Auto incidentata: ai fini del risarcimento danni, è meglio ripararla o sostituirla?

Redazione Scientifica
28 Aprile 2023

Laddove il danneggiato decida – ed è un suo diritto - di procedere alla riparazione anziché alla sostituzione del mezzo danneggiato, il giudice nella liquidazione del danno deve ricomprendere tutte le voci di danno che competerebbero in caso di rottamazione e sostituzione del veicolo.

Il conducente e la proprietaria di un'auto rimasta coinvolta in un incidente chiedevano il risarcimento dei danni imputando la responsabilità del sinistro esclusivamente al conducente dell'altra auto coinvolta. Il Giudice di Pace accoglieva parzialmente la domanda affermando la paritaria responsabilità concorsuale dei due conducenti e condannando la compagnia assicurativa al risarcimento. Quest'ultima ha impugnato la decisione. Il Tribunale ha riformato la decisione riducendo, per quanto qui d'interesse, la somma riconosciuta alla proprietaria dell'auto a titolo di risarcimento danni per equivalente, anziché in forma specifica come effettuato in primo grado.

La danneggiata lamenta in Cassazione il mancato riconoscimento del danno in forma specifica ma per equivalente. La censura risulta fondata.

La liquidazione del danno in forma specifica e per equivalente si pongono in un rapporto di regola ed eccezione, «nel senso che la reintegrazione in forma specifica (che vale a ripristinare la situazione patrimoniale lesa mediante la riparazione del bene) costituisce la modalità ordinaria, che può tuttavia essere derogata dal giudice -con valutazione rimessa al suo prudente apprezzamento (“può disporre”)- in favore del risarcimento per equivalente, laddove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per la parte obbligata». Il concetto di eccessiva onerosità è stato interpretato dalla giurisprudenza nel senso che essa ricorre quanto il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo (Cass. civ. n. 10196/2022). Infatti «nel bilanciamento fra l'esigenza di reintegrare il danneggiato nella situazione antecedente al sinistro e quella di non gravare il danneggiante di un costo eccessivo, l'eventuale locupletazione per il danneggiato costituisca un elemento idoneo a orientare il giudice nella scelta della modalità liquidatoria».

Sulla base di tale premessa, il Collegio precisa che «deve dunque ritenersi che, ai fini dell'applicazione dell'art. 2058, comma 2, c.c., la verifica di eccessiva onerosità non possa basarsi soltanto sull'entità dei costi, ma debba anche valutare se la reintegrazione in forma specifica comporti o meno una locupletazione per il danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato».

Inoltre viene precisato che «laddove il danneggiato decida -com'è suo diritto- di procedere alla riparazione anziché alla sostituzione del mezzo danneggiato, non risulta giustificato (perché si tradurrebbe in una indebita locupletazione per il responsabile) il mancato riconoscimento di tutte le voci di danno che competerebbero in caso di rottamazione e sostituzione del veicolo».

In altre parole, laddove il giudice proceda alla liquidazione per equivalente, deve riconoscere necessariamente tutte le voci di danno che sarebbero spettate al danneggiato se non avesse scelto di riparare il mezzo, compresi i costi non effettivamente sostenuti ma che devono comunque essere considerati nella liquidazione per equivalente proprio per la natura intrinseca di tale tecnica liquidatoria.

In conclusione, la pronuncia impugnata viene cassata con rinvio al Tribunale.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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