Infortunio sul lavoro: il comportamento imprudente e negligente della vittima non è sufficiente ad escludere la responsabilità penale del datore di lavoro

04 Maggio 2023

Nonostante il comportamento colposo tenuto dal lavoratore infortunato, il datore di lavoro rimane penalmente responsabile se l'infortunio è scaturito dal mancato impiego di quelle misure di sicurezza che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal comportamento imprudente contestato alla vittima.
Massima

L'adibizione di un lavoratore ad un escavatore privo di cintura di sicurezza, in una cava caratterizzata da terreno accidentato e tale da cagionare un pericolo concreto di ribaltamento, è sufficiente ad affermare la responsabilità penale del datore di lavoro, nonostante il comportamento imprudente e negligente tenuto dalla vittima, il quale non è idoneo ad interrompere il nesso di causa, trattandosi di attività rientrante nella sfera di rischio che incombeva governare al titolare della posizione di garanzia.

Il caso

La Procura della Repubblica competente per territorio rinviava a giudizio un datore di lavoro ritenuto responsabile dell'infortunio mortale accaduto ad un suo dipendente mentre era alla guida di un escavatore mobile, risultato poi inadeguato (per vetustà e mancanza di cinture di sicurezza), che si ribaltava in conseguenza della conformazione del terreno, proiettando all'esterno il lavoratore, il quale nell'occorso riportava gravi lesioni che, alcuni mesi dopo, ne cagionavano il decesso.

All'esito del giudizio abbreviato, chiesto dall'imputato, il Giudice per l'udienza preliminare, con sentenza poi confermata dalla Corte di Appello, riteneva responsabile del sinistro il titolare della posizione di garanzia, nonostante che il lavoratore si fosse comportato in modo imprudente e negligente nella conduzione dell'escavatore (tenendo aperta la portiera della cabina, sollevando il braccio del macchinario, scendendo su un pendio scosceso anziché sull'apposita stradina ed omettendo di sbloccare l'asse dell'escavatore), condannandolo a pena di giustizia.

Entrambi i giudici di merito concordavano sul fatto che la mancanza della cintura di sicurezza all'interno dell'escavatore, di vecchia generazione (era un modello del 1996), era risultata decisiva in termini causali, in quanto se il lavoratore l'avesse indossata le conseguenze del ribaltamento sarebbero state certamente meno gravi, impedendo che il lavoratore venisse sbalzato all'esterno della cabina.

Con un unico motivo di ricorso per cassazione, il datore di lavoro chiedeva l'annullamento della sentenza di condanna, evidenziando che l'escavatore, pur essendo privo di cintura di sicurezza, aveva ottenuto il certificato con dichiarazione di conformità CEE e che l'ispettore del lavoro aveva riconosciuto che il rischio di ribaltamento del mezzo era stato valutato dall'imputato; inoltre, il ricorrente evidenziava la gravità del comportamento della vittima, escavatorista esperto, che con una condotta abnorme non aveva rispettato i criteri di conduzione in sicurezza del mezzo, avendo affrontato una ripida discesa con il braccio dell'escavatore alzato e con l'asse bloccato, e così aumentando il rischio del suo ribaltamento.

La questione

La questione esaminata dalla Corte di Cassazione è stata la seguente:

Qualora la violazione dell'obbligo di prevenzione abbia contribuito a livello causale alla verificazione dell'infortunio sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore determina l'interruzione del nesso causale tanto da esonerare da responsabilità penale il datore di lavoro?

La soluzione giuridica

La Suprema Corte, con una motivazione convincente, ha ritenuto manifestamente infondato il ricorso per cassazione, in quanto il datore di lavoro era consapevole che l'escavatore fosse inadeguato alle operazioni da espletare nella cava, escludendo, al contempo, che la condotta imprudente e negligente del lavoratore potesse considerarsi abnorme.

In particolare, la Corte ha confermato l'attualità del principio di diritto, su cui i giudici del merito avevano fondato il giudizio di colpevolezza, secondo cui “in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia” (Cass. pen., s.u., 24 aprile 2014, n. 38343; Cass. pen., n. 15124/2017; Cass. pen., n. 15174/2018).

Nel caso di specie, secondo la Suprema Corte, l'impiego di un escavatore che, per l'epoca di costruzione, risultava privo della cintura di sicurezza per il manovratore (la cui presenza avrebbe pacificamente eliminato o grandemente attenuato le conseguenze lesive del ribaltamento) nell'ambito di operazioni di scavo all'interno della cava, ha comportato che il rischio introdotto con il comportamento imprudente e negligente non potesse considerarsi eccentrico rispetto alle operazioni a lui affidate dal datore di lavoro e, dunque, al rischio che incombeva a quest'ultimo governare, a nulla rilevando che egli avesse scelto di percorrere un pendio ripido, anziché la stradina che conduceva all'interno della cava.

Dunque, ha concluso la Cassazione, il comportamento colposo del lavoratore non ha interrotto il nesso causale tra la condotta omissiva dell'imputato e l'evento dannoso occorso al suo dipendente.

Osservazioni

La sentenza in esame si colloca nel solco già tracciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il comportamento colposo del lavoratore non può interrompere il nesso causale tra la violazione commessa dal datore di lavoro e l'infortunio sul lavoro, in questo caso mortale, accaduto ad un lavoratore.

Principio valido anche dopo il passaggio da un modello "iperprotettivo", interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori ad un modello "collaborativo", in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori (art. 20, d.lgs. n. 81/2008), chiamati ad attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e ad agire con diligenza, prudenza e perizia. In questo nuovo contesto, introdotto dapprima con il d.lgs. n. 626/1994, poi confermato con il d.lgs. n. 81/2008, si è passati dal principio "dell'ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore" al concetto di "area di rischio" (Cass. pen. 23 marzo 2007, n. 21587), che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva.

Dunque, non può esservi alcun esonero da responsabilità all'interno dell'area di rischio, nella quale si colloca l'obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore, la cui condotta può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo ove sia tale da attivarne uno eccentrico o esorbitante dalla sfera governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Cass. pen. 22 settembre 2022, n. 39489; Cass. pen. 20 aprile 2022, n. 15157; Cass. pen. 21 gennaio 2022, n. 5417; Cass. pen. 18 settembre 2020, n. 26618; Cass. pen. 10 aprile 2020, n.11958; Cass. pen. n. 5007/2019; Cass. pen. 13 dicembre 2016, n. 15124) oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro (Cass. pen. 20 novembre 2019, n. 49900), oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Cass. pen. 17 maggio 2022, n. 20035; Cass. pen. 10 gennaio 2018, n. 7188).

Ne deriva, secondo la giurisprudenza di legittimità, che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un “rischio eccentrico”, con esclusione della responsabilità del garante, quando quest'ultimo ha posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Cass. pen. 29 marzo 2023, n. 13040; Cass. pen. 20 marzo 2019, n. 27871).

Pertanto, una condotta, anche avventata, del lavoratore se realizzata mentre egli è dedito al lavoro affidatogli, può essere invocata come imprevedibile o abnorme solo se il datore di lavoro ha adempiuto tutti gli obblighi che gli sono imposti in materia di sicurezza sul lavoro (Cass. pen. 3 giugno 1999, n. 12115; Cass. pen. 10 ottobre 2001, n. 1588); cosicché in caso di incidente originato dall'assenza o dalla inidoneità delle misure di sicurezza, nessuna efficacia causale può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato che eventualmente abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondursi alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del comportamento del lavoratore (Cass. pen. 14 aprile 2022, n. 18059).

La giurisprudenza di legittimità, ad esempio, ha escluso la configurabilità di un rischio eccentrico rispetto a quelli rientranti nella sfera di governo del datore di lavoro in presenza di evidenti lacune e criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro nelle fasi delle lavorazioni (Cass. pen. 20 marzo 2019, n. 27871).

Prima che le Sezioni unite penali del 2014 avessero individuato la sfera di rischio come area che designa l'ambito in cui si esplica l'obbligo di governare le situazioni pericolose che conforma l'obbligo del garante (Cass. pen., s.u., 24 aprile 2014, n. 38343), la giurisprudenza di legittimità escludeva la responsabilità del datore di lavoro quando il comportamento del dipendente avesse avuto i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute; in sostanza quando il comportamento del lavoratore, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si fosse posto al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione (Cass. pen. 28 aprile 2011, n. 23292; Cass. pen. 5 marzo 2015, n. 16397); mentre il comportamento negligente, imprudente o imperito, rimproverabile alla vittima dell'infortunio, non esonerava da responsabilità il datore di lavoro, proprio perché le disposizioni antinfortunistiche “perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area del rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli(Cass. pen. 20 giugno 2018, n. 29514; Cass. pen. 5 ottobre 2018, n. 49373).

In conclusione la Cassazione nega che il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento valga ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, che non aveva impiegato quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal comportamento imprudente contestato alla vittima (Cass. pen. 10 febbraio 2016, n. 8883; Cass. pen. 14 gennaio 2014, n. 7364).

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