Riproposizione di una domanda giudiziale: limiti e condizioni

20 Aprile 2023

La Corte di cassazione si esprime sul diritto della parte di riproporre una domanda giudiziale a fronte della omessa pronuncia sulla stessa da parte dell'autorità giudiziaria, nonché sul valore meramente processuale della presunzione di rinuncia dettato dall'art. 346 cpc.
La massima

In caso di omessa pronuncia su una domanda, e sempre che non ricorrano gli estremi di un assorbimento della questione pretermessa ovvero di un rigetto implicito, la parte ha la facoltà alternativa di far valere l'omissione in sede di gravame o di riproporre la domanda in separato giudizio, poiché la presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c. ha valore meramente processuale e non anche sostanziale, sicché, riproposta la domanda in separato giudizio, non è in tale sede opponibile la formazione del giudicato esterno.



Il caso

L'avvocato R.L. ha presentato istanza di liquidazione del compenso per aver assistito il Fallimento XY in quattro giudizi. Il giudice delegato ha liquidato il compenso richiesto, omettendo di pronunciarsi sulla richiesta di rimborso delle spese non imponibili anticipate. L'avvocato R.L. ha proposto reclamo avverso una sola delle quattro liquidazioni, senza spiegare alcun motivo di gravame in ordine all'omessa liquidazione delle spese.

Successivamente, il medesimo avvocato ha proposto l'istanza di rimborso delle spese non imponibili ed il giudice delegato ha rigettato l'istanza.

Avverso detto ultimo provvedimento di rigetto l'avvocato R.L. ha proposto reclamo ex art. 26 l.fall. che il Tribunale di Roma ha respinto in quanto "il provvedimento decisorio avente ad oggetto il diritto del professionista alla corresponsione dei compensi", in mancanza di reclamo, "è divenuto definitivo per tre di essi", mentre nel quarto "l'avv. R.L. ha proposto reclamo senza spiegare alcun motivo di gravame in ordine all'omessa liquidazione delle spese, con riguardo alla quale deve desumersi aver prestato acquiescenza".

L'avvocato R.L. ha impugnato la suddetta decisione con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.

La Corte di Cassazione ha accolto il reclamo cassando il decreto impugnato e decidendo nel merito.



La questione giuridica

La questione giuridica esaminata dalla Suprema Corte con il provvedimento in esame attiene al diritto di riproporre una domanda giudiziale a fronte della omessa pronuncia sulla stessa da parte dell'autorità giudiziaria chiamata a pronunciarsi, nonché il valore meramente processuale della presunzione di rinuncia dettato dall'art. 346 cpc.

La questione prende le mosse dalla decisione del Tribunale di Roma di respingere il reclamo promosso dal creditore, ritenendo che la mancata impugnazione della omessa pronuncia comporti la decadenza dall'esercizio del diritto oggetto della domanda pretermessa.

Il Tribunale di Roma ha infatti stabilito che la decisione assunta dal giudice delegato sulle quattro istanze di liquidazione del compenso e sul rimborso delle spese sia divenuta definitiva perché non impugnata per tre delle quattro istanze e perché, quanto alla istanza impugnata, le contestazioni mosse non avrebbero riguardato la omessa pronuncia sul rimborso delle spese.

A supporto della motivazione posta a fondamento della decisione assunta, il Tribunale di Roma ha richiamato il principio generale secondo il quale "il sistema della procedura fallimentare è strutturato nel prevedere che le decisioni del giudice delegato possano essere oggetto di giudiziale gravame ma ciò entro ristretti termini che sono di natura decadenziale (tenuto conto dell'attributo loro espressamente conferito di perentorietà) di modo da contemperare le esigenzegiustiziali individuali con quelli di stabilità, certezza e celerità del pertinente iter procedimentale", ratio che "verrebbe radicalmente frustrata laddove si consentisse che istanze promosse al giudice delegato e non accolte possano essere meramente reiterate e ciò quale facoltà alternativa alla proposizione di reclamoL. Fall., ex art. 26, avverso la precedente decisione che non aveva loro dato accesso e riconoscimento". Sulla base di tale motivazione il Tribunale di Roma ha quindi respinto il reclamo ribadendo che "il provvedimento decisorio avente ad oggetto il diritto del professionista alla corresponsione dei compensi", in mancanza di reclamo, "è divenuto definitivo per tre di essi", mentre nel quarto "l'avv. R.L. ha proposto reclamo senza spiegare alcun motivo di gravame in ordine all'omessa liquidazione delle spese, con riguardo alla quale deve desumersi aver prestato acquiescenza".



La soluzione della Corte

La Suprema Corte ha cassato la decisione del Tribunale di Roma e, decidendo nel merito, ha condannato il Fallimento al pagamento delle spese richieste dall'avv. R.L.

La Corte, dando seguito all'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto fondato il motivo di ricorso affermando, in primo luogo, che la domanda di rimborso delle spese vada qualificata come distinta ed autonoma rispetto a quella di liquidazione del compenso spettante all'avvocato e, in secondo luogo, che, in caso di omessa pronuncia su una domanda, e sempre che non ricorrano gli estremi di un assorbimento della questione pretermessa ovvero di un rigetto implicito, la parte ha la facoltà alternativa di far valere l'omissione in sede di gravame o di riproporre la domanda in separato giudizio.

La Corte ha in particolare precisato che la facoltà di reiterare la domanda giudiziale pretermessa non è preclusa dalla presunzione di rinuncia dettata dall'art. 346 c.p.c., avendo quest'ultima solo valore processuale e non anche sostanziale.

Con il provvedimento in esame la Corte non manca poi di rilevare come detta facoltà risponde anche ad una esigenza di economia processuale ritenendo la riproposizione dell'istanza, derivante verosimilmente da una svista del giudicante che non si sia pronunciato, più immediata e meno dispendiosa, in termini di risorse della giustizia, rispetto al mezzo impugnatorio.



Conclusioni

La decisione in commento risulta del tutto condivisibile, fornendo una interpretazione dell'art. 346 cpc in linea con la giurisprudenza di legittimità pressocché univoca. Pertanto, con il provvedimento in esame viene ribadito che sia nel processo civile che in sede concorsuale, se il giudice omette di pronunciarsi su una istanza e se tale omissione non è assorbita dalla decisione assunta e non rientra in una ipotesi di rigetto implicito, la parte istante ha la facoltà alternativa di riproporre la domanda pretermessa con una nuova istanza oppure di impugnare l'omissione reiterando la richiesta.



Guida all'approfondimento

In dottrina: Sassani e Giordano, art. 346 cpc, in Commentario del Codice di Procedura Civile, diretto da Comoglio – Consolo – Sassani – Vaccarella, Milano, 2013; Basilico, Sulla riproposizione di domande ed eccezioni in appello, in RDPr, 1996; Id., Riv. D.proc., 96, 134; Andrioli, Commento al codice di procedura civile, II, 3ª ed., Napoli, 1956; Bonsignori, L'effetto devolutivo dell'appello, in RTDPC, 1974; Bove, Breve riflessioni sui motivi specifici dell'appello e sull'art. 346 c.p.c., in GC, 1988, I; Luiso, Appello (dir. proc. civ.), in Digesto civ., I, Torino, 1987; Mandrioli, Diritto processuale civile, II, 20ª ed., Torino, 2009; Monteleone, Limiti alla proponibilità di nuove eccezioni in appello, in RDC, 1983, I; Sassani, Appello (dir. proc. civ.), in ED, Agg., III, Milano, 1999; Tarzia, Lineamenti del nuovo processo di cognizione, 2ª ed., Milano, 2002; Id., Appunti sulle domande alternative, in RDPr, 1964;

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