Lo stress lavoro-correlato, il mobbing, lo straining: la Corte di Cassazione rinnova la contesa tra istituti

27 Aprile 2023

Con l'ordinanza n. 3692 del 7 febbraio 2023 la Corte di Cassazione pare consolidare un orientamento, già tracciato in particolare con le precedenti pronunce n. 33428 dell'11 novembre 2022 e n. 33639 del 15 novembre 2022, volto a superare le “tradizionali” figure del mobbing e dello straining (di origine medico-legale e di valenza essenzialmente sociologica) con la fattispecie dello stress lavoro-correlato (di origine normativa).
Il caso

Nella pronuncia in commento la Corte di Cassazione affronta il caso di un dipendente amministrativo di Università che aveva dedotto, tra l'altro, di essere stato vittima di comportamenti costituenti mobbing da parte del datore di lavoro (per quanto emerge dalla lettura del provvedimento, si sarebbe trattato di atti datoriali quali il trasferimento ad altra sede ed in altri non meglio specificati espressione di una potestà disciplinare “pretestuosa e vessatoria”), con conseguente richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale.

Tanto il Tribunale in primo grado che la Corte d'Appello in secondo avevano rigettata la domanda di risarcimento del danno da mobbing, ritenendolo insussistente.

I giudici di merito avevano accertato l'avvenuto demansionamento del dipendente e in relazione a tale situazione -così si legge nell'ordinanza in commento- sarebbe «stato provato il danno biologico».

Nel cassare con rinvio la sentenza d'appello, i giudici di legittimità sottolineavano la necessità, definita «imprescindibile», di analizzare attentamente tutto il complesso di atteggiamenti, pur in sé non illegittimi, tenuti dal datore di lavoro valutandoli alla luce dell'art. 2087 c.c. quale espressione dell'obbligo (anche) «di evitare lo svolgimento della prestazione con modalità ed in un contesto indebitamente “stressogeno”».

L'ordinanza qui esaminata si pone nel solco di due recenti pronunce della Sezione Lavoro - la n. 33428 dell'11 novembre 2022 e, soprattutto, la n. 33639 del 15 novembre 2022 - già oggetto di attenta analisi su questo Portale (1), che paiono espressione di una tensione a procedere verso un graduale abbandono delle tradizionali figure del mobbing e dello straining (di matrice squisitamente medico-legale) per valorizzare invece la fattispecie dello stress lavoro-correlato (di nozione legislativa).

Il mobbing, lo straining, l'ambiente di lavoro “stressogeno”

La Corte di Cassazione, a fronte delle doglianze del lavoratore che lamentava in suo danno la tenuta di una complessiva condotta datoriale integrante, espressamente, una ipotesi di mobbing (la cui ricorrenza era stata come detto esclusa dai giudici di merito), ha accolto il ricorso allargando tuttavia la prospettiva rispetto alle censure portate dal ricorrente alla sentenza di secondo grado.

Ed infatti, dopo aver brevemente ricordato cosa si intenda per “mobbing” e per “straining”, la Suprema Corte ha chiarito che queste non sono altro che «denominazioni destinate ad avere più che altro valenza sociologica» mentre ciò che conta è indagare se «il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori … lungo la falsariga della responsabilità colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l'esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute, cioè nociva, ancora secondo il paradigma di cui all'art. 2087 c.c.».

Per poi concludere: «quello che andava indagato era l'esistenza di una situazione lavorativa conflittuale di stress forzato nella quale il [lavoratore NdR] avesse subito azioni ostili, anche se limitate nel numero e in parte distanziate nel tempo – quindi non rientranti, tout court, nei parametri tradizionali del mobbing – tali, comunque, da provocare una modificazione in negativo, costante e permanente, della situazione lavorativa, atta ad incidere sul suo diritto alla salute, costituzionalmente tutelato, essendo il datore di lavoro tenuto ad evitare, non solo il demansionamento ed ancor più, come nella specie, una privazione delle mansioni, ma anche situazioni “stressogene” che diano origine ad una condizione che, per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, possa presuntivamente ricondurre a questa forma di danno, anche in caso di mancata prova di un preciso intento persecutorio».

Osservazioni conclusive

L'ordinanza n. 3692/2023 pare incoraggiare l'adozione di un angolo di visuale evolutivo e non statico dell'ordinamento: sollecitata infatti dal ricorrente sul tema specifico (ma limitato) del mobbing la Suprema Corte amplia l'orizzonte di riferimento facendo ricorso alla fattispecie dello stress lavoro-correlato.

E di fattispecie pare corretto parlare giacché, a differenza delle figure del mobbing e dello straining di origine medico-legale e di valenza essenzialmente sociologica (come ricordato dalla stessa Corte di Cassazione), lo “stress lavoro-correlato” ha una solida radice normativa che parte dal canone generale di cui all'art. 2087 c.c. e si specifica nelle norme di dettaglio di cui all'art. 28 co. 1 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e all'Accordo Quadro Europeo dell'8 giugno 2004 (norme alle quali, a parere di chi scrive, i giudici di legittimità ben avrebbero potuto fare rimando in sede di motivazione).

La pronuncia in esame ha quindi il pregio di proporre un modello unitario di valutazione dei fatti, in grado di adattarsi alla necessità di apprestare una tutela efficace ad un fenomeno (quello dello stress lavoro correlato) che ha già assunto proporzioni allarmanti: stando infatti a quanto riportato nel primo studio congiunto OMS – OIL del 2021 sulle malattie professionali e gli infortuni sul lavoro (svolto coinvolgendo oltre 190 paesi), nel 2016 la causa principale di morte sul lavoro era riconducibile al c.d. “super-lavoro”.

Ad oggi la strada indicata dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza in esame, pur tracciata, non pare ancora essersi consolidata, né nella giurisprudenza di legittimità né tantomeno in quella di merito [2].

Si tratterebbe certamente di un cambio di paradigma che consentirebbe di passare definitivamente da un approccio alla materia di tipo “individuale” (concentrato in particolare sulle intenzioni e sulle finalità specifiche perseguite del soggetto agente, solitamente il datore di lavoro) ad uno di matrice “sistemica” volto ad indagare i caratteri dell'ambiente lavorativo e dell'organizzazione aziendale rispetto alla posizione concreta del lavoratore-persona, il tutto anche in linea con i principi di centralità della persona umana e del lavoro fatti propri dalla Costituzione.

Note

[1] Cfr. Annalisa Rosiello-Domenico Tambasco, Condotte persecutorie (mobbing e straining) e stress lavoro-correlato: la nuova concezione sistemica della Cassazione, in IUS Lavoro (ius.giuffrefl.it) del 14 dicembre 2022.

[2] Per alcune riflessioni al riguardo sia consentito rinviare a: Annalisa Rosiello-Domenico Tambasco, Condotte persecutorie (mobbing e straining) e stress lavoro-correlato, cit.; Annalisa Rosiello-Domenico Tambasco, Il danno da stress lavorativo: una categoria “polifunzionale” all'orizzonte?, in IUS Lavoro (ius.giuffrefl.it) dell'8 novembre 2022; Domenico Tambasco, Superlavoro e onere della prova del danno derivante dal mancato adempimento dell'obbligo di garanzia datoriale, in IUS Lavoro (ius.giuffrefl.it) del 19 gennaio 2023; Agostino Bighelli, Lo stress lavorativo: ovvero “l'insostenibile leggerezza dell'essere” di una categoria in via di formazione, in IUS Lavoro (ius.giuffrefl.it) dell'8 marzo 2023; Agostino Bighelli, Stress lavoro-correlato, straining e mobbing: ovvero dell'esser vaso di coccio tra vasi di ferro, in Rivista Labor dell'8 aprile 2023.

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