Riforma del processo civile di primo grado: la difficile interpretazione della disciplina transitoria

04 Maggio 2023

Il decreto del Tribunale di Verona del 13 aprile 2023 offre importanti spunti di riflessione sulla questione relativa all'individuazione dei giudizi di primo grado ai quali si applica la nuova disciplina introdotta dalla Riforma Cartabia.
Massima

L'art. 35 del d.lgs. n. 149/2022, come modificato dalla l. n. 197/2022, sottopone ad un regime diverso i giudizi “instaurati” a decorrere dal primo marzo 2023 e quelli “pendenti” alla data del 28 febbraio 2023, stabilendo che ai primi si applichino le nuove disposizioni. A riguardo occorre considerare che mentre la nozione di pendenza allude a processi che possono trovarsi in fasi processuali diverse, da quella iniziale, a quella di trattazione, a quella decisionale, la nozione di instaurazione si riferisce invece ad un processo che è ancora nella fase di instaurazione del contradditorio ed è quindi più circoscritta di quella di pendenza. Utilizzandola il legislatore ha inteso stabilire che, mentre per i giudizi pendenti (meglio sarebbe stato dire “già pendenti”) alla data del 28 febbraio 2023, e in qualunque fase essi si trovassero, trovano applicazione le norme previgenti, per quelli introdotti dal primo marzo, ossia per quelli per i quali, a partire da quella data sia inviato l'atto di citazione, se soggetti al giudizio ordinario, o depositato il ricorso se soggetti a rito semplificato, vengono in rilievo le nuove norme.

Il caso

La questione esaminata dal Tribunale di Verona trae origine da un giudizio ordinario di cognizione per il quale l'integrazione dell'atto di citazione, contenente una nuova data per l'udienza di comparizione, veniva inviata a mezzo posta il 28 febbraio 2023. L'attore considerava la causa soggetta al rito ordinario di cognizione previgente, invece, la Cancelleria, su impulso del convenuto, “lavorava” il fascicolo come procedimento regolato dalla disciplina introdotta dal d.lgs. n. 149/2022 (c.d. Riforma Cartabia), in considerazione della data di iscrizione della causa al ruolo, successiva al 28 febbraio 2023, momento di definitiva entrata in vigore della Riforma.

Il Tribunale di Verona, a seguito della trasmissione del fascicolo, da parte della Cancelleria, per lo svolgimento delle verifiche preliminari indicate nel nuovo art. 171-bis c.p.c., con decreto emesso ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., differiva l'udienza di prima comparizione delle parti, rilevando l'applicabilità al giudizio della disciplina previgente.

In particolare, il giudice, attribuendo rilievo alla distinzione tra “introduzione” e “pendenza” del giudizio, interpretava la norma transitoria contenuta nell'art. 35 d.lgs. n. 149/2022 nel senso dell'inapplicabilità delle norme novellate in caso di notificazione dell'atto di citazione richiesta il 28 febbraio 2023 e perfezionatasi dopo tale data.

La questione

Qual è la disciplina applicabile ai giudizi per i quali la notificazione dell'atto di citazione sia stata richiesta entro il 28 febbraio 2023, ma eseguita con consegna della copia al destinatario dopo tale data?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Verona, con il decreto che si annota, ha risolto la questione nel senso dell'ultrattività del vecchio rito per i giudizi in relazione ai quali la notificazione dell'atto di citazione sia stata richiesta entro il 28 febbraio 2023, ma eseguita successivamente a tale data.

Punto di partenza del ragionamento del Tribunale è l'interpretazione della norma transitoria contenuta nell'art. 35, d.lgs. n. 149/2022, come modificato dall'art. 1, comma 380, della legge di bilancio (l. n. 197/2022), a norma del quale “le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti”.

Il regime transitorio introdotto dalla Riforma Cartabia – osserva il giudice – distingue tra giudizi “instaurati” a decorrere dal 1 marzo 2023 e quelli “pendenti” alla data del 28 febbraio 2023, prevedendo l'applicazione delle nuove norme ai primi giudizi, sicché, il punto principale cui si può ricondurre il problema in esame è il significato attribuibile all'espressione “giudizi instaurati”.

Al riguardo, il Tribunale ha rilevato che la nozione “instaurazione” non è rinvenibile in alcuna norma del codice di rito, al contrario di quella di “pendenza”, che trova una compiuta definizione nell'ultimo comma dell'art. 39 c.p.c..

Da qui, la necessità avvertita dal giudice di attribuire all'espressione “introduzione” un significato diverso da quello di “pendenza” recepito dall'art. 39 c.p.c., al fine di individuare lo spartiacque per l'applicazione delle norme che innovano il codice di rito.

In considerazione di ciò, nel decreto che si annota, si è affermato che l'espressione “instaurazione” si riferisce ad un processo nel quale il contraddittorio non è ancora instaurato, mentre la nozione di “pendenza” allude a processi che possono trovarsi in fasi processuali diverse, da quella iniziale, a quella di trattazione, a quella decisionale.

Alla luce di tali argomenti, il Tribunale di Verona è giunto alla conclusione che il legislatore, con la norma transitoria in esame, ha inteso stabilire che, per i giudizi pendenti – nel senso di già pendenti - alla data del 28. febbraio 2023, e in qualunque fase essi si trovino, si applicano le norme previgenti, mentre, per quelli introdotti dal 1 marzo 2023, vale a dire per i procedimenti in relazione ai quali, a partire da detta data, sia stato invitato l'atto di citazione (rito ordinario) o depositato il ricorso (rito semplificato), occorre far riferimento alle nuove norme.

Sulla scorta di questa interpretazione dell'art. 35, d.lgs. n. 149/2022, il giudice ha risolto la fattispecie in esame nel senso dell'applicabilità del vecchio rito, dando rilevanza alla data di invio dell'integrazione dell'atto di citazione, avvenuto in data 28 febbraio 2023.

Osservazioni

Principio ispiratore della norma transitoria della Riforma Cartabia contenuta nell'art. 35, comma 1, d.lgs. n. 149/2022 è che i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della riforma (28 febbraio 2023) restano soggetti alle norme del codice di rito abrogate (fenomeno c.d. dell'ultrattività), mentre i giudizi instaurati dopo tale data soggiacciono alla nuova disciplina.

Il legislatore, al pari delle più recenti novelle al codice di rito, ha plasmato la disciplina transitoria sul sistema del “doppio binario”, determinando la formazione di due blocchi di contenzioso destinati a convivere nel periodo – piuttosto lungo – di definizione dei processi.

Secondo alcuni autori, la scelta di derogare al principio tempus regit actum – in base al quale ciascun fatto o atto giuridicamente rilevante deve essere assoggettato alla normativa vigente nel momento in cui si verifica - nasce dalla duplice esigenza di evitare problemi di coordinamento derivanti dall'immediata applicabilità delle norme novellate ai giudizi in corso e di tutelare l'affidamento delle parti sulla disciplina processuale esistente al momento della definizione delle rispettive strategie processuali.

La regola dell'ultrattività delle norme del codice di rito abrogate impone, quindi, di individuare, in riferimento a ciascun modello processuale, il momento a partire dal quale il processo di primo grado può ritenersi “instaurato” o “pendente”.

Come visto, il discrimine tra vecchia e nuova disciplina è rappresentato dalla data del 28 febbraio 2023: le nuove disposizione di applicano ai procedimenti “instaurati” successivamente a tale data.

Il sintagma “procedimenti instaurati successivamente a tale data” può essere inteso come “giorno dopo”, con conseguente applicabilità della nuova disciplina ai giudizi instaurati a partire dal 1 marzo 2023.

Questa soluzione è stata condivisibilmente accolta dal Tribunale di Verona.

Maggiori perplessità suscita l'espressione “instaurazione” contenuta nella norma transitoria.

Si tratta, invero, di una nozione atecnica che, seppur riscontrabile in alcune norme del codice di rito (v. artt. 624 c.p.c. e 152 disp. att. c.p.c.), è priva di definizione legislativa.

Da qui, l'interrogativo se tale espressione sia sinonimo di giudizio “pendente” o se, al contrario, racchiuda un significato diverso.

Com'è noto, la pendenza dei processi di cognizione, ai sensi dell'art. 39, comma 3, c.p.c., come modificato dall'art. 45, comma 3, lett. c), l. n. 69/2009, è determinata dalla notificazione della citazione o dal deposito del ricorso (in relazione ai processi che iniziano con ricorso, per la giurisprudenza precedente a tale modifica v. Cass. n. 7433 del 21.5.2002; Cass. civ. 30 marzo 2001, n. 4686; Cass. civ., sez. un., 14 dicembre 1999, n. 901; Cass. civ., sez. un., 11 maggio 1992, n. 5597).

Per i processi che iniziano con ricorso, non vengono in rilievo particolari problemi: il momento di “instaurazione” del giudizio, ai fini dell'applicazione della disciplina transitoria in commento, coincide con la relativa “pendenza”, vale a dire con la data di deposito dell'atto introduttivo.

Pertanto, con riferimento al rito semplificato, per i ricorsi depositati fino al 28 febbraio 2023, si applicherà il procedimento sommario di cognizione ex artt. 702-bis ss. c.p.c., mentre, per quelli depositati dopo tale data, si dovrà fare riferimento alla disciplina del procedimento semplificato di cognizione introdotto dagli artt. 281-decies ss. c.p.c..

Per i giudizi instaurati con atto di citazione, occorre, invece, specificare il significato dell'espressione “notificazione della citazione” contenuto nell'art. 39 c.p.c..

La questione assume particolare rilievo nel caso di notificazione dell'atto di citazione richiesta entro il 28 febbraio 2023, ma eseguita con consegna della copia al destinatario dopo tale data.

In questa ipotesi, occorre verificare, attraverso la non facile interpretazione dell'art. 35 d.lgs. n. 149/2022, quali siano le norme del codice di rito applicabili.

Al riguardo, possono essere sviluppate due soluzioni.

Stando ad una interpretazione consolidatasi in relazione alla disciplina transitoria introdotta dalla l. n. 69/2009 e, prima ancora, dalle riforme del 1990 e del 2005, per i processi che iniziano con atto di citazione, la “pendenza”, in funzione dell'applicazione della vecchia o della nuova normativa, coincide con il momento in cui la notificazione si è perfezionata nei confronti del destinatario.

Tale conclusione si fonda sul rilievo che la regola della “scissione soggettiva” del momento perfezionativo della notificazione, sancita dall'art. 149, comma 3, c.p.c., introdotto dall'art. 2, comma 1, lett. e), l. n. 263/2005, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 477 del 26.11.2002, assume rilievo nelle ipotesi in cui dalla data di notificazione possano discendere decadenze o altri impedimenti per il notificante, mentre, al di fuori di questo ambito, gli altri effetti della notificazione si producono nel momento in cui si conclude l'iter procedimentale previsto dal codice di rito o dalle leggi speciali, vale a dire alla data di ricezione dell'atto.

In particolare, si è rilevato che il principio espresso dall'art. 149, comma 3, c.p.c., a norma del quale “la notifica si perfeziona per il notificante al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha legale conoscenza dell'atto”, deve essere interpretato in considerazione delle esigenze sottese alla sua affermazione, sicché, se la fittizia anticipazione del perfezionamento della notificazione per il notificante al momento in cui questi ha consegnato il plico all'ufficiale giudiziario è espressione dell'esigenza di salvaguardarlo dalle conseguenze negative di un procedimento di notificazione conclusosi intempestivamente per cause allo stesso non imputabile, l'operatività del principio deve essere esclusa al di fuori delle ipotesi di decadenze non addebitabili al notificante.

La conclusione secondo cui la previsione della prima parte dell'art. 149, comma 3, c.p.c. non può essere oggetto di un'applicazione generalizzata ha trovato il conforto della giurisprudenza di legittimità per quanto concerne la determinazione della nozione di “prevenzione” ai sensi dell'art. 39 c.p.c. (Cass. civ. 16 dicembre 2005, n. 27710; Cass. civ. 20 aprile 2006, n. 9181; Cass. civ., sez. un., 19 aprile 2013, n. 9535; Cass. civ., sez. un., 6 novembre 2014, n. 23675; Cass. civ. 21 maggio 2015, n. 10509).

L'applicazione di tale opzione interpretativa alla fattispecie in esame comporta che, in caso di notificazione dell'atto di citazione richiesta entro il 28 febbraio 2023, ma perfezionatasi successivamente a tale data, il giudizio sarà disciplinato dalle norme del codice di rito novellate.

Secondo una diversa impostazione, per l'individuazione della disciplina applicabile assume rilievo la data di richiesta della notificazione dell'atto di citazione.

Tale opinione si correla alla necessità di tutelare l'attore da possibili conseguenze pregiudizievoli che potrebbero derivargli sul piano processuale in ragione dell'impossibilità di prevedere con esattezza il giorno di perfezionamento della notificazione per il destinatario (es. nullità della citazione ex art. 164 c.p.c. per violazione del nuovo termine di comparizione previsto dall'art. 163-bis c.p.c.).

Per riconoscere rilievo alla data di richiesta della notificazione si valorizza la regola sancita dall'art. 149, comma 3, c.p.c., ammettendo l'applicazione del principio di “scissione” oltre ai casi in cui viene in rilievo l'osservanza di un termine pendente nei confronti del notificante.

Pertanto, secondo questa opzione, i giudizi per i quali la notificazione si sia stata richiesta fino al 28 febbraio 2023 saranno soggetti alla vecchia normativa.

Questa è la conclusione fatta propria dal Tribunale di Verona con il decreto in commento.

Tuttavia, nel caso esaminato il giudice, pur avendo attribuito rilievo alla data di richiesta di notificazione dell'atto di citazione, non ha chiarito il significato ascrivibile alla nozione di “pendenza” del giudizio ai fini dell'applicazione della disciplina transitoria della Riforma Cartabia.

Più chiaramente, il Tribunale di Verona, sul presupposto che la nozione di “instaurazione” sia più circoscritta di quella di “pendenza” e, quindi, riferibile alle ipotesi in cui il processo sia ancora nella fase di instaurazione del contraddittorio, ha affermato che la disciplina transitoria è interpretabile nel senso che, per i giudizi pendenti alla data del 28 febbraio 2023, trovano applicazione le norme previgenti, mentre, per quelli introdotti dal 1 marzo 2023, vale a dire per i procedimenti in relazione ai quali, a partire da detta data, sia stato invitato l'atto di citazione, occorre far riferimento alle nuove norme. Da qui, la conclusione dell'ultrattività della vecchia disciplina in caso di notificazione dell'atto di citazione richiesta entro il 28 febbraio 2023 e perfezionatasi successivamente a tale data.

In realtà, a parere di chi scrive, l'individuazione del discrimen per l'applicazione della nuova disciplina processuale sembra dipendere, non tanto dalla differenziazione del concetto di “instaurazione” da quello di “pendenza”, quanto piuttosto dalla determinazione del significato dell'espressione “notificazione della citazione” in funzione della pendenza del processo.

In particolare, anche se il termine “instaurazione” possa essere agevolmente inteso come compimento delle attività da cui deriva la pendenza del giudizio, con conseguente applicabilità della nuova disciplina ai giudizi per i quali la notificazione sia stata richiesta a partire dal 1 marzo 2023, ciò probabilmente non è sufficiente per affermare l'ultrattività della vecchia disciplina per l'ipotesi di procedimento di notificazione iniziato entro il 28 febbraio 2023, ma concluso dopo tale data, occorrendo, al contrario, uno sforzo argomentativo in grado di chiarire il motivo per il quale in siffatta ipotesi il processo possa ritenersi comunque “pendente” e, quindi, soggetto alla disciplina previgente.

Ed invero, non si può negare che, in termini generali, la pendenza della lite, quale presupposto dell'ultrattività delle norme di rito abrogate dal d.lgs. n. 149/2022, comporta che il diritto di cui si chiede tutela sia validamente affermato nei confronti della controparte, non essendo a tal fine sufficiente l'esistenza di una domanda giudiziale.

Più chiaramente, perché l'atto possa intervenire nel mondo giuridico, è necessario che si realizzi il contatto tra due dei tre soggetti del rapporto processuale (il giudice, l'attore e il convenuto).

Ecco allora che, a parere di chi scrive, l'affermazione dell'ultrattività della vecchia disciplina alle ipotesi in cui il procedimento di notificazione non si sia concluso entro il 28 febbraio 2023 richiede necessariamente l'applicazione del principio di “scissione soggettiva” degli effetti del procedimento di notificazione al di fuori del suo terreno elettivo, ai fini della determinazione della “pendenza” della lite.

Ciò precisato, si evidenzia che l'opzione interpretativa condivisa dal Tribunale di Verona può essere giustificata dal tentativo di dare accesso a tesi ritenute più solide per la tutela dell'attore da possibili effetti pregiudizievoli derivanti dalla difficile previsione del momento esatto in cui il destinatario avrà conoscenza legale dell'atto.

Tuttavia, non può negarsi che questa tesi, oltre a sollevare problemi di compatibilità con i principi affermati dalla Suprema Corte ai fini della determinazione della nozione di “prevenzione” ai sensi dell'art. 39 c.p.c., sottovaluti la speculare esigenza di salvaguardia dell'affidamento del destinatario della notificazione, atteso che nell'ipotesi in esame vengono in rilievo pur sempre effetti processuali “bilaterali”, comuni ad entrambe le parti.

Poi, nella valutazione di tale aspetto, non può non tenersi conto della natura non irreversibile di eventuali esiti pregiudizievoli che potrebbero derivare sul piano processuale all'attore per aver fatto affidamento sulla disciplina vigente al momento di invio dell'atto di citazione (v. art. 164 c.p.c.).

Quindi, bisogna verificare se ed in che limiti l'esigenza di tutela dell'attore giustifichi l'anticipazione del momento perfezionativo della notifica dell'atto di citazione al di fuori delle ipotesi in cui viene in rilievo l'osservanza di un termine pendente nei confronti del notificante.

Occorre, poi, chiedersi fino a che punto l'attore sia titolare del diritto di “scegliere” la disciplina processuale applicabile al giudizio da instaurare. Non è forse un caso che in diversi Tribunali si è assistito ad un aumento esponenziale di iscrizioni al ruolo di cause per le quali l'atto di citazione è stato consegnato all'ufficiale giudiziario per la notifica a ridosso dell'entrata in vigore della Riforma Cartabia. Certo, si potrebbe obiettare che la stessa eventualità si presenta per i processi che iniziano con ricorso. Ma, in questo caso l'impulso di parte sottende una differente disciplina processuale che il legislatore ha previsto sulla scorta di una valutazione discrezionale degli interessi che vengono in gioco nei diversi modelli processuali.

Ad ogni modo, non può trascurarsi che la tesi condivisa dal Tribunale di Verona appare più efficace per la soluzione dei problemi che potrebbero riscontrarsi, ad esempio, nel caso di notificazione della citazione eseguita, in tempi diversi, nei confronti di più parti (v. Cass. civ. 9 settembre 1998, n. 8913 e Cass. civ., 18 maggio 1976, n. 1760 sul tema dell'individuazione del momento della proposizione della domanda, ai fini della determinazione della giurisdizione e della competenza, in caso di litisconsorzio necessario; Cass. civ. 30 ottobre 2014, n. 23117 per quanto concerne il momento determinante della competenza in caso di litisconsorzio facoltativo) o di rinnovazione della citazione ex art. 291 c.p.c. (v. Cass. civ. 21 maggio 2015, n. 10509).

È forse anche questo il motivo per il quale in molti Tribunali si sta valorizzando il momento dell'avvio del procedimento di notificazione dell'atto di citazione quale referente cronologico della disciplina transitoria della Riforma Cartabia.

Ciò detto, occorre fare un'ultima breve considerazione per i procedimenti per ingiunzione, nel caso di ricorso monitorio depositato prima del 28 febbraio 2023, in relazione ai quali il decreto e il ricorso siano stati notificati dopo tale data.

Anche per questa ipotesi, si pone il problema dell'individuazione della disciplina processuale applicabile.

La soluzione al problema non può non prendere le mosse dalla constatazione che la fase monitoria e quella di opposizione del procedimento di ingiunzione fanno parte di un unico processo.

Come di recente affermato dalla Suprema Corte, “l'opposizione prevista dall'art. 645 c.p.c. non è una "actio nullitatis" o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore - anche se eventuale - del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo” (Cass. civ., sez. un., 13 gennaio 2022, n. 927; Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2020, n. 19596).

Fatta questa imprescindibile premessa, occorre evidenziare che, sebbene l'art. 643, comma 3, c.p.c. faccia coincidere la pendenza della lite con la notificazione del ricorso e del decreto, nella giurisprudenza di legittimità è prevalente l'orientamento teso a ridimensionare la portata applicativa di tale norma, facendo retroagire al momento del deposito del ricorso l'inizio della pendenza della lite ai fini della litispendenza e della continenza (Cass. civ., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20596; Cass. civ., 26 aprile 2012, n. 6511; Cass. civ. 21 settembre 2015, n. 18564; Cass. civ.. 19 gennaio 2018, n. 1366).

Questa è l'opzione interpretativa accolta dalla giurisprudenza di legittimità al fine di tracciare lo spartiacque per l'applicazione del regime transitorio della l. n. 69/2009 (Cass. civ. 14 marzo 2016, n. 4987; Cass. civ. 21 luglio 2011, n. 16005),

Alla luce di ciò, sembra preferibile la tesi secondo cui, nel caso di ricorso monitorio depositato entro il 28 febbraio 2023, l'opposizione a decreto ingiuntivo debba essere proposta secondo le norme della vecchia disciplina, anche in caso di notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo dopo tale data.

In particolare, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la pendenza del procedimento monitorio va valutata con riferimento al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata, ex art. 16-bis, comma 7, del d.l. n. 179/2012, conv. dalla l. n. 221/2012 e non da quella successiva in cui il ricorso è stato effettivamente iscritto a ruolo da parte del personale di cancelleria (Cass. civ., 19 gennaio 2018, n. 1366).

Non si può, tuttavia, negare che tale opzione rischi di differire troppo in là nel tempo l'applicazione delle nuove norme, che altrimenti sarebbero efficaci dal momento della notifica del ricorso e del pedissequo decreto, con conseguente compressione dell'espansione applicativa della riforma Cartabia.

Le prime applicazioni della disciplina transitoria sembrano comunque riconoscere rilievo alla data di deposito del ricorso monitorio.

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