” il rischio di diminuzione del valore dell'impresa successivamente al round di finanziamento con cui è entrato nella società, è anche vero che tale diminuzione di valore è normalmente imputabile all'attività dei soci founder, che conservano la gestione dell'impresa. La prassi conosce due principali tipologie di clausole di anti-diluizione che si distinguono per il livello di protezione offerta all'investitore beneficiario: (i) clausola anti-diluizione c.d. full ratchet (letteralmente “di incremento pieno”): secondo cui all'investitore beneficiario della clausola di anti-diluizione viene attribuita gratuitamente una quota aggiuntiva di capitale della società in modo tale da fargli mantenere inalterato sia il valore del proprio investimento (equivalenza sostanziale) sia la propria quota di partecipazione (equivalenza nominale) che egli avrebbe ottenuto se la valorizzazione pre-money sulla cui base è stato deliberato l'aumento di capitale da lui sottoscritto fosse stata quella stessa alla base del round down (G. A. Mazza, Fenomenologia, effetti giuridici e possibili contenuti del term sheet nelle operazioni di venture capital, in I quaderni di Materias, N. 4, Denaro Libri, 2021, 28; P. Agstner, A. Capizzi, P. Giudici, Business Angels, Venture Capital e la nuova s.r.l., in Orizzonti del Diritto Commerciale, fascicolo 2, 2020, 12; A. Capizzi, P. Agstner, P. Giudici, Il design contrattuale delle startup VC-financed in Italia, fascicolo 1-2, giugno-dicembre 2021, 241); e (ii) causola anti-diluizione c.d. weighted average: si basa sul concetto di media ponderata, secondo cui all'investitore beneficiario della clausola anti-diluizione viene attribuita gratuitamente una quota aggiuntiva di capitale della start-up in modo tale da fargli ottenere gratuitamente quella (maggiore) partecipazione che egli avrebbe ottenuto se la valorizzazione pre-money - sulla cui base è stato deliberato l'aumento di capitale da lui sottoscritto - fosse stata quella corrispondente alla media ponderata tra (x) tale valorizzazione pre-money e (y) quella alla base del successivo round down (G. A. Mazza, Fenomenologia, effetti giuridici e possibili contenuti del term sheet nelle operazioni di venture capital, in I quaderni di Materias, N. 4, Denaro Libri, 2021, 28; P. Agstner, A. Capizzi, P. Giudici, Business Angels, Venture Capital e la nuova s.r.l., in Orizzonti del Diritto Commerciale, fascicolo 2, 2020, 12; R. P. Bartlett, Understanding price-based antidilution protection: Five principles to apply when negotiating a down-round financing, Business Lawyer, V. 59 (1), Novembre 2003, 41-42; A. Capizzi, P. Agstner, P. Giudici, Il design contrattuale delle startup VC-financed in Italia, fascicolo 1-2, giugno-dicembre 2021, 241). Premessa tale distinzione, le clausole in oggetto vengono spesso redatte, ad esempio, prevedendo un obbligo dei soci, in caso di aumenti qualificati come «diluitivi» (ad esempio così definiti: “indica un aumento di capitale diverso da (i) un qualsiasi aumento di capitale riservato ad amministratori, dipendenti e/o consulenti e/o manager nel contesto di un piano di incentivazione agli stessi destinato e (ii) un qualsiasi aumento di capitale reso necessario da disposizioni di legge per la ricapitalizzazione della Società in seguito a perdite (fino al raggiungimento del capital minimo legale); e (iii) gli aumenti di capitale volti alla costituzione del flottante in sede di quotazione, che preveda un prezzo di sottoscrizione per ciascuna quota (tenendo in considerazione sia il valore”), a deliberare un ulteriore aumento di capitale riservato ai soci beneficiari ai quali verranno assegnate gratuitamente le quote di compendio secondo le formule di full ratchet o weighted average (si veda, in particolare, A. Capizzi, P. Agstner, P. Giudici, Il design contrattuale delle startup VC-financed in Italia, fascicolo 1-2, giugno-dicembre 2021, 241). In particolare, alla luce di una disamina di diversi statuti di start-up italiane fatta da parte degli studiosi A. Capizzi, P. Agstner, P. Giudici, è opportuno segnalare come nel panorama italiano gli statuti non riproducano il meccanismo delle clausole anti-diluizione dell'esperienza nordamericana e anzi risultano assai distanti dal modello statunitense, in cui è lo stesso aumento deliberato in sede di successivo round a dover essere tale da permettere una protezione dei beneficiari dalla diluizione nominale e sostanziale. Al contrario, nell'esperienza italiana “sembra emergere una preferenza per gli aumenti di capitale «a servizio», a pagamento e al valore nominale, così imponendo al socio beneficiario di supportare un ulteriore esborso, sia pure nella stragrande maggioranza dei casi di ridottissimo ammontare” (A. Capizzi, P. Agstner, P. Giudici, Il design contrattuale delle startup VC-financed in Italia, fascicolo 1-2, giugno-dicembre 2021, 241). La scelta di utilizzare il meccanismo dell'aumento di capitale (gratuito o a pagamento) dedicato riflette probabilmente il timore di incappare nell'interpretazione che vieta la «sproporzione estrema» nei conferimenti non proporzionali. La conseguenza principale dell'inserimento delle clausole anti-diluzione è la distribuzione non proporzionale tra i soci della diluzione, nominale e sostanziale, conseguente all'entrata di un nuovo finanziatore (A. Capizzi, P. Agstner, P. Giudici, Il design contrattuale delle start-up VC-financed in Italia, Bologna, fasc. 1-2, giugno-dicembre, 2021, 241). Tali clausole, dunque, derogano al principio di proporzionalità fra conferimento e partecipazione sancito a livello codicistico, per le società per azioni, ai sensi dell'art. 2346 c.c. e, per le società a responsabilità limitata, ai sensi dell'art. 2468 c.c. Tuttavia, gli stessi articoli citati, prevedono contestualmente altresì anche una deroga. Per le società per azioni, ai sensi dell'art. 2346, comma 4,c.c. (“a ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Lo statuto può prevedere una diversa assegnazione delle azioni”) e, per le società a responsabilità limitata, ai sensi dell'art. 2468, comma 2, c.c. (“salvo quanto disposto dal terzo comma del presente articolo, i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta. Se l'atto costitutivo non prevede diversamente, le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al conferimento”), è prevista una deroga convenzionale alla regola della proporzionalità fra la misura della partecipazione e quella del conferimento che diviene supplettiva (A. Maffei Alberti, Commentario breve al diritto delle società, Milano, 2017, 361-371 e 1381). Sul punto la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, con la massima n. 186 del 7 gennaio 2020 (“Clausole statutarie anti-diluizione”) ha affermato la legittimità delle clausole statutarie anti-diluizione previste a livello statutario sia nelle società per azioni che nelle società a responsabilità limitata che sostanzialmente predeterminano statutariamente una ipotesi di assegnazione non proporzionale di azioni o quote ai sensi degli artt. 2346, comma 4, c.c., e 2468, comma 2, c.c. In particolare “nel contesto di iniziative imprenditoriali che vedono la partecipazione in tempi e con prospettive temporali differenti di una pluralità di soggetti in qualità di fornitori di capitale di rischio”, la Commissione prende atto del fatto che le parti possono avvertire certamente l'esigenza di disciplinare le rispettive posizioni rispetto a future operazioni sul capitale prevedendo clausole che riconoscano a un socio il diritto di non vedersi “diluito” nella propria partecipazione al capitale sociale qualora in futuro venissero deliberati aumenti di capitale a pagamento, anche se offerti in opzione, a un prezzo inferiore a una determinata soglia. In particolare, precisa la Commissione, “la legittimità di una clausola che riconosca ai soci “protetti” la facoltà di vedersi assegnare gratuitamente azioni o quote nel contesto di un aumento a pagamento si giustifica considerando che tale clausola, sostanzialmente, predetermina statutariamente una ipotesi di assegnazione non proporzionale di azioni o quote” ai sensi degli artt. 2346, comma 4, c.c. (se si sta parlando di società per azioni) e 2468, comma 2, c.c. (se si sta parlando di società a responsabilità limitata). Dunque, nel contesto dell'aumento di capitale a pagamento che attiva la clausola anti-diluizione i soci sottoscriveranno azioni o quote in via non proporzionale rispetto ai conferimenti effettuati sottoscrivendo, appunto, azioni o quote pur nulla conferendo. La massima, pertanto, sostiene un'interpretazione dottrinale (prevalente ma non pacifica) che, in relazione ai conferimenti non proporzionali, considera appunto legittime le ipotesi in cui vi siano alcuni soci che non effettuino conferimenti di alcun tipo precisando che la tesi permissiva viene “ritenuta preferibile per almeno due ordini di considerazioni: da un lato, il dato normativo non contempla alcun limite alla misura della non proporzionalità delle sottoscrizioni, e, dall'altro lato, si tratta di vicenda che riguarda pur sempre rapporti interni tra soci, non essendovi dunque alcun interesse di soggetti terzi da proteggere.” Per l'opposta tesi dell'inammissibilità di una assegnazione non proporzionale che preveda l'assegnazione di azioni a soci che non effettuano alcun conferimento, si veda in dottrina: M. Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Milano, 2015, 180, nt. 77; M. Miola, I conferimenti in natura, in Trattato delle società per azioni, 1, G.E. Colombo- G.B. Portale (diretto da), Torino, 2004, 229; A. Stagno D'Alcontres, Commento sub art. 2346 c.c., in Società di Capitali. Commentario, G. Niccolini - A. Stagno D'Alcontres (a cura di) Napoli, 2004, 258; A. Valzer, Commento sub art. 2346, commi 4 e 5, in Le società per azioni, P. Abbadessa - G.B. Portale, Tomo I, Milano, 2016, 472 e ss. Unico limite che appare insuperabile è quello della necessaria equivalenza tra l'ammontare totale dei conferimenti e capitale sociale posto, per le società per azioni, dall'art. 2346, comma 5, c.c., e, per le società a responsabilità limitata, dall'art. 2464, comma 1,c.c., rilevando, quindi, che il reale vincolo all'autonomia delle parti è rappresentato unicamente dal principio dell'integrità del capitale sociale, fissato nell'interesse dei terzi e dell'intero sistema e non sembrando invece assumere alcuna rilevanza esterna alla società come esso sia ripartito tra i soci. Per completezza occorre anche segnalare in questa sede che, con riferimento alle società a responsabilità limitata e in caso di diminuzione del capitale, occorre domandarsi cosa avvenga in caso di rimborso (o di liberazione dei soci) nell'ipotesi in cui i conferimenti non siano stati effettuati proporzionalmente alle quote di partecipazione al capitale (v. articoli 2482 e ss c.c.). A questo proposito, sembra che in linea di principio (vale a dire: salva l'esistenza di regole diverse nell'atto costitutivo) la riduzione del capitale si rifletta proporzionalmente sulle quote di partecipazione al capitale, indipendentemente dal fatto che esse siano o non siano state assegnate in proporzione dei conferimenti; perciò: se il capitale è ridotto di un quinto, ciascun socio ha diritto al rimborso di un quinto del valore nominale della sua quota, eventualmente sotto forma di liberazione dall'obbligo di versare i conferimenti da lui ancora dovuti (M.S. Spolidoro, La riduzione del capitale sociale nelle s.r.l., in Rivista di diritto societario, fascicolo 3, 2007, 2-26). In conclusione
Per concludere, una volta valutata la legittimità dell'inserimento o meno di dette clausole all'interno di uno statuto, l'individuazione dei soci “protetti” potrà avere luogo, nelle società per azioni attraverso la creazione di categorie speciali di azioni, oppure, nelle società a responsabilità limitata, per il tramite di categorie speciali di quote ai sensi dell'art. 26, comma 2, D.L.18 ottobre 2012, n. 179 (i.e. come diritti di una categoria speciale di quote, con conseguente loro trasferibilità) o per il tramite di diritti particolari ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c. (con conseguente loro intrasferibilità e necessità di delibera unanime per la loro introduzione e modificazione). Una volta individuate le modalità con cui inserire tali previsioni rimane altresì fondamentale la valutazione di quale tipologia di clausola anti-diluizione negoziare tenendo a mente che, a seconda che si assista nella negoziazione di un term sheet un founder o un investitore: - La clausola c.d. “full ratchet” neutralizza integralmente l'effetto economico diluitivo e garantisce una protezione piena all'investitore, ma risulta estremamente onerosa per i founder della società target e gli altri soci non protetti dalla stessa, i quali risulteranno diluiti in maniera più che proporzionale in occasione di down round. Per questa ragione, tale meccanismo è raro che venga accettato nel contesto di una negoziazione di un term sheet. - La clausola c.d. “weighted average” neutralizza parzialmente l'effetto economico diluitivo e garantisce una maggiore considerazione degli interessi dei founder, operando un bilanciamento tra gli stessi e quelli portati dagli investitori, in quanto si basano su una media tra il valore della società considerato nel precedente round di investimento e quello calcolato in occasione del nuovo aumento di capitale. Tali caratteristiche rendono questa tipologia di clausola anti-diluizione maggiormente utilizzata nella prassi. |