Danno da perdita di un congiunto: la convivenza non è tutto

28 Aprile 2023

Secondo la Corte di Cassazione, l'assenza di convivenza tra la vittima e il superstite non esclude la sussistenza del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale né giustifica la sua risarcibilità al di sotto del minimo previsto dalle Tabelle Milanesi.

Il caso. Un tragico sinistro stradale: perdono la vita il conducente della moto che viaggiava a tutta velocità, il terzo trasportato e il pedone che viene travolto. Ritenendo responsabile per l'accaduto il motociclista, i genitori e i fratelli del terzo trasportato convengono in giudizio avanti al Tribunale di Reggio Calabria, oltre alle assicurazioni del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada e dell'investitore, anche la proprietaria del veicolo, così da ottenere il ristoro dei danni patiti.

Pur addebitando il sinistro per intero alla condotta del conducente e considerando astrattamente tenuta al risarcimento la sua assicurazione, il Tribunale rigetta la domanda attorea per due ragioni:

  1. gli eredi del terzo trasportato avevano agito in giudizio iure hereditatis e non iure proprio;
  2. non era possibile configurare in capo al defunto qualsivoglia danno biologico e/o morale trasmissibile iure hereditatis, essendo il terzo trasportato deceduto dopo un'ora dall'incidente (v., sul punto, Cass., Sez. Un., 22 luglio 2015, n. 15350).

La sentenza viene parzialmente riformata in sede di gravame: la Corte d'Appello condanna la sola proprietaria della moto al risarcimento dei danni morali patiti iure proprio dagli attori, escludendo che questi ultimi avessero fornito la prova dell'esistenza di un contratto di assicurazione efficace al momento dell'incidente. Esito migliore, ma non soddisfacente: per quanto più rileva, secondo la prospettazione degli eredi del terzo trasportato, la decisione sarebbe erronea per aver ritenuto insussistente, stante l'assenza di prova della convivenza tra il defunto e gli attori, il danno da perdita del rapporto parentale sotto il profilo della diminuzione e modificazione delle attività dinamico-relazionali e per aver liquidato in modo irrisorio (i.e. un terzo del minimo previsto dalle Tabelle di Milano) il danno morale inteso quale sofferenza soggettiva, date la non convivenza e l'età della vittima (22 anni) e dei superstiti (75 anni i genitori e 29 anni i fratelli).

La posizione della Cassazione. Con la pronuncia in oggetto, la Suprema Corte accoglie le censure dei ricorrenti, adducendo le seguenti argomentazioni. In tema di illecito plurioffensivo, ciascun danneggiato è titolare di un autonomo diritto all'integrale risarcimento del pregiudizio subito, comprensivo sia del danno dinamico-relazionale sia del danno morale soggettivo.

In caso di perdita del rapporto parentale, ciascuno dei famigliari superstiti ha diritto a una liquidazione comprensiva dell'intero danno non patrimoniale patito, da determinarsi in base alla durata e all'intensità del vissuto, alle caratteristiche del nucleo familiare superstite e a ogni altra circostanza che potrà essere allegata e provata anche in via presuntiva e secondo nozioni di comune esperienza, spettando all'altra parte la prova contraria di situazioni che compromettano l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare (v., ad esempio, Cass. 17 aprile 2013, n. 9231). Nel delineato quadro di riferimento, la convivenza non assurge a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali, essendo soltanto, al pari di altri, un elemento probatorio utile a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti: non è condivisibile limitare la “società naturale” di cui all'art. 29 Cost. all'ambito ristretto della sola c.d. “famiglia nucleare” per arrivare così a escludere automaticamente il risarcimento del danno dinamico-relazionale a favore dei famigliari non conviventi con il defunto.

Ove dedotto e provato, il danno morale soggettivo può essere valutato e liquidato in aggiunta al danno dinamico-relazionale, senza che ciò costituisca una duplicazione risarcitoria: il primo trova fondamento nell'art. 32 Cost., mentre il secondo nell'art. 29 Cost.

Ciò posto, nel liquidare il danno non patrimoniale derivante dalla perdita del rapporto parentale (sotto entrambi i profili dinamico-relazionale e della sofferenza soggettiva), il giudice potrà riconoscere una somma inferiore al minimo previsto dalle Tabelle Milanesi solo in presenza di circostanze eccezionali e peculiari che però non sono ravvisabili né nell'età della vittima e del superstite né nell'assenza di convivenza tra l'una e l'altro: queste ultime circostanze possono solo giustificare la quantificazione del risarcimento entro la fascia di oscillazione delle Tabelle, mentre altri sono i fattori idonei a determinare una liquidazione al di sotto del minimo tabellare (e.g. l'assenza di un saldo vincolo affettivo, l'esistenza di dissapori intrafamiliari, l'anaffettività del superstite nei confronti del defunto, v. Cass. 29 maggio 2019, n. 14746 e Cass. 20 ottobre 2020, n. 22859).

La Corte di Cassazione cassa allora la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Reggio Calabria che dovrà applicare i principi ricordati per la liquidazione del danno dinamico-relazionale e morale a favore degli eredi dello sfortunato terzo trasportato.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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