Bancarotta fraudolenta e condanna del concorrente extraneus

La Redazione
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04 Maggio 2023

La Cassazione Penale analizza la posizione dell'extraneus nella bancarotta fraudolenta distrattiva, prestando particolare attenzione all'elemento psicologico del reato.

La posizione dell'imputato accusato di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta distrattiva nella posizione di c.d. extraneus merita un approfondito esame dell'elemento psicologico del reato che non può essere semplicemente assimilato a quello dell'imprenditore.

La Corte d'appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza del GIP del Tribunale, assolveva l'imputato da alcuni dei reati contestati riconducibili alle fattispecie dell'associazione a delinquere e della sottrazione fraudolenta alle imposte, contestati come concorrente extraneus in riferimento al fallimento di una società di trasporti. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione contestando la ritenuta responsabilità per i restanti capi di imputazione, offrendo così l'occasione ai Giudici di legittimità di analizzare la posizione del c.d. extraneus rispetto all'elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva.

Secondo la giurisprudenza maggioritaria, «il dolo del concorrente extraneus nel reato proprio dell'amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell'intraneus, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società, che può rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione /della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori» (Cass. pen. sez. V, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 04/02/2020; Cass. pen. sez. V, n. 54291/2017).

La pronuncia dà atto della sussistenza di un diverso approccio interpretativo che ritiene necessario accertare nell'extraneus la consapevolezza dello stato di decozione dell'impresa (Cass. pen. sez. V n. 41333/2006, Tisi e altro). Aggiunge però il Collegio che «leggendo la motivazione della sentenza da ultimo citata, emerge come il contrasto tra i due orientamenti sia più apparente che reale: nella pronuncia Tisi, infatti, è stato acutamente osservato come la bancarotta per distrazione sia un reato "proprio", il cui tratto saliente, per quanto attiene alla nozione di "distrazione fraudolenta", implica la consapevole ed ingiustificata esposizione a repentaglio delle ragioni dei creditori e sul soggetto extraneus alla gestione dell'impresa. Se tale configurazione dell'elemento psicologico è agevole se riferita alla posizione dell'imprenditore […] per cui è corretto ritenere completa la rappresentazione della propria realtà economica e sufficiente ad integrare la penale responsabilità, secondo la nozione di dolo generico, così non può dirsi per chi, non disponendo di una completa valutazione di questo compendio informativo, non necessariamente ricava dal dato fattuale dell'operazione commerciale posta in essere - soprattutto se coerente all'oggetto sociale della cedente e della cessionaria, come nel caso in esame - un giudizio di concreto e serio repentaglio agli interessi creditori». In sostanza, «appare evidente come tale orientamento, in realtà, miri ad evidenziare la necessità di un serio approfondimento dell'elemento psicologico dell'extraneus, che non può essere assimilato tout court alla struttura dell'elemento soggettivo dell'imprenditore, attesa la struttura del reato e la ontologica diversità del contributo concorsuale, che deve essere necessariamente approfondito anche alla luce delle specifiche cognizioni della situazione dell'impresa coinvolta da parte del concorrente extraneus».

Concludendo, la Corte accoglie il ricorso e annulla la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello.

(Fonte: DirittoeGiustizia.it)