Alle Sezioni Unite la questione relativa alla incidenza della sanzione ex art. 31 t.u. edilizia sull'esecuzione immobiliare

11 Maggio 2023

Si commenta l'ordinanza con la quale è stata rimessa dalla terza sezione civile alle Sezioni Unite della Corte di cassazione la questione dell'incidenza del provvedimento di acquisizione del bene abusivo ex art. 31 del T.U. in materia edilizia sull'esecuzione immobiliare promossa dal creditore ipotecario.
Massima

Vanno rimesse alle Sezioni Unite le seguenti questioni: a) se, laddove sia intervenuto un provvedimento di acquisizione ex art. 31 t.u. edilizia, sia consentito al creditore ipotecario coltivare l'esecuzione forzata al fine di pervenire ad una vendita sottoposta alla condizione sospensiva dell'assunzione dell'obbligazione di demolire l'abuso o della presentazione della domanda di sanatoria a somiglianza di quanto previsto dall'art. 46, comma 4, del medesimo t.u.; b) in subordine, se l'intendimento della confisca urbanistica come provvedimento idoneo a travolgere l'ipoteca iscritta sul bene sia compatibile con le previsioni degli artt. 6 e 7 CEDU, nonché con l'art. 1, Protocollo n. 1 alla CEDU e, in tal caso, se la lettera della legge consenta una interpretazione costituzionalmente orientata e quale o se, in caso contrario, sussistano i presupposti per investire della questione la Corte costituzionale.

Il caso

Nell'ambito di una esecuzione immobiliare pendente presso il Tribunale di Agrigento, il G.E., preso atto della intervenuta acquisizione al patrimonio comunale dell'immobile oggetto della procedura (rectius della relativa area di sedime), ex art. 31 t.u. edilizia, aveva dichiarato “improseguibile” la procedura medesima sul rilievo che tale vicenda avesse determinato l'estinzione dell'ipoteca iscritta sul fondo sul quale l'immobile in questione era edificato.

In sede di opposizione agli atti esecutivi, il Tribunale rigettò la domanda sul rilievo che: a) l'acquisizione al patrimonio comunale di un immobile abusivo costituisse un acquisto a titolo originario, con tutto quanto ne consegue circa la estinzione dei gravami iscritti o trascritti sull'immobile; b) era irrilevante la circostanza che il creditore ipotecario non avesse avuto notizia del provvedimento ablatorio.

Innanzi alla S.C. il ricorrente si doleva (per quanto qui interessa) della violazione degli artt. 117 Cost. e 7 CEDU, con riferimento alla circostanza che, nell'attuale assetto normativo (come risultante anche dal formante giurisprudenziale), il provvedimento ex art. 31 t.u. edilizia, in quanto configurante un acquisto a titolo originario, incide sui gravami pregiudizievoli iscritti o trascritti sul bene, con segnato riferimento alla iscrizione ipotecaria (anteriore) a favore del creditore procedente.

La questione

La terza sezione della Corte di cassazione, in primo luogo, richiama le pronunce emesse in materia secondo cui l'ipoteca iscritta sul bene interessato dal provvedimento di acquisizione si estingue ex art. 2878 c.c. (v. Cass. n. 1693/2006; Cass. n. 33570/2021, ma anche Cass. n. 2194/2020 e n. 23453/2017); dipoi dubita che i principi affermati da tale giurisprudenza fossero applicabili al caso di specie: 1) per la parziale diversità della fattispecie; 2) per la sopravvenuta giurisprudenza della Corte EDU.

Su questi presupposti, la S.C. ha ritenuto sussistere le condizioni per la rimessione alle Sezioni Unite delle seguenti questioni: a) se, laddove sia intervenuto un provvedimento di acquisizione ex art. 31 t.u. edilizia, sia consentito al creditore ipotecario coltivare l'esecuzione forzata al fine di pervenire ad una vendita sottoposta alla condizione sospensiva dell'assunzione dell'obbligazione di demolire l'abuso o della presentazione della domanda di sanatoria a somiglianza di quanto previsto dall'art. 46, comma 4, del medesimo t.u.; b) in subordine, se l'intendimento della confisca urbanistica come provvedimento idoneo a travolgere l'ipoteca iscritta sul bene sia compatibile con le previsioni degli artt. 6 e 7 CEDU, nonché con l'art. 1, Protocollo n. 1 alla CEDU e, in tal caso, se la lettera della legge consenta una interpretazione costituzionalmente orientata e quale o se, in caso contrario, sussistano i presupposti per investire della questione la Corte costituzionale.

Le soluzioni giuridiche

Nell'affrontare il complesso tema, il Collegio, oltre a evidenziare la peculiarità del caso controverso (non assimilabile tout court a quelli decisi con le precedenti pronunce, sopra indicate), dà rilievo alla giurisprudenza della Corte EDU, “sopravvenuta e consolidatasi nei sedici anni ormai trascorsi da quando questa Corte ha affermato (2006) il principio per cui la confisca urbanistica travolge le ipoteche precedentemente iscritte”.

In tale arco temporale, infatti, la Corte EDU ha affermato i seguenti principi:

a) costituiscono “beni”, tutelati dall'art. 1, Protocollo n. 1 alla CEDU, oltre al diritto di proprietà “i diritti patrimoniali in relazione ai quali possa vantarsi una aspettativa legittima” (tra le tante v. CEDU, 5.7.2018, in causa 24/11, Centro Demarzio s.r.l. c. Italia; 20.10.2016, in causa 45826/11, Kokkinakis ed altri c. Grecia, 20.1.2009, in causa 75509/01, Sud Fondi ed altri c. Italia);

b) la confisca urbanistica è una sanzione assimilabile a quella penale, sicché la sua adozione non può prescindere da idonee garanzie attea a tutelare le ragioni dei terzi (tra cui il creditore ipotecario) [v. ancora CEDU, 20.1.2009, in causa 75509/01, Sud Fondi ed altri c. Italia; 29.10.2013, in causa 17475/09, Varvara c. Italia, nonché, dopo i chiarimenti forniti da Corte cost., 26.3.2015, n. 49, CEDU, 28.6.2018, GIEM c. Italia; in applicazione di questi principi, le Sezioni Unite penali hanno ritenuto che sia necessario, ai fini della confisca, l'accertamento della malafede del terzo: Cass. S.U., n. 13539/2020];

c) la confisca non può colpire soggetti che non siano stati parte del procedimento che la infligge né potevano esserlo (v. ancora CEDU, 28.6.2018, GIEM c. Italia);

d) la confisca deve essere “proporzionata allo scopo” (v. ancora una volta CEDU, 28.6.2018, GIEM c. Italia).

In conclusione, secondo le S.C., “è lecito dubitare dell'applicabilità al presente giudizio dei principi affermati da Cass. 1693/2006”, visto che 1) il creditore ha perduto un diritto rientrante nella nozione di “beni”, rilevante in ambito CEDU; 2) tale ablazione è avvenuta senza alcuna “partecipazione psicologica” di tale soggetto all'abuso edilizio; 3) il creditore non ha partecipato né avrebbe potuto, secondo il diritto vivente) al procedimento culminato con l'irrogazione della sanzione; 4) è lecito dubitare della proporzionalità della misura rispetto allo scopo.

In più vanno sottolineati gli esiti paradossali cui l'applicazione di tale orientamento condurrebbe, tenuto conto del fatto che la sanzione interessa l'area di sedime e non il bene sulla stessa edificato.

Osservazioni

Il tema della incidenza di sanzioni di natura lato sensu ablatoria sulle procedure esecutive in corso è di notevole interesse, poiché (a ben vedere) di portata generale, riguardando tanto le confische “penalistiche” in senso stretto e quelle c.d. di prevenzione, come per esempio quelle disciplinate dal Codice antimafia, quanto quelle “amministrative”, pur nella consapevolezza della loro portata “di fatto” sanzionatoria.

In specie, si discute da anni circa l'incidenza di sequestri e confische di natura penale sul processo esecutivo interessante il medesimo bene e la soluzione che sembra da ultimo prevalere nel formante giurisprudenziale è, senza pretesa di completezza, quella che privilegia le “esigenze pubblicistiche” stabilendo una generale prevalenza di tali misure sui vincoli “privatistici” gravanti sul bene (v. Cass. pen., n. 39201/2021); tale soluzione, poi, trova oggi esplicito riconoscimento normativo nell'art. 317, Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza.

Ora, fermo restando che qui si tratta di una confisca di natura amministrativa (per quanto incidente in senso “sanzionatorio” su diritti del responsabile dell'abuso e di terzi), non appare peregrino un parallelo (anche) con l'elaborazione riguardante la materia da ultimo citata laddove: a) il legislatore è intervenuto, sancendo la prevalenza delle esigenze di natura pubblicistica sottese alla punizione di comportamenti vietati e/o alla prevenzione della commissione di ulteriori violazioni, subordinando la tutela del creditore alla dimostrazione della sua buona fede (v. art. 55, d.lgs. n. 159/2011), il che dimostra che tale tutela può essere, in determinati casi, subordinata a limiti e condizioni; b) il principio è stato ritenuto applicabile pure a fattispecie diverse da quelle specificamente riguardate dalla suddetta disciplina dato il suo rilievo generale (Cass., sez. un., n. 11170/2015, Uniland; ma v. anche Cass. pen., n. 39201/2021 sopra richiamata); c) l'acquisizione ex art. 31, d.P.R. n. 380/2001, ferma restando la sua funzione lato sensu sanzionatoria, ha una precipua e prevalente finalità espropriativa, sicché similmente a quanto previsto dal d.P.R. n. 327/2001 (v. in specie art. 26, comma 3), la previsione di un meccanismo compensativo a vantaggio del creditore ipotecario dovrebbe aver luogo sul piano del riconoscimento (anche in via giudiziaria) di un indennizzo.

In definitiva, per quanto sarebbe opportuno un intervento del legislatore che prevedesse dei meccanismi di tutela effettiva (anche solo di natura indennitaria) a favore del terzo sta di fatto: a) che l'iscrizione ipotecaria (contestuale alla accensione di un mutuo) è preceduta da una istruttoria di carattere tecnico che deve (o dovrebbe) riguardare la successiva collocabilità sul mercato del bene, anche nell'ambito di una esecuzione forzata; b) che pertanto laddove l'immobile sia abusivo e sia già stata ordinata la demolizione dello stesso (o anche solo sussistano le condizione perché ciò avvenga) sarebbe prudente, da parte del creditore, considerare la possibile incidenza di successive misure ablatorie; c) è lecito dubitare del fatto che, in certi casi, il creditore sia del tutto inconsapevole di tale rischio, con quanto ne consegue in punto di tutelabilità della relativa posizione (la dimostrazione della b.f. essendo, in tale ambito, un principio di portata generale: v. ancora Cass., sez. un., n. 11170/2015, Uniland).

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